Thingol, re del Doriath


di Vincenzo Gatti


Thingol è uno dei più autorevoli sovrani elfici: poco dopo la creazione dei Primogeniti ad opera del dio supremo Iluvatar fu messo a capo della loro tribù più numerosa, insieme a suo fratello Olwë; fu per millenni re nella Terra di Mezzo, sebbene soggiornasse, ma solo per poco tempo, a Valinor; fu l'unico elfo a sposare una Maya, cioè uno spirito di potere inferiore solo a quello degli dei; le vicende della sua vita si intrecciano a quelle di tre tra i più gloriosi eroi umani: Beren, Hurin e suo figlio Turin.

I testi che, riguardo alla millenaria vicenda di Thingol, presentano il maggior numero di variazioni rispetto alla versione definitiva de Il Silmarillion sono I racconti ritrovati ed I racconti perduti: nel primo Thingol è chiamato Tinwë Linto e subito ricordato come padre di Tinuviel e sposo di Wendelin (poi Melian ne Il Silmarillion), "uno spirito giunto molto, molto tempo fa dai giardini di Lórien".

Nello stesso contesto si fa anche riferimento all'ambasceria di Inwë, Finwë e Tinwë presso i Valar a Valinor. Ne I racconti ritrovati è già presente l'episodio dell'incontro tra Wendelin e il suo futuro marito, incantato da un'amabile musica mentre sta guidando il suo popolo, con l'aiuto degli dei, verso Valinor. Tinwë è considerato disperso dai Solosimpi, alla guida dei quali si pone Ellu (ne Il Silmarillion Olwë).

Ne I racconti perduti (che sono un seguito naturale de I racconti ritrovati), la figura di Tinwë Linto giganteggia, probabilmente anche per via dell'espediente narrativo di farlo vivere in un reame che dovrebbe essere magicamente inviolabile (grazie agli incantesimi di Wendelin) ma i cui confini vengono talvolta violati.

Il primo a raggiungere il Doriath (anticamente Artanor, regno di Thingol) senza esservi invitato è Beren, uno gnomo (cioè un elfo noldor, ne Il Silmarillion sarà un uomo), che è incantato da Tinuviel, figlia di Tinwë, così come questi lo fu da Wendelin. Sebbene i rapporti tra gli gnomi e gli elfi segreti (il popolo di Thingol) siano all'insegna del pregiudizio, poiché la gente di Beren credeva "cose tremende" sugli elfi segreti e questi ultimi ritenevano gli gnomi "creature perfide, crudeli e sleali", Beren torna spesso ad incontrare Tinuviel e un giorno lo segue nella reggia di Tinwë, che lo tratta con atteggiamento a metà tra lo sprezzante e il condiscendente, finché l'eroe non chiede la mano di Tinuviel e allora Tinwë si mostra sarcastico, considerando la faccenda come uno scherzo bizzarro: "Perdinci! Sposare la mia Tinuviel, la più splendida tra le fanciulle del mondo, e divenire un principe degli elfi dei boschi – è soltanto un regalino da chiedere a un forestiero. Forse posso a buono diritto domandarti qualcosa in cambio. Non deve essere nulla di grosso, solo un segno della tua stima. Portami un Silmaril della corona di Melko e quel giorno Tinuviel ti sposerà, se lo vuole".

Come osserva Christopher Tolkien questo episodio ha un tono più leggero di quello che assumerà ne Il Silmarillion e le pietre preziose create da Fëanor sono sì famose, ma non è ancora legato loro il destino di un mondo. Premesso che sempre il tono de Il Silmarillion è sempre più elevato e solenne e anche le vicende posseggono una maggiore gravità e grandiosità rispetto ai Racconti (si potrebbe persino credere che Tolkien volesse trasformare i racconti della prima era, in questa fase dello sviluppo della sua mitologia, in un'opera più accessibile, nella quale l'elemento fiabesco e meraviglioso predominava su quello epico e tragico: basti pensare alla casetta del gioco perduto nel quale gli elfi narrano al marinaio umano Eriol le vicende passate o a Beren prigioniero e sguattero del gatto Tevildo, il futuro Sauron), eccetto forse la narrazione della caduta di Gondolin che perde molto del suo fascino nella versione definitiva e più concisa, lo scarto è particolarmente evidente nell'incontro tra Thingol e Beren.

