Dei falliti e dei fallimenti nella Terra di Mezzo


Tavola Rotonda della Redazione di “Endòre”



[Piacenza, 5 ottobre 2014 A = Alberto Quagliaroli, D = Davide Cattaneo E = Elena Grecchi, F = Franco Manni, G = Giuseppe Roncari]



G – In un primo tempo avevo pensato che quest’oggi parlassimo solo dei personaggi secondari, ma in realtà i protagonisti delle opere di Tolkien a ben guardare sono tutti dei falliti: pensiamo a Frodo, a Fëanor o anche a Gandalf che è stato considerato a lungo un fallito, così alla fine finiamo per parlare sempre dei personaggi principali!


F – Come diceva Beppe, grandi, piccoli, principali o secondari, oggi parliamo dei personaggi che falliscono nei loro intenti nelle opere di Tolkien.


A – Questo tema l’ho proposto io, l’idea mi è venuta leggendo un libro di un teologo: “I falliti della Bibbia” di Valter Vogels. E’ normale che in qualche momento della vita tutti falliscano, poi ci si rialza e si va avanti, ma Vogels parla di un fallimento totale, che arriva fino alla fine. Parlando dei personaggi creati da Tolkien il primo che mi viene in mente è Turin, la sua vicenda è esemplare, poi ci sono i cattivi, diciamo così, per loro il fallimento equivale alla sofferenza che dovranno scontare come pena per i loro peccati.


F – Vediamo allora se i cattivi falliscono tutti nei loro scopi mondani, nella conquista del potere, e i diversi modi in cui arrivano alla distruzione. Melkor ad esempio fallisce temporaneamente e viene incatenato ma sappiamo dalla seconda profezia di Mandos che ritornerà, quindi non è riuscito a imporre il suo potere su Arda, però ha lasciato dei semi di male, come Sauron, che continuano la sua opera, quindi in un certo senso lui si è riprodotto, non ha fallito completamente. Saruman invece sembra avere fallito completamente perché non riesce ad avere un potere per sé con l’anello e non riesce nemmeno a servire Sauron come alleato, perché poi Sauron viene sconfitto.


E – E tradisce quelli che l’hanno mandato sulla Terra di Mezzo.


F – Giusto tradisce la sua missione di Istaro: proteggere e sorvegliare la Terra di Mezzo.


D – Molti osservavano che un po’ tutta la categoria degli Istari ha fallito, salvo Gandalf che ha portato a termine la sua missione e cioè intervenire nel salvataggio dei popoli della Terra di Mezzo. Non sappiamo nulla dei due stregoni blu, dispersi nelle lande dell’ovest, anche se poi in una lettera Tolkien accennava al fatto che forse i due blu avevano fatto in modo che i popoli dell’Ovest non si associassero a Sauron. Per quanto riguarda Radagast, sempre in una lettera, Tolkien dice che ha fallito perché si è preoccupato del mondo degli animali, della natura e ha dimenticato totalmente le vicende dei popoli della Terra di Mezzo, di Saruman ne abbiamo appena parlato.


G – Gandalf a lungo nella vita è stato considerato un fallito, lo chiamavano Nero Corvo quando portava le notizie a Rohan e il Grigio per sminuirne l’importanza, solo a posteriori si può dire che ha superato Saruman. Potremmo utilizzare dei criteri per poter valutare i falliti o i non falliti: uno storico che può essere come è passato alla storia il personaggio, indipendentemente da quello che ha fatto e individualistico, interiore, come un personaggio vede sé stesso, se alla fine si sente felice o meno. Nella Grecia classica veniva raccontata la storia di Solone a cui Creso mostra tutte le sue mogli, la ricchezza del suo regno, la meraviglia della Lidia, e gli chiede: “Non dirai tu Solone che sei reputato uno dei più grandi saggi, che io sono davvero felice? Quindi chi è la persona più felice?” e Solone risponde: “E’ quel vecchio di Atene che è morto contento. Non chiamare nessun mortale felice, prima di vedere la fine della sua storia”. Quindi vi chiedo vogliamo applicare un criterio storico, o più esistenzialista? Ad esempio Frodo da un punto di vista storico è riuscito, ha conquistato una grande vittoria e lo diciamo dal punto di vista dei vincitori, di coloro che hanno sconfitto i propri nemici, lui ha permesso la caduta del Signore degli Anelli. Dal punto di vista esistenzialista per quello che ha significato questo fatto nella sua vita vediamo che non ha potuto sposarsi, al suo amico Sam dice che la Contea è stata salvata, ma non per lui, quindi continua a soffrire e a rimpiangere l’anello, e questo significa che psicologicamente non è guarito, anzi si è pentito di averlo distrutto perché lo desidera ancora, lo brama, è ancora un drogato e la sua droga è fuori mercato. E così da un punto di vista esistenzialista, anche se vediamo un finale consolatorio in cui Frodo parte per le Terre Imperiture, dove però non sappiamo se guarirà, se starà bene, lui è evidentemente un fallito, anche se si è sacrificato per gli altri, anche se ha lasciato la sua eredità a una persona a cui voleva molto bene, Sam, che ha avuto una famiglia e quindi una consolazione in questo.


