Il Signore degli Anelli tra Scilla (Il Silmarillion) e Cariddi (Lo Hobbit)


di Alex Lewis.

[gia pubblicato in Franco Manni (a cura di ), Mitopoiesi. Fantasia e Storia in Tolkien, Grafo Editore, Brescia, 2005 ]

Quali sono i collegamenti tra Il Signore degli Anelli (ISdA), lo Hobbit (LH) e Il Silmarillion (QS)? Come indicato da Christopher Tolkien, il problema principale nell’analizzare il lavoro di suo padre sta nel fatto che fu scritto in un arco di tempo molto vasto – oltre 60 anni – e nel corso di questo periodo molte idee vennero cambiate e molte connessioni vennero create o soppresse là dove era necessario. Esistono molteplici versioni di ognuna delle opere, e qual’è la versione giusta da prendere come punto di riferimento?

Nel cercare dei collegamenti tra ISdA, LH e QS dobbiamo tenere presente che per Tolkien esistevano due tipi diversi di storia: innanzi tutto esistevano le sue opere serie, e poi le opere leggere – e le due categorie erano separate da un vasto abisso, colmato finalmente da ISdA, come intendo dimostrare.

Per creazioni leggere di Tolkien intendo opere come Mr. Bliss, Roverandom, Lo Hobbit, Il Cacciatore di Draghi e Le Lettere di Babbo Natale. Queste opere sono caratterizzate da un forte intento comico e sono destinate a un pubblico di bambini. Anzi, furono create esplicitamente per i suoi figli, e in principio non erano destinate a un pubblico più vasto, per quanto ne sappiamo. Fu per una fortunata coincidenza che il manoscritto de Lo Hobbit finì nelle mani di un editore. Tra le altre opere, Il Cacciatore di Draghi è un caso interessante, dal momento che i suoi contenuti sono spesso e volentieri rivolti a un pubblico adulto. Tolkien ne aveva infatti scritto una versione molto più semplice e lo aveva poi riscritto in toni e contenuti più adulti affinché potesse rivolgersi a un pubblico specifico. Vedi la lettera 31 del Luglio 1938:

Ho riscritto [Il Cacciatore di Draghi] allungandolo della metà lo scorso Gennaio, e l’ho letto alla Lovelace Society al posto di un saggio ‘sui’ racconti di fate.... Ma ho paura che questo significhi che ha assunto un sapore più adulto, più satirico.”

Le creazioni serie ebbero inizio con ‘The Cottage of Lost Play’ e il ‘Libro dei Racconti Perduti’, che poi si trasformarono nel QS e nel concetto dei Númenoreani. Contemporaneamente, Tolkien stava anche scrivendo ‘La Caduta di Artù’ e una versione della ‘Nuova Volsungasaga’. Poco dopo, però, ebbe luogo la famosa discussione tra Tolkien e C.S. Lewis, in cui scelsero a testa o croce chi avrebbe scritto su uno specifico argomento: ne risultò che Lewis avrebbe scritto una storia sullo spazio, mentre Tolkien avrebbe dovuto scrivere una storia sul tempo. C.S. Lewis scrisse Fuori dal Pianeta Silenzioso e Perelandra, Tolkien iniziò ‘The Lost Road’. Forse quell’opera avrebbe dovuto includere il materiale o le tradizioni Númenoreane e collegarle con la storia del mondo reale – come poi accade nei ‘Notion Club Papers’. Tuttavia, perse di vista il progetto quando LH divenne improvvisamente un successo, e il pubblico chiese a gran voce un seguito. Il ‘Nuovo Hobbit’ fu concepito come un’opera “leggera”, come è possibile dedurre dalle lettere che Tolkien scrisse riguardo a tale opera e a quella che la aveva preceduta, ma attingeva al grande patrimonio di materiale immaginario composto dal QS e dagli altri progetti “seri” di Tolkien. In seguito, ‘Il Nuovo Hobbit’ – e cioè ISdA - iniziò a diventare più oscuro e meno rivolto ai bambini, ma l’autore prese a interrompersi e a chiedersi che scopo dovesse avere quest’opera. Questo spiegherebbe anche le lunghe pause e i numerosi interrogativi e alterazioni che caratterizzarono gli anni di stesura de ISdA. Ed è anche utile per capire perché Tolkien abbia abbandonato ISdA e abbia ripreso ‘The Lost Road’ tra il 1944 e il 1946, traformandolo poi in ‘The Notion Club Papers’. Possiamo anche affermare che Fabbro di Wotton Major e Foglia di Niggle siano opere “serie”, a giudicare dai loro contenuti.

Cosa lega LH, ISdA e QS nella mente di molti lettori? Una cosa principale : la Terra di Mezzo. Ma questo concetto fu tardo a venire. Molte delle interpretazioni delle opera principali di Tolkien affrontano il problema dell’analisi dei testi dal punto di vista della Terra di Mezzo. Vale a dire, presumono che Tolkien abbia concepito la Terra di Mezzo come un ‘luogo’ in cui ambientare le sue storie e poi sia passato a scriverle usando quell’ambientazione. Alcuni studiosi arrivano ad ammettere che la Terra di Mezzo era un concetto alquanto vago nella mente dell’autore all’epoca della prima scrittura delle opere, ma pochi (se non nessuno) prendono seriamente l’affermazione dello stesso Tolkien stando alla quale le sue storie iniziarono coi linguaggi, e da essi nacquero poi i luoghi e gli eventi. Da un certo punto di vista, i luoghi e gli eventi crebbero contemporaneamente, scaturendo dai nomi dei personaggi e dai frammenti di mitologia, folklore e antichi reperti storici a cui Tolkien attingeva, spesso anche inconsciamente.