Il re del Doriath taccia Beren – che è un uomo, non più un elfo, seppure dell'odiata genia dei Noldor – di recarsi da lui come un ladro, di essere un infelice mortale, un insolente e un folle. Però Melian ispira al giovane parole appropriate alla situazione, per quanto audaci, assumendo un ruolo che non aveva ne I racconti perduti, nei quali a Beren il coraggio si risvegliava in maniera spontanea nell'animo, e l'uomo risponde di aver affrontato pericoli che pochi elfi avrebbero fronteggiato fino a trovare Luthien, che desidera sposare. La reazione di Thingol è glaciale: parlando freddamente e lentamente minaccia di morte l'interlocutore che, orgogliosamente mostra l'anello di Finrod (il particolare ne I racconti è del tutto assente, come quello dell'aiuto di Finrod contro il luogotenente di Melkor), a riprova del fatto che proviene da una famiglia fiera e orgogliosa che ha lottato a fianco degli elfi (tra l'altro Finrod è anche imparentato con Thingol, perché figlio di Eärven, figlia di Olwë). Thingol si placa, anche per intercessione di Melian e, dopo aver riflettuto sulla infelicità e miseria degli uomini, chiede in maniera pomposa e solenne un Silmaril in cambio di Luthien, quasi come se fosse posseduto dalla stessa bramosia di Melkor per quel gioiello. Prima ancora che Beren replichi, il narratore chiosa lapidario e inesorabile: "Così facendo egli decretò la sorte del Doriath e fu irretito nella maledizione di Mandos".

Beren replica orgogliosamente, sia ne I racconti perduti sia ne Il Silmarillion, che i re degli elfi vendono a vile prezzo le loro figlie. Ancora una volta, dopo che il valoroso si è allontanato, interviene Melian, sottolinenado che il destino del Doriath è ormai legato a quello di un regno più potente (il dominio dei Noldor? Il reame beato? Il regno di Melkor?).

A prezzo di immani fatiche e gesta eroiche Beren riesce nell'intento, con l'aiuto di Luthien, di Huan capitano dei cani e ne Il Silmarillion anche di Finrod. Molto più avanti, però, il Silmaril condurrà Thingol e il suo regno alla rovina.

Se si prende in considerazione l'evoluzione della figura di Thingol negli scritti successivi ai Racconti, possiamo osservare che nell'Earliest Silmarillion incluso nel quarto volume di History of Middle-Earth, Elwë è un personaggio diverso rispetto a Thingol ("The Eldar are divided into three hosts, one under Ingwë –Ing-, after called Quendi –or the Elves proper, or Light-elves-, one under Finwë –Finn-, after called the Noldoli -Gnomes or Deep-elves-, one under Elvë –Elu-, after called the Teleri […] Many of them are lost upon the march and wander in the woods of worlds, becoming after the various hosts of Ilkorindi –Elves who never dwelt in Côr in Valinor. The chief of these was Thingol"); molti gnomi, dopo la fuga dal reame beato dei Valar, vanno al suo servizio; Thingol chiede per scherzo il Silmaril a Beren in cambio della mano di Luthien come ne I racconti; non partecipa alla Battaglia delle innumerevoli lacrime; Turin cresce alla sua corte. Thingol ospita anche la madre e la sorella dello sventurato eroe (questi sono elementi permanenti nelle vicende di Thingol) che poi però vanno in cerca di Turin; Hurin, padre di Turin, liberato da Morgoth si pone a capo di una banda di fuorilegge e prende i tesori del Nargothrond, senza temere gli incantesimi di Glorund (poi Glaurung) il drago né quelli di Mîm il nanerottolo e li porta a Thingol ricompensandolo sarcasticamente dell'aiuto prestato alla sua famiglia, ma la maledizione dell'oro colpisce Thingol che chiama i nani per farlo decorare e lavorare ma è da essi ucciso.

The Quenta Noldorinwa è un dattiloscritto del 1930, incluso anch'esso nel quarto volume di The Shaping of Middle-Earth. In esso si ribadisce, rispetto all'Earliest Silmarillion, che Thingol è capo degli elfi oscuri ("Of the Dark-Elves [non dei Teleri, di cui è re Elwë o Elu] the chief in renown was Thingol. For this reason he came never to Valinor. Melianwas a fay […]"), è incantato dagli usignoli di Melian e che capo dei Solosimpi (Teleri ne Il Silmarillion) è Elu, una persona diversa. Thingol chiede a Beren il Silmaril con il deliberato proposito di far sì che l'impresa impossibile lo uccida. Le vicende di Turin in rapporto a Thingol sono sostanzialmente simili a quelle dell'Earliest Silmarillion, come quelle del ritorno di Hurin, mentre le modalità dell'uccisione di Thingol ad opera dei nani già sono quelle de Il Silmarillion definitivo.