A – Sì certo Frodo si lamenta della sua situazione, ma non è che si autodefinisce fallito, in qualche modo durante il suo viaggio ha avuto tante piccole vittorie, piccole per dei guerrieri, ma grandi dal suo punto di vista e anche la stessa fine dell’Anello non è che si può dire che non dipende da lui, lo sappiamo bene: dipende dal fatto che ha avuto pietà di Gollum, era arrivato ad un punto in cui non aveva alcuna forza per riuscire a superare la tentazione, ma la vittoria l’aveva guadagnata prima, perché era stato buono con Gollum. Il fallimento individuale è una cosa più difficile da valutare, anche perché dovremmo lasciar parlare il protagonista, e in ogni caso non ci sarà mai una vittoria completamente vincente e non ci sarà mai una vittoria completamente perdente, la storia un po’ è così, e il cristianesimo dice che ci sarà una vittoria, ma mica adesso, chissà quando.

Secondo me il fallito è quello che non ha realizzato nessuna delle sue potenzialità per un voler fare tutto da solo e di conseguenza si isola dal mondo, vuole decidere per conto suo della sua vita senza dare ascolto agli altri, interrompendo la relazione con l’altro, e questo diventa uno dei motivi del fallimento. Tornando a Turin le decisioni che prende lungo la sua vita sono state tutte degli errori, e non si può dare la colpa a Melkor che gli ha mandato la maledizione, dopotutto ha maledetto anche Beren, qui è proprio la persona nella suo sviluppo personale che prende sempre la decisione sbagliata, cercando sempre di dare ascolto non al suo cuore, ma al proprio ego, non all’altro, ma sempre considerando sé stesso al centro del mondo: se sbaglio sbaglio io, se faccio giusto faccio giusto io. Sono queste decisioni prese lungo il corso della sua vita che l’hanno portato verso la sua fine.


G – Un altro che ha fatto di testa sua è Eru Ilùvatar e poi si è ritrovato Melkor!


F – Le distinzioni che sono venute fuori fino adesso indicano i cattivi che falliscono sia sul piano storico che sul piano soggettivo, esistenziale. Perseguendo delle cose cattive producono cose cattive a loro volta, o le vorrebbero produrre, e in parte ci riescono perché il male non è che scompaia. Quindi da una parte hanno avuto successo perché hanno introdotto il male nel mondo, che rimane anche quando loro svaniscono, dall’altra però, dal punto di vista morale, hanno fallito perché i loro tentativi di produrre qualcosa di nuovo generano qualcosa di cattivo. Dal punto di vista storico hanno avuto dei successi insieme a qualche fallimento, dal punto di vista esistenziale mi sembra che questi cattivi: Melkor, Sauron e Saruman vivano come un fallimento la loro vita. La categoria di quelli che come Frodo riescono sul piano storico, cioè producono dei successi buoni per la Terra di Mezzo, sul piano esistenziale naufragano, sono sofferenti per vari motivi, perciò è vero che Frodo è molto diverso per certi aspetti da Turin perché non è così egocentrico, ha sempre detto io non so la strada, se non avessi gli amici della Compagnia dell’Anello non saprei cosa fare, non ha la visione egocentrica di Turin, ma sul piano esistenziale entrambi possono sentirsi dei falliti. Una terza categoria potrebbero essere quelli che non sono falliti né sul piano storico né sul piano esistenziale, per esempio Aragorn o Sam, Merry, Pipino, quelli che da una parte contribuiscono molto alla serenità della Terra di Mezzo e che esistenzialmente sembra che si sentano felici.


