Claudio Antonio Testi, Santi e Pagani nella Terra di Mezzo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna , 2014, pp. 223


di Franco Manni


Questo libro di Claudio Testi è a tutt'oggi il più completo studio su questo importante tema che la critica tolkieniana ha già trattato varie volte nel passato, ma mai in maniera così sistematica. Testi, con un passato di editor di importanti libri di saggistica tolkieniana e lui stesso autore di vari saggi pubblicati anche in prestigiose sedi internazionali, si è cimentato in uno studio tematico lungo ed articolato, che nasce da una domanda semplice: “l'opera di Tolkien è pagana o cristiana?”.

Nell'introduzione Testi sottolinea come Tolkien sia un classico della letteratura e dunque vada trattato con gli strumenti critici consueti quando di scrive su autori come Dante , Joyce e tutti gli altri . E non è rilevante che da molti critici modernisti Tolkien non sia incluso nel cosiddetto “canone”. Il valore della opera in sé, il durevole successo presso varie generazioni di lettori, e il vasto e sempre crescente numero di studiosi che hanno dedicato molti e pregevoli lavori su di lui, sono motivi sufficienti. Testi dà conto della critica internazionale e poi si focalizza su quella italiana. Infine descrive le due parti del suo libro. Nella prima discute tre tesi: 1) l'opera di T. è cristiana, 2) è pagana, 3) è sia cristiana sia pagana. Nella seconda egli espone il proprio punto di vista sintetico, in cui , diversamente dalle altre interpretazioni, non considera “pagano” e “cristiano” concetti auto-escludentisi.

Discutendo la tesi “cristiana” ( di Sommavilla e altri critici) Testi riporta dichiarazioni di T. stesso contro ogni esplicito riferimento alla religione nelle opere di creazione letteraria: quelle che ne hanno (come il ciclo arturiano) non piacciono a T., quelle che non ne hanno (Beowulf ) invece gli piacciono. Inoltre Testi ricorda come i romanzi tolkieniani non facciano alcun riferimento esplicito alla religione. Chi crede “cristiana” l'opera di T., confonde allegoria e applicazione con esemplificazione e interpretazione, oppure confonde una fonte storica di ispirazione con una rappresentazione (esempio di Galadriel che rappresenterebbe la Madonna), oppure da una somiglianza parziale deduce una identità totale ignorando le differenze (esempio del rapporto tra la Musica degli Ainur e la Genesi ) .

Discutendo la tesi “pagana” (di Madsen, Curry e altri critici) , Testi osserva come in essa si tenda ad omettere lo sfondo filosofico monoteista a favore di un più superficiale panteismo, ed ad esagerare e fraintendere lo scopo di “evasione” delle fiabe con uno scopo di fuga dalla cristianesimo e dalla sua teologia. Spesso i critici che sostengono questa tesi confondono i vari tipi di paganesimo , mentre Testi opportunamente distingue il paganesimo antico, quello tardo-antico e quello moderno. Inoltre, altrettanto spesso, i critici che sostengono questa tesi conoscono poco la tradizione cristiana e, per esempio, non sanno che la oscillazione della fede nel credente non è qualcosa di eccezionale di credenti speciali che mostrerebbe la strada verso la apostasia, ma piuttosto è insita per tutti i credenti nella loro normale esperienza di fede. Inoltre questi critici confondono il paganesimo storico che aveva i suoi dei e i suoi riti anche crudeli, col paganesimo tolkieniano che non ha né gli uni né gli altri. Oppure non sanno che l'apprezzamento della natura e del mondo (che T. aveva) non è affatto al di fuori della tradizione cristiana... le prove tradizionali della esistenza di Dio partono sempre dal mondo, dalle sue caratteristiche e anche dalle sue perfezioni.

Più sottile è la argomentazione di Testi contro la terza tesi critica (“opera sia pagana sia cristiana”). La maggioranza dei critici ammette che, in maniera eterogenea, quasi casuale e anche contraddittoria nell'opera di T. siano mescolati gli elementi pagani e cristiani. Nella analisi che Verlyn Flieger fa della Athrabeth (dibattito tra l'elfo Finrod e la donna Andreth), per esempio, l'autrice statunitense ritiene che gli elementi pagani e cristiani si contraddicano, invece Testi argomenta per far vedere come questo non avvenga, e come , piuttosto, T. nel brano inserisca elementi di “teologia razionale” (cioè filosofica, come aveva fatto anche il non cristiano Aristotele) e non di cristianesimo esplicito.

Infine Testi espone in maniera molto analitica la sua propria tesi : e cioè che l'opera di T. sia pagana ed in armonia col cristianesimo dedicando apposite sezioni a singoli temi quali la armonia tra la teologia, i riti, la filosofia della storia, il fato e l'etica presenti nel mondo letterario di T. e i corrispettivi temi del cristianesimo. E, secondo me che scrivo qui, tale armonia è presentata in maniera fondata e convincente.

Ho però una critica filosofica da rivolgere a Testi. Per distinguersi da alcuni dei critici sostenitori della terza tesi, i quali affermano che il paganesimo in T. corrisponde a una fase cronologicamente anteriore all'avvento del cristianesimo, Testi scrive: “per me è invece centrale la idea che la mitologia tolkieniana /..../ esprime un 'piano naturale' quasi astorico”. E anche : “userò il termine 'pagano' come sinonimo di 'naturale', di 'non-soprannaturale' e di 'non-cristiano' .” Ora, a me sembra probabile che T. pensasse questo: probabilmente la sua formazione filosofica e teologica primo-novecentesca lo influenzava in questa direzione. Però non concordo con T. che questa operazione sia possibile, e non concorderei con Testi se lui fosse d'accordo con T. Quello che voglio dire non è facile e per essere più chiaro dovrei diffondermi più a lungo, cosa che ora non mi è possibile, e dunque solo faccio accenni. Filosoficamente penso che tutto sia storico e non esista una natura a-storica, atemporale, né nelle stelle e nei pianeti, né nelle specie viventi né in quella umana in particolare. È , diciamo, la visione hegeliana perfezionata da Benedetto Croce. E teologicamente aderisco a quello che scrisse Henri De Lubac nel suo libro Il mistero del soprannaturale, nel quale egli sostiene che la “natura pura” non esiste e non è mai esistita; che l'umanità sin dai suoi inizi è sempre stata interlocutrice della Grazia divina , dunque di una continua trasformazione 'soprannaturale' (in una natura superiore); che la 'storia della salvezza' è cominciata sin da subito. E dunque che un uomo “pagano” nel senso di “naturale” non esiste... esistono solo uomini e popoli storici, con storie differenti, e tali storie sono intersecantesi con reciproche influenze in vari momenti e forme con la storia di Gesù e del cristianesimo.

Aggiungo una critica più materiale, e cioè che Testi avrebbe dovuto citare (anche solo per controbattere) Errico Passaro e Marco Respinti per il loro libro del 2004 (Paganesimo e cristianesimo in T.. Le due tesi a confronto) che esplicitamente e a lungo tratta lo stesso tema ora affrontato da Testi col suo libro.

Finisco col lodare l'apparato critico di abbreviazioni, note, bibliografie e indici che rendono questo libro di Testi non solo un'interessante ed istruttiva lettura in sé stesso, ma anche un'apertura e suggerimento verso altre letture ed approfondimenti.