The Ring: CD musicale Tales From Midgard, 2004



di Vincenzo Gatti


Tales from Midgard è l’album di debutto di una formazione svedese (da non confondere con un gruppo inglese più antico che porta lo stesso nome) costituita da Jakob Samuel (cantante, batterista e tastierista), Pontus Norgren (chitarrista, bassista e tastierista) e Marcus Jidell (chitarrista, bassista e tastierista).

Pubblicato nel 2004, sull’onda del successo dei film di Jackson, il lavoro prende spunto da La Compagnia dell’Anello, individuando alcuni quadri significativi a ciascuno dei quali è dedicata una canzone: il minaccioso ritorno di Sauron nel brano In The Beginning, le raccomandazioni di Gandalf a Frodo in Gathering Darkness, i nove schiavi dell’Anello in Voices Of The Fallen Kings, Aragorn e il ferimento di Frodo in Into The Wild, il Consiglio di Elrond in Unite or Fall, il viaggio attraverso Moria in Halls of Doom, lo specchio di Galadriel in Signs By The Silver Stream, l’arringa di Saruman agli Uruk-hai in The Chase, il confronto tra Boromir e Frodo in The Last Battle, la decisione di Frodo di andare da solo a Mordor in Escape.

Il disco è heavy metal, non progressivo né prog metal, e riecheggia solo in parte lo stile dei Blind Guardian nell’insuperato Nightfall in the Middle Earth, ma non è privo di finezze ed è emozionante anche per chi non è particolarmente interessato al metal.

In The Beginning, che apre l’album, esordisce con un rumore spettrale, subito affiancato da un coro (a bocca chiusa) in sordina e da un tamburo marziale finché un tuono o un’esplosione non annuncia, dopo 1’ 17”, il riff solenne di chitarra accompagnato da una chitarra ritmica, da basso e batteria. La strofa è dura, il ritornello energico è caratterizzato da voci sovraincise. Il riff apre anche la seconda strofa seguita dal rispettivo ritornello. Si ripropone l’introduzione marziale, che evolve in una coda con voci in falsetto e sussurrate, seguita prima da un assolo furibondo, poi dal ritornello, successivamente da una ripresa del riff seguita da un altro assolo. Il brano dura quasi 7’ e presenta, evidentemente, una struttura complessa.

Gathering Darkness è introdotta dal rullare della batteria e da un riff grandioso. Seguono la strofa e il ritornello più lento, corale. Lo scherma si ripete per la seconda strofa. Il riff iniziale precede un assolo che, come nella traccia precedente, lascia spazio la ritornello seguito dal riff e da un assolo veloce e complesso che va sfumando.

Voices Of The Fallen Kings, affidata al cantante ospite Doogie White si apre con un riff e con l’urlo dei nove spettri, privo delle risonanze angosciose e terrificanti del film, ma più simile a quello di Plant in Immigrant Song dei Led Zeppelin. Il testo della canzone, prevedibilmente, è alla seconda persona plurale. Le due violente strofe con ritornello precedono un assolo lungo e complesso, che poi si fa più maestoso, per evolvere in un nuovo riff che precede il ritornello.

Into The Wild, come le tre tracce precedenti, è aperto da un riff granitico. La strofa ha un cantato durissimo, mentre il ritornello è più solenne. Dopo l’assolo di chitarra elettrica (per la prima volta “al suo posto” tradizionale, tra prima e seconda strofa) si apre una strofa che si riferisce all’attacco dei cinque cavalieri in cui Frodo è ferito a Colle Vento. A prendere la parola è Frodo, in una parte che si apre con le parole “My only protection…”, si sente l’urlo dello hobbit ferito. Una timida chitarra accompagna un canto in falsetto, attribuibile agli hobbit o agli elfi “Turn back to the live”. Una sezione cantata in crescendo culmina in un assolo che, come di consueto, è seguito dal riff e dalla riproposizione del ritornello che si spegne in un coro (sempre a bocca chiusa) che sembra un richiamo in lontananza e si ripete sfumando senza alcun supporto strumentale. Il pezzo ha la considerevole durata di 6’ 38’’.

Unite Or Fall è aperta da un altro riff durissimo. Nel testo Elrond allude all’errore di Isildur che non distrusse quando poteva l’unico anello. Il ritornello è dedicato alle parole di Boromir secondo il quale l’anello è un dono. L’assolo si interpone tra prima e seconda strofa. Dopo un altro assolo, c’è una sezione con melodia diversa, attribuita a Frodo che afferma “I’ll take the gold”. Si ritorna a un pieno strumentale quando la parola ritorna ad Elrond che sancisce la nascita della Compagnia. Il rullare della batteria sottolinea l’importanza del momento. Al 6’ 00’’ troviamo nuovamente il riff ma affiancato a voci basse e in falsetto (gli elfi?)