G – Aragorn alla fine affronta la morte come uno degli antichi re però lascia Arwen da sola quindi si può dire che le ha rovinato la vita perché lei resterà l’ultima del suo popolo e alla fine si lascerà uscire la vita. Dopo poco poi abbiamo il ritorno dell’ombra, lui di sicuro dal punto di vista esistenziale si è sentito un grande re. Pensava di essere fallito e invece è riuscito a fare tutto quello che desiderava: ha sposato la donna impossibile che amava e ha lasciato ai suoi figli un’eredità.

Mi viene in mente un libro che ho letto di recente di un autore russo Kirill Eskov “The Last Ringbearer”, in cui considera la storia dal punto di vista di Mordor che diventa la civiltà buona, illuminata, che voleva portare l’industrializzazione sulla terra, i Nazgûl qui sono dei filosofi, mentre Gandalf e gli Elfi sono dei revanchisti della magia che vogliono mantenere lo status quo.

A – Secondo me Tolkien non ha scritto questo e Eskov è uno dei nuovi rappresentanti di Melkor! Noi siamo dentro la visione tolkieniana del suo mondo e quindi se parliamo di altri punti di vista, di quello di Melkor ad esempio, è un nuovo modo del male per venire fuori, io sono sicuro di questo, al cento per cento.

Il fallimento individuale, se è dato dal tuo egoismo è un fallimento totale perché ci sei tu, il tuo errore la tua fine, se invece avviene in uno che ha a cuore il bene degli altri è tutta una cosa diversa. Prendiamo Frodo, lui sa che adesso la Terra di Mezzo sarà sicura per un po’ di anni e lo sforzo che ha fatto è stato per questo, quindi lui potrebbe considerarsi contento per il fatto che ha salvato il suo mondo anche se ha pagato con il suo fallimento egoistico individuale. Lo stesso discorso vale per Melkor e per Sauron. Melkor pensa solo a sé stesso non pensa ad avere degli amici, dei compagni, vuol comandare lui, se gli viene tolto il potere perde e basta, che il male permanga nel futuro della Terra di Mezzo a lui non interessa. Lo stesso discorso vale per Sauron. Invece i buoni se sono altruisti falliscono fino a un certo punto, non totalmente. Turin in qualche modo voleva il bene degli altri però era troppo concentrato su sé stesso.


G – E’ chiaro che è una sfida ideologica quando si parla di chi è fallito e di chi non è fallito, per dire una battuta Frodo ha reso la Terra di Mezzo più sicura per i suoi amici non certo per i poveri Orchi, che saranno cacciati, uccisi, sterminati e io una lacrimuccia per gli orchi la spendo!


A – Come ho detto non sono d’accordo.


G – Secondo me il criterio che i buoni sono coloro che hanno vinto e che hanno raccontato la storia è sempre valido, ad esempio Gandalf e Aragorn hanno torturato Gollum per farlo parlare, non lo hanno certo convinto a parole, poi sono d’accordo con te sull’egoismo, noi cerchiamo una morale universale e quindi è più conveniente che l’individuo rinunci alla propria libertà individuale in favore delle persone che fanno parte della sua famiglia, del suo popolo, della sua terra. Il bene è sempre fatto per me e per le persone a cui sono vicino ed è collocato dentro un recinto.


D- Stavo pensando a quando si parlava del fallimento di Frodo. E’ stato scritto più volte che in questa situazione il fallimento era inevitabile e qualunque essere di qualunque specie si fosse trovato lì con l’Anello in mano sul cratere, sia esso Hobbit o Uomo o Elfo, non avrebbe resistito al potere dell’Anello. Sarebbe interessante immaginare come si sarebbe comportato un altro personaggio in quella situazione, la vittoria di Frodo è stata nel comportamento che ha tenuto in tutte le sue vicende prima di arrivare al Monte Fato. Invece ripensando alla vicenda di Turin, è come se Tolkien raccontando la sua storia gli costruisse tutto un mondo di avversità intorno, dagli affetti famigliari agli amici alla situazione politica del paese in cui si trova, è come se veramente tutto gli si rivolgesse sempre contro, è vero che lui fa delle scelte sbagliate, però ragazzi... è sempre circondato da situazioni così avverse che sfido chiunque a trovare una soluzione di fronte a queste cose, è come dire che la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo.