Nel quinto volume della History of Middle-Earth, The lost road and other writigns è inclusa la trascrizione (a stampa) del manoscritto Quenta Silmarillion, che segue al Quenta Noldorinwa, anche se Christopher Tolkien ipotizza l'esistenza di una versione intermedia. Nel Quenta Silmarillion permane la distinzione tra Thingol, anche detto Sindo, re degli elfi che non hanno mai raggiunto Valinor ed Elwë, re dei Teleri (così ormai, come le testo definitivo de Il Silmarillion, son chiamati i Solosimpi). I dettagli dell'innamoramento per Melian corrispondono alle altre versioni, come il fatto che il Doriath dia poco aiuto per la Battaglia delle innumerevoli lacrime. Della storia di Beren e Luthien C. Tolkien cita solo l'inizio, ormai simile a quello del Silmarillion definitivo. Nella storia di Turin mutano dei particolari, ma si sottolinea che Thingol mostra particolare affetto per il bambino. La storia della Collana dei Nani e della morte di Thingol non è riportata da C. Tolkien perché suo padre abbandonò la revisione.

Riepilogando la questione dell'utilizzo del personaggio Thingol e dei vari ruoli che esso assume nel corso della complessa rielaborazione delle leggende della Prima era da parte di Tolkien, premetto che le fonti da me utilizzate sono prevalentemente cinque: I racconti perduti e I racconti ritrovati (i due volumi sono uno il seguito dell'altro); l'Earliest Silmarillion, il Quenta Noldorinwa, il Quenta Silmarillion e Il Silmarillion definitivo.

  1. Ne I racconti perduti e Ritrovati Tolkien non chiarisce che Tinwë e Thingol sono due persone diverse, anzi, si ha tutta l'impressione che i due personaggi coincidano come nel definitivo Silmarillion;

Nell'Earliest Silmarillion il re dei Teleri (prima Solosimpi) è Elwë, che raggiunge il Reame beato, mentre Thingol fin dall'inizio è un autorevole elfo che diverrà sovrano degli elfi rimasti nella Terra di Mezzo;

Il Quenta Noldorinwa e il Quenta Silmarillion ribadiscono la distinzione tra i due personaggi, già presente nell'Earliest Silmarillion.

In estrema sintesi, il Thingol che conosciamo da Il Silmarillion definitivo è a capo di una numerosa schiera di elfi, chiamata Teleri; si reca come ambasciatore insieme al re dei Vanyar e a quello dei Noldor presso i Valar; guida il suo popolo nella marcia verso il Reame beato, ma è distolto e trattenuto da Melian. Il Thingol dell'Earliest Silmarillion, del Quenta Noldorinwa e Quenta Silmarillio non è re dei Teleri (allora chiamati da Tolkien Solosimpi), perché questo ruolo è ricoperto da Elu, ma diventa re degli elfi che non hanno mai lasciato la Terra di Mezzo, sposa una Maya (la futura Melian), incontra Beren, Úrin, Turin. Non ha mai visto il Reame beato.

Tornando a I racconti ritrovati e a Il Silmarillion, che propongono le versioni più estese della vicenda di Thingol, si può certo osservare che il suo giudizio sugli uomini cambia radicalmente dopo l'impresa di Beren che effettivamente strappa un Silmaril a Melkor: egli ospita benevolmente Turin bambino e giovane, lo perdona per l'uccisione involontaria dell'elfo Saeros dovuta ai suoi insulti meschini contro le donne umane, ospita Morwen madre di Turin e sua figlia Nienor, finché esse non vanno in cerca del guerriero.

Il legame tra Thingol e il Silmaril, ne Il Silmarillion, si fa forte in questo lasso di tempo: Thingol non la consegna a Maedhros, primogenito di Fëanor suo creatore, che ne rivendica il possesso in base allo sciagurato giuramento di suo padre (secondo il quale i Noldor avrebbero combattuto contro chiunque avesse un Silmaril, fosse anche un Vala o un elfo), nonostante i consigli di Melian, perché più lo contempla più desidera tenerlo per sempre per sé. Inoltre, incollerito per gli agguati tesi da Celegorm e Curufin, fratelli di Maedhros, a Beren e Luthien e per il loro pubblico giuramento di ucciderlo, non prende parte alla Battaglia delle innumerevoli lacrime e continua la sua politica isolazionistica, pur consentendo a piccoli contingenti di militare sotto Fingon, figlio di Fingolfin e imparentato solo alla lontana con Fëanor, l'artefice odiato del Fratricidio di Alqualondë, a danno dei Teleri, per rubare le navi con cui raggiungere la Terra di Mezzo.