Halls Of Dome, della durata di ben 9’00’, costituisce il cuore del disco. È aperta da una splendida e delicata introduzione di chitarra con voci in falsetto che parlano in elfico. La strofa è soft, con la voce accompagnata soltanto dalla chitarra. Alla fatidica frase “We go through the gathes of doom” entrano tutti gli strumenti, il suono si fa molto più duro. Il primo ritornello cita e parafrasa l’espressione del libro “Speak friend and welcome” con l’aggiunta di “in the darkness of Dwarfish Doom”. La seconda strofa è dedicata al Balrog, definito “Nameless fear”. Dopo c’è la perentoria esortazione “Run run run”. È ripreso l’incipit con parole elfiche, la melodia si fa delicata, pacata la strofa. Gandalf deve essere scomparso e si prende la decisione di seguire come capo il “crownless king” (Aragorn). Il suono si fa di nuovo più duro, si ripropongono il ritornello e un compianto per Gandalf che segue uno schema responsoriale. La canzone è conclusa da un assolo che va sfumando.

Signs By The Silver Stream vanta un’introduzione misteriosa e solenne con tastiere in evidenza. Samuel canta in falsetto per impersonare Galadriel, accompagnato da tastiere che imitano gli archi. La sezione ritmica, del tutto assente nella strofa, erompe durante il ritornello di Frodo, duro, ma non privo di archi in sottofondo. La voce ricorda Steve Hogarth dei Marillion. La seconda strofa è accompagnata da tastiere elettroniche ed archi in sottofondo ma è più breve, lasciando posto ad una melodia più dura che accompagna le parole con cui Frodo offre l’anello a Galadriel. La risposta della Dama è sempre in falsetto, ma accompagnata dalla sezione ritmica. Dopo le parole “Carrier of the ring” si apre un grande e solenne strumentale, certo l’acme del disco che, con tamburi chitarra e gong sembra evocare la sofferenza quasi senza tempo dei Noldor o l’importanza della missione di Frodo. Una coda corale con voci in falsetto contiene la premonizione della definitiva partenza di molti elfi dalla Terra di Mezzo. Un marziale assolo di chitarra ricorda lo stile di Brian May dei Queen. Ma il brano, di 7’ 42’’, è chiuso da un coro a bocca chiusa che somiglia a un lamento funebre.

The Chase è un altro brano durissimo. Saruman parla agli Uruk-hai. Si susseguono due diversi ritornelli corali. Lo stesso schema è seguito nella seconda strofa, cui segue un delicato arpeggio di chitarra che poi ricama lunghe note esitanti (vagamente in stile Marillion) sostenuto dalla batteria. Esso accompagna un discorso da dittatore interrotto dai frenetici Hail! degli Uruk-hai. L’assolo di chitarra elettrica è emozionante e lascia il posto ad un altro riff chitarristico accompagnato da un suono simile a quello di una sirena. Con un rullo di tamburi, quasi un piccolo assolo di batteria, a sorpresa è ripreso il secondo ritornello (“Seek and destroy my savage warriors”).

The Last Battle è aperto da un urlo e da un riff durissimo. Boromir parla a Frodo per convincerlo a recarsi a Gondor. Nei ritornello, più vivace, Frodo replica. Si apre uno strumentale, con, in sottofondo, rumori di lotta (Boromir contro gli Uruk-hai, si suppone), con frammenti di conversazione e grida, sempre più veloce, duro, incalzante, che evolve in un assolo di chitarra più limpido e veloce sostenuto dalle tastiere. Nella ripresa del ritornello a parlare è Frodo che ha preso la decisione di recarsi a Mordor ma confessa “I’m afraid”. Nel finale le tastiere sfumano.

Escape è uno strumentale nel quale ad arpeggi di chitarra acustica segue una ripresa lenta e solenne, pensosa ed esitante, del tema principale di In The Beginning. Il disco quindi si chiude con la circolarità di un anello. La chitarra, accompagnata da note di basso e tastiera, lascia il posto ad un fragore di onde.

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Mi sono soffermato sulla descrizione dei brani perché, pur meritando a mio parere ripetuti ascolti, questo disco dà l’impressione di essere divenuto piuttosto raro, anche perché il complesso The Ring, a quanto mi risulta, non ha inciso nient’altro.

L’opera, così lontana da ogni compromesso sonoro e con le tastiere relegate ad un ruolo di mero accompagnamento, il che la rende dura e intransigente, si segnala per la cura impiegata dai tre compositori nello strutturare le canzoni (si pensi alle sottosezioni che emergono impreviste) e per la fedeltà al testo di Tolkien, che sembra interpretato da attori teatrali su un palcoscenico. È un valido modo per rivivere, in prospettiva sonora, La compagnia dell’anello, anzi, mi spingerei a dire che sta a La compagnia stesso come Nightfall in the Middle-Earth dei più pomposi e wagneriani Blind Guardian sta a Il Silmarillion.