F – E’ il problema della giustizia o ingiustizia: Turin, come ha detto Davide, ha avuto un sacco di sventure e uno potrebbe dire: perché tutte a lui e non a Beren ad esempio. Proseguendo nel ragionamento Frodo vive un certo senso di fallimento esistenziale, dal punto di vista intimo, mentre Sam che è il suo amico principale invece vive una vita felice, nel senso che ha una famiglia, ha una moglie amorosa, diventa sindaco, la comunità lo stima, ha una vita lunga, ha figli e nipoti, allora uno potrebbe dire: Turin, Frodo, Sam se è vero che esiste un dio giusto, perché queste ingiustizie?


E – Perché ognuno ha un suo percorso che non è per forza uguale a quello degli altri e ognuno avrà delle cose da imparare. Nella vita di tutti i giorni è così: ci sono quelle persone che sembra che il fato si sia accanito contro di loro e tu ti senti quasi un po’ in colpa perché dopotutto a te va già benino. C’è un dio giusto... c’è un dio che fa quello che è più giusto per noi, come possiamo sapere che non è giusto il nostro percorso?


G – Questo dal punto di vista divino, dal punto di vista umano c’è la felicità che è commisurata alle aspettative, perché Sam in fondo io l’ho sempre visto come un Forrest Gump, che è felice anche se ha avuto un sacco di sfortune, anche Sam ha avuto un sacco di sfortune ma interpreta tutto in modo positivo e riesce a trovare un senso anche nel suo non essere un genio. Quando ha l’Anello in mano ha il sogno di diventare il gran giardiniere, e gli pare ridicolo, non è un’aspettativa realistica per lui, quindi per Sam era più facile resistere all’Anello che per Frodo. Anche se non aveva le categorie culturali per portare avanti questo compito io avrei affidato a Sam l’Anello, la felicità dipende dalle aspettative.


E – Sam era consapevole dei suoi limiti, si conosceva, sapeva fin dove poteva arrivare e si accettava cosa che non succede a Frodo, che aveva delle altre aspettative su sé stesso e non ha saputo accettare il modo in cui era fatto. Non lo vedo tanto come un Forrest Gump che nel film ci viene presentato come uno un po’ indietro di cottura, Sam è tutto tranne che indietro di cottura, è solo consapevole di sé stesso.


G – Hai abbassato le aspettative, o riesci a ottenere quel che ti aspettavi prima o abbassi le aspettative.


E – E’ un po’ diverso, se le aspettative superano le obiettive possibilità non sono aspettative sono sogni e diventano irrealizzabili, se non si realizzano diventa devastante per la persona e quello è il fallimento che uno vive come fallimento assoluto. E’ difficilissimo accettarsi per quello che si è, uno non vuole mai essere quello che è, s’immagina sempre di essere altro.


G – Allora Gandalf è cattivo perché mette delle aspettative enormi sulle spalle di Frodo,


E – Ma non lo lascia da solo, conoscendo Frodo gli mette vicino uno che è dotato di sano buon senso intendendo come buon senso la capacità di valutare con obiettività sé stesso e gli altri, e poi sa che Frodo è un bravo ragazzo, non avrebbe ammazzato Gollum, era di famiglia!


A – Io insisterei ancora sull’aspetto dell’altruismo, Sam vuole il bene degli altri non il bene suo. Gli Orchi non ragionano così, se vedono uno di loro in difficoltà non lo aiutano, lo mollano al loro destino. Il potere di Mordor è tutto legato al capo che ti dice di farlo e che ti da dei vantaggi così poi sarai più potente tu rispetto agli altri, questa è la distinzione tra il modo di pensare dei buoni in Tolkien e dei cattivi.


G – Quello che intendo dire è che sono cattivi anche i buoni, come Boromir ad esempio.


A – Boromir è un esempio di fallito che poi all’ultimo momento cerca di recuperare, nel senso che si rende conto dell’errore che ha fatto, però pensava alla sua casata, alla sua importanza come guerriero, salvatore della patria.