Nonostante la sua prudenza in politica estera, Thingol sconta il suo attaccamento al Silmaril per l'intervento involontariamente nefasto dell'eroe Hurin (Úrin ne I racconti perduti), padre di Turin, che, per malvagia volontà di Melkor, ha assistito, in maniera distorta, alle disavventure della moglie e soprattutto dei figli. Hurin, dopo essersi recato nel Nargothrond, devastato dall'esercito di Melkor e dal drago Glaurung, ed aver preso la celebre collana dei nani, si reca da Thingol, gli rinfaccia di aver malamente accudito la sua famiglia, ma gli lascia il gioiello.

Thingol decide di far incastonare nella splendida collana il Silmaril, che ormai attira continuamente il suo pensiero, e incarica di quest'opera i nani di Nogrod, che sono a loro volta arsi dalla violenta brama di possedere il Silmaril.. Letto questo pensiero nella mente dei nani, Thingol parla loro sprezzantemente, li insulta ed è ucciso, ad onta di tutti gli incantesimi che proteggevano il suo regno.

La vicenda della sua morte è narrata in maniera molto più ampia e circostanziata ne La Nauglafring, ultimo de I racconti perduti elaborato per intero. Úrin, liberato da Melkor, crea una banda di predoni e recupera il tesoro del Nargothrond, uccidendo il nanerottolo Mîm, amico di Turin che però lo tradì, che getta su di esso una maledizione. Con l'aiuto dei suoi complici porta interamente il tesoro a Tinwelint, che è irretito dai sortilegi gettati su quest'ultimo (mentre il Silmaril non ha ancora il potere di seduzione che eserciterà ne Il Silmarillion) e i suoi elfi sterminano i fuorilegge al suo seguito, mentre Úrin è già andato via sprezzantemente. Gwenniel (altro nome di Wendelin) mette in guardia Tinwelint dalla maledizione di quel tesoro, ma il sovrano non riesce a disfarsene, dolendosi di avere ben poche gemme di Valinor, eccetto il Silmaril. Il sortilegio gli conferisce un'innegabile avidità. È persuaso a conservae il tesoro anche dal malvagio gnomo Ufedhin, che ha dimorato a lungo tra i Nauglath, stirpe di nani, abilissima a lavorare i metalli preziosi, della quale Tolkien fornisce un'ampia descrizione (solo ora i Nani fanno la loro comparsa in questo scritto). Anche Ulfedhin, infatti, è vittima dell'incantesimo dell'oro e, per giunta, suscita l'invidia di Tinwelint per l'eleganza delle sue vesti sfarzosamente ornate d'oro e pietre preziose. Così il re si accorda con lo gnomo affinché lui e i nani lavorino parte dell'oro per un compenso che stabiliranno. Al momento della consegna dei manufatti, scoppia una lite per le eccessive pretese dei nani alla consegna del tesoro, dovute anche al fatto che il suo ultimo possessore era stato uno della loro stirpe. Addirittura il signore dei nani Naugladur si allea con diavoli erranti e orchi e, servendosi della guida di elfi rinnegati, entra nel Doriath eludendo gli incantesimi che lo proteggono e conquista la reggia di Tinwelint che, sorpreso a caccia, è ucciso. Gwendelin in preda alla disperazione prende a vagare senza meta, finché non raggiunge Luthien e Beren che preparano la vendetta e recuperano il Silmaril ed il tesoro.

Come osserva Christopher Tolkien: "Wendelin sembra una figura piuttosto debole e inefficace, se confrontata con la Melian de Il Silmarillion" ed anche la protezione che offre al suo regno non gli garantisce la totale inaccessibilità, tant'è vero che gli elfi riescono a superare le sue difese ingannatrici.

Thingol è uno tra i pochi grandi re elfici a morire per un motivo così futile, per avidià e per un alterco. Una morte tutto sommato inutile, nonostante la malia del Silmaril, se si considerano la fine di Fëanor, sopraffatto da numerosi balrog, o di Fingolfin, suo fratellastro, sconfitto da Melkor in persona o di Finrod, suo nipote, generosamente sacrificatosi per quel Beren che Thingol aveva mandato incontro alla morte e vinto da Sauron, o di Fingon, sconfitto nella Battaglia delle innumerevoli lacrime o di Turgon, caduto impavidamente mentre proteggeva Gondolin, ultima roccaforte dei Noldor, dai draghi e dalle forze soverchianti di Melkor.