E – Anche questa è una forma di altruismo, lui comunque pensava al bene degli altri. Boromir è un uomo nato e cresciuto nella guerra e considerava l’Anello un arma utile per vincere, non pensava a tuta la Terra di Mezzo certo, ma pensava in ogni caso alla sua città e alla salvezza della suo popolo perché aveva gli Orchi a due centimetri. E’ la necessità che spinge Boromir, deve salvare i suoi da un pericolo imminente: tu dammi l’anello io risolvo qui e poi vengo a darti una mano.


A – Anche Faramir è un guerriero, ma non ha preso l’Anello, prenderlo in qualche modo è un gesto di egoismo. Se lo prendi perché non c’è più niente da fare come fa Sam l’anello fa più fatica a lavorare, ma se lo prendi perché lo vuoi per i motivi più nobili immaginabili diventi a rischio. D’altra parte la stessa Galadriel lo dice “Lo prenderei...diventerei una regina bella e terribile” e anche Gandalf dice “Sarebbe la pietà a farmi fare questo però non va fatto”. E’ una scelta difficile prendere o non prendere l’Anello soprattutto se si hanno delle necessità impellenti. Boromir ha fatto l’errore di non capire la dimensione di quello che stava rischiando.


D – L’errore, il fallimento c’è stato anche da parte di Denethor. ha mandato alla Compagnia dell’Anello il figlio sbagliato e quando poi lui si trova assediato come governatore della città fallisce perché rifiuta la realtà, rifiuta di organizzare la difesa e impazzisce, quello che finora aveva fallito in battaglia, che era Faramir, è l’unico del casato che alla fine sopravvive.


G – Sempre per le storie alternative il fratello sbagliato è la storia che ha scritto Alex Lewis, dove Faramir viene mandato con la Compagnia mentre Boromir resta a casa e s’incontrano dopo, l’Anello in questo caso è un simbolo di felicità, una promessa di realizzazione: se lo possiedi hai il potere e quindi hai tutto, puoi essere autosufficiente, puoi far fare agli altri quello che vuoi, per questo è anche così attrattivo, perché il potere in sé non è una cosa irresistibile. E’ come se tu avessi davanti l’Anello e ti dicessi: se lo prendessi senz’altro salterei tutti i passaggi, tutte le difficoltà, salterei i rischi e sarei al sicuro, diventerei potente, felice, ricco, realizzerei le mie aspettative massime su me stesso e su cosa deve essere il mondo. Ma questo può realizzarsi solo passando sopra la libertà degli altri, perché che si oppongano o no, Sam passerebbe sopra agli Ent e alle Entesse per fare il suo giardino. Tutti i singoli vorrebbero un mondo a loro immagine e somiglianza che però non terrebbe conto delle visioni degli altri. La tentazione dell’Anello è forte perché non avere l’Anello significherebbe tenere a fianco del mio bel giardino la miniera dei Nani, che puzza, e il vicino che butta il carbone e ne vola sempre un po’ nel mio recinto. Voltaire alla fine del Candide dice: bisogna coltivare il proprio giardino e restarci perché la mia libertà finisce dove inizia la libertà degli altri.


A – Bisogna accontentarsi.


E – Accontentarsi è già un termine riduttivo in realtà accettarsi che è un altro concetto, accontentarsi è come dire che volevi qualcosa di più e non sei riuscito o non hai potuto averlo, invece no, devi accettare di avere un bel giardino. L’unico problema di tutto ciò è che si rischia di volere che le cose si fermino perché si pensa: ho un bel giardino cosa posso volere di più? Ma la vita va avanti, non si ferma mai, si evolve. Sam è un personaggio positivo a tutto campo perché non rimane fermo, mette su famiglia , facendo dei figli va verso il futuro. Gli elfi invece rimangono immobili, e se ne vanno dalla Terra di Mezzo. Lo stesso Aragorn, non ha la sfera di cristallo e non può prevedere cosa accadrà negli anni a venire, le conseguenze delle sue azioni o come si svilupperanno le vite dei suoi figli, però comunque fa dei figli, avrà dei nipoti, non avrà un regno, ma i suoi discendenti vivranno: questo è andare avanti.


D – Mi è venuta in mente una questione un po’ provocatoria riguardo gli Elfi. Ma la presenza, la missione degli elfi nella Terza Era è un fallimento? Nel senso che poi loro, chi prima chi dopo, abbandonano la Terra di Mezzo per far ritorno alle Terre Imperiture.


G – Per tornare alle idee di Tolkien espresse nelle lettere il fatto che gli Elfi fossero andati a Valinor non era visto bene anche da Eru Ilùvatar perché così si fossilizzavano. Avrebbero vissuto in un gabbia dorata, senza evolversi, la loro vita non sarebbe né migliorata né peggiorata. Gli Anelli d’altra parte servivano proprio per fermare il tempo, perché le cose meravigliose che avevano creato non scomparissero.


E – Il problema, il limite degli Elfi, a differenza degli uomini, è la vita lunghissima e il fatto che non morivano come gli uomini e questo fatto alla lunga diventa un limite nell’evoluzione della specie.


G – Che poi anche in termini biologici ci sono degli organismi che non hanno un ciclo riproduttivo abbastanza veloce per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente.


A – Molte specie australi sono scomparse nel momento in cui sono arrivate razze più dinamiche, quindi anche l’incapacità di adattarsi è un motivo di fallimento.


D – Secondo Darwin la razza che sopravvive è quella che si adatta al cambiamento.


A – Ricordiamoci che l’evoluzione è data anche dalla collaborazione degli organismi viventi. Un errore che aveva fatto Darwin, poi corretto dagli evoluzionisti, era considerare unicamente la selezione naturale: chi non si adatta muore. In realtà l’adattarsi non dipende solo da te, ma da quali relazioni intessi con organismi di altre specie, il progredire da soli è molto più difficile che il progredire con la varietà, accettata e non rifiutata.


G – L’ecosistema, anche Darwin leggendolo bene diceva che le collaborazioni portano all’evoluzione. C’è un progredire che non è del singolo personaggio, ma dei popoli e delle culture. Ad esempio gli Elfi scelgono di sparire perché qualcosa di loro rimanga negli Uomini. Agli Uomini viene detto che è un dono la morte perché lasciano l’eredità e la libertà. Ad esempio la povera Arwen non si è sposata anche per il padre oppressivo a cui non andava bene nessuno, ma i padri se non muoiono non fanno evolvere i figli, intendendo in senso generale le generazioni precedenti, se tutti si adattano lo schiavo resterebbe tale.


A – E Fëanor cos’è un vincitore o un sconfitto? Anche qui è complesso perché i Valar gli hanno caldamente sconsigliato di andar via, ma non è che glielo hanno impedito o trattenuto come invece trattenevano Numenor dall’arrivare alle Terre Imperiture.


G – Si, si vai vai le navi non ce le hai ma vai pure.


A – E lui ha ucciso i Teleri e preso le loro barche.


G – Un comportamento da orco.


A – Infatti da questo punto di vista ha pensato molto più a sé stesso che non ai suoi e alla fine ha fallito e i suoi figli sono scomparsi.


E – E’ una buona rappresentazione della natura umana che è egoistica. Tolkien l’ha applicata agli Elfi che è come dire nessuno ne è immune né un Elfo né un Hobbit né un Nano né un Istaro, nessuna delle razze è immune.


F – Ecco perciò in ordine sparso abbiamo trattato tanti argomenti. Ma cosa significa adattamento?

E – Regolarsi a seconda alle situazioni che capitano. Sam si adatta quando ha l’anello mantenendo la consapevolezza dei suoi limiti.


G – Denethor pensa: si certo potrei accogliere questo ranger del nord, ma vorrebbe dire che io divento solo un sovrintendente, non voglio modificare la mia situazione attuale, piuttosto preferisco distruggere me stesso. Se avesse accettato il cambiamento sarebbe stato un accontentarsi dal suo punto di vista.


E – Non si può salvare tutti, Denethor aveva una visione egoistica: io i miei figli e la mia città.


G – Ma è anche sua la responsabilità. Lui non sapeva se questo ranger fosse in grado di fare meglio di lui.


E – Ma il suo ruolo era quello di sovrintendente, non di re, e quando il re arriva non lo riconosce.


D – La situazione di Denethor ci viene presentata già così da Tolkien quando all’inizio dice: a Gondor non serve un re. Il fatto che per lungo tempo non ci fosse un erede al trono ha reso la sovrintendenza l’unica forma di governo sperimentata dal popolo di Gondor, al punto da far pensare a Denethor che non ci fosse bisogno di un re.


A – Il problema sorge perché lui si considera l’unico che ha il diritto di governare.


E – Denethor non poteva sapere che tipo di regnante sarebbe stato Aragorn, ma se avesse accettato il suo ruolo e gli fosse stato vicino avrebbe potuto eventualmente correggere gli errori del re diventando molto utile al suo popolo. La collaborazione sarebbe stata vincente.


A – Denethor ha la stessa mentalità di Boromir, Faramir invece è diverso, vuole salvare il suo popolo a costo della vita, ma non gli interessa il potere, gli interessa trovare qualcuno in grado difendere Gondor, se poi è anche il re meglio così.


E – D’altra parte Aragorn non avrebbe potuto governare senza il sovrintendente che gli dava consigli.


G – Faramir avrebbe governato meglio di Aragorn, sarebbe stato un re migliore perché è un personaggio ancora più nobile per come viene presentato, capace di rinunciare al potere dell’anello pur essendone consapevole.


A – Ma questo non si può dire, è fare fanta fantasy! Anche Aragorn era altruista e ha rischiato la vita chissà quante volte per il bene degli altri.


D – E poi Aragorn ha passato molti anni nell’ombra, come personaggio nascosto, alla fine è spronato da Gandalf a mettersi in gioco e a partire per riconquistare il trono di Gondor altrimenti sarebbe rimasto a vivere la sua vita nell’oscurità.


F – Parlando di Denethor mi viene in mente un’altra problematica che può essere una delle cause del suo fallimento e cioè che lui pensa di essere il più furbo di tutti. Ha grandi conoscenze, scruta nel Palantìr conosce la potenza del nemico, non ha bisogno di consiglieri, credo nemmeno di Boromir, che amava ma che non vedeva come un consigliere, ma come il braccio forte. Anche Saruman si sente più furbo della media.


D – L’egoismo associato alla superbia crea un cocktail micidiale.


F – Mi ricordo di una cosa che ho letto dove si dice che chiunque, anche la persona più umile può sentirsi molto più bravo degli altri. Il pigro per esempio pensa di essere il più furbo proprio perché evita di lavorare come fanno tutti, mi pare ci sia anche una favola: ammazza sette e storpia quattordici. Un ragazzo raccontava agli amici di averne ammazzati sette e storpiato quattordici dando a intendere che fossero mostri, ma in realtà erano mosche.

Riassumendo possiamo dire che i falliti possono essere quelle persone che si aspettavano di avere tante carte da giocare nella vita, ma ne hanno avute poche e anche giocandole non riescono mai ad ottenere i loro obiettivi, così gli resta sempre l’insoddisfazione. Poi ci sono quelle persone che non giocano le loro carte e coloro che le giocano per fare qualcosa di cattivo, sempre che se ne rendano conto perché Saruman ad esempio pensava di fare qualcosa di buono. Abbiamo un enorme varietà di situazioni e di fallimenti.


G – Però è attraverso il fallimento, il continuare a tentare e lottare, che alla fine si arriva a un risultato. Gli antenati di Aragorn hanno sempre lottato.


A – Certe volte il fallimento di alcuni può essere la vittoria per altri.


G – I fallimenti di Pipino generano il Balrog, guarda nel Palantìr e depista Sauron che non capisce bene cosa sta succedendo.


A – E il fallimento di Turin è la morte del drago peggiore di tutti.


E – Le persone hanno giocato bene le carte che avevano.


G – Gandalf, che aveva un sacco di carte, decide a un certo punto di lasciare tutto in mano agli altri.


A – Lo stesso Beren avrebbe fallito di brutto se non ci fosse stata Lùthien. La presenza di un altra persona ha evitato il fallimento.


D – Eru Ilùvatar ha voluto creare i Maiar come aiuti ai Valar però poi alla fine il più potente di questi è Melkor fa quel che fa e tra i Maiar ci sono ad esempio i Balrog o i grandi ragni come Ungoliant.


G – A un certo punto i Valar fanno un esame di coscienza e mi pare che ammettano di aver fatto degli errori: di aver sbagliato ad invitare gli Elfi a tornare nelle Terre Imperiture, di aver detto non verremo mai più ad aiutarvi e poi invece inviano l’esercito di Valinor a distruggere la roccaforte di Melkor. Non recuperano i Silmaril e non uccidono i figli di Fëanor, che sono stati obbligati dal padre a fare il suo stesso giuramento. A ben guardare c’è un po’ di romanticismo in Tolkien quando racconta di personaggi votati al fallimento e c’è una sorta di riscatto per loro. Fëanor dice: forse saremo banditi per sempre, però faremo gesta di cui si narrerà e saranno cantate. C’ è un po’ di malinconia nell’opera di Tolkien.


F – Quindi la volontà di mantenere i Noldor a Valinor fallisce perché partono, da un punto di vista più globale è stato un bene che siano andati nella Terra di Mezzo, ma dal loro punto di vista è stato un fallimento. Poi per quanto riguarda i singoli Valar: Aulë quando a creato i Nani non è che ha fallito perché Ilùvatar poi gli concede il libero arbitrio.


A – Se Aulë non avesse chiesto perdono a Eru e se non fosse stato disposto a distruggere i nani, che si sono tutti ristretti, non avrebbe ottenuto che le sue creature vivessero. Si è dimostrato disposto a rinunciare al suo orgoglio e così ha ottenuto la benevolenza di Ilùvatar.


G - I sottoposti di Aulë sono famosi per essere Saruman e Sauron, quindi non è che sia stato un bravo maestro, non li ha educati bene.


A – Manwë stesso fallisce nel recuperare Melkor.


F – Per quanto riguarda i Maiar direi che Sauron, Saruman e Gandalf sono i più famosi. Gandalf ha successo e Aragorn dice che la vittoria è soprattutto sua mentre gli altri due falliscono.


G – Sauron è un personaggio interessante perché cambia durante la storia delle tre ere, ha un evoluzione. In un certo periodo sembra persino pentirsi. Prima di tutto era un vassallo di Aulë, poi si mette con Melkor e diventa il suo luogotenente. Durante la vicenda di Beren e Luthien è il signore dei vampiri e dei lupi mannari nella terra dei morti viventi, e alla caduta di Melkor si pente forse sinceramente e pensa per un certo periodo di tornare a Valinor e di chiedere il perdono. Alla fine per paura rinuncia e rimane nella Terra di Mezzo. Poi si presenta agli elfi di Eregion come Annatar il datore di doni e li convince a forgiare gli anelli del potere.


A – Sauron, tranne quel momento di pentimento, si è sempre tenuto sulla strada del male. Anche i draghi hanno avuto un gran successo e poi sono falliti, i Balrog sembrano delle macchine da guerra senza mente o libertà.


G – Ci sono poi vari tradimenti non sempre coronati dall’insuccesso, ad esempio gli uomini oscuri che prima giurano fedeltà ai figli di Fëanor e poi li tradiscono all’improvviso durante la battaglia e fanno vincere la parte con cui erano davvero schierati, cioè Melkor.


F – Ci sono gli Ent che falliscono nella ricerca delle Entesse e nella prosecuzione della loro razza.


F – Si potrebbe fare uno schema e dire che ci sono: fallimenti assoluti, che sono quelli dei cattivi, causati da due motivi sia perché perseguono scopi contrari alla creazione del mondo sia perché dal loro punto di vista soggettivo vengono sconfitti, almeno quelli che vediamo nella storia, poi ci sono dei fallimenti che soggettivamente sono vissuti con sofferenza e senso di sconfitta e che però servono per il bene comune, ad esempio il caso di Frodo. Possiamo aggiungere anche Gollum che fallisce nella ricerca del suo tesoro, ma salva la Terra di Mezzo.


A – Se Gollum avesse tenuto l’Anello sarebbe stato un fallito: viveva una vita monotona sottoterra.


G – Anche le azioni programmate che sono andate malissimo ad esempio la caccia dei Nazgûl nella Contea, un fallimento epico che condiziona tutta la storia.


A – Shelob alla fine rimane sola con sé stessa, perché ormai nessuno passa più dalla strada dove si trova la sua tana.


G – E l’umiliazione poi di essere stata sconfitta da un povero piccolo hobbit giardiniere!


D – E che dire di Grìma che ha lavorato anni per rendere rimbambito il re di Rohan poi il primo stregone che passa gli distrugge anni e anni di lavoro! E lui cosa fa: va a servire Saruman, scelta peggiore non poteva fare.


F – Con questa ultima carrellata di fallimenti presi con un po’ di umorismo concludiamo la tavola rotonda.