Douglas Anderson descrive le tre opere come tre libri imprescindibilmente legati l’uno all’altro, partendo da Lo Hobbit e considerando ISdA un seguito al QS. Ma – in realtà - queste connessioni non erano presenti fin dall’inizio.

Carpenter suggerisce che una volta chiamato Il Signore degli Anelli il seguito de Lo Hobbit in una lettera all’editore, un intero ‘Legendarium’ era venuto a formarsi (biografia, p. 243) :

Era accaduto l’inevitabile. Tolkien non voleva più scrivere altre storia come Lo Hobbit: quel che voleva, in realtà, era continuare l’importante impresa della sua mitologia. E ora poteva farlo. La nuova storia si era strettamente connessa al Silmarillion, e stava acquistando la dignità di intenti e lo stile levato del primo libro /…/ gli hobbit erano stati ereditati per caso dal libro precedente; ma ora, per la prima volta, Tolkien comprese il significato della presenza degli Hobbit nella Terra di Mezzo. /.../ Adesso che la vera natura della storia si era sviluppata, ci furono meno false partenze o riconsiderazioni. Tornato a casa dalle vacanze a Sidmouth, Tolkien passò molte ore nell’autunno del 1938, lavorando al libro.”

Ma in quel momento – agli inizi del 1939 (Lettera 35) – Tolkien non si riferiva ancora al mondo di cui stava scrivendo come alla Terra di Mezzo, ed erano ancora molti gli elementi che mancavano. È facile dimostrare che l’affermazione di Carpenter riguardo al calo di “false partenze o riconsiderazioni” non è fondata; Carpenter non aveva potuto esaminare i volumi della ‘Storia della Terra di Mezzo’, che forniscono rivelazioni preziose riguardo all’intero processo creativo e consentono di formulare una valutazione diversa del flusso creativo dell’autore nei vari momenti della genesi de ISdA. La sua stretta connessione col QS, nei primi anni, era tutt’altro che stretta – veniva usta solo come una delle fonti a cui attingere materiale tra tante altre. Buona parte della storia era ancora indefinita, e perfino a metà del 1939, molte influenze venivano recuperate da fonti diverse per creare una linea narrativa così come l’autore la vedeva all’epoca.

Tolkien stesso esaminò il suo lavoro dopo che ISdA fu pubblicato, e fece dei commenti in merito (lettera 165, Luglio 1955), a volte anche travisati dai media, ad esempio: “La cosiddetta ‘storia per bambini’ [Lo Hobbit] era un frammento, estrapolato da una mitologia già preesistente. E ora mi rammarico di avergli dato, nello stile e nella maniera, caratteristiche tali da farlo definire ‘per bambini’. E se ne rammaricano anche i bambini.” Ma commenti come questi tendono a rimanere impressi nella mente degli studiosi e dei fans, e così il ‘mito’ de Lo Hobbit come parte di qualcosa di più grande fin dall’inizio venne accettato, quando invece in realtà non era così. E questo vale anche per ISdA, a sua volta caratterizzato da molti segni di trasformazione.

Esistono, naturalmente, alcuni elementi che rimangono consistenti nel QS, ne LH e ne ISdA, e che furono concepiti come tali fin dalla loro prima comparsa. Un buon esempio in merito sono le aquile e la loro capacità di parlare: le aquile in grado di parlare e schierate dalla parte dei popoli buoni sembrano essere un’antica tradizione, fin dai primi anni del QS, con l’esempio di Thorondor. Vennero importate nella struttura narrativa de LH nell’episodio in cui Gwaihir salva Thorin e la sua Compagnia dagli warg e dai goblin, Quasi inevitabilmente, le aquile si fanno strada anche ne ISdA. Gwaihir salva Gandalf da Orthanc, e quando Gandalf torna in vita sul Caradhras, Gwaihir commenta che il mago pesa talmente poco che potrebbe volare anche senza bisogno di aiuto. L’ultima volta in cui vediamo un’aquila parlare è nel momento in cui viene la notizia della caduta di Sauron viene portata a Minas Tirith e a Eowyn e Faramir, in attesa sulle mura. Viene perfino tracciato un esplicito parallelismo tra l’arrivo delle aquile nella Battaglia dei Cinque Eserciti ne LH e nella battaglia al Cancello Nero de ISdA, come nota Pipino prima di svenire:

Arrivano le aquile! Arrivano le aquile!”

Per un attimo il pensiero di Pipino esitò. “Bilbo!”, disse. “Ma no! Accadeva nella sua storia, tanto tanto tempo addietro. Questa è la mia storia, e adesso è finita Addio!”

In questa maniera l’autore ricorda abilmente al lettore il riferimento alla storia precedente.

Christopher Tolkien, all’inizio di The Return of the Shadow, che parla dell’inizio della prima stesura de ISdA, riporta una significativa lettera di Tolkien, scritta a W. H. Auden nel 1955 :

Lungo la strada ho incontrato un sacco di cose che mi hanno stupito. Tom Bombadil lo conoscevo già; ma non ero mai stato a Brea. Grampasso seduto in un angolo della locanda fu una sorpresa, e non avevo proprio idea, come Frodo del resto, di chi potesse essere. Le miniere di Moria fino a quel momento erano solo un nome; e di Lothlórien le mie orecchie mortali non avevano mai sentito niente finché non sono arrivato fin là. Più avanti seppi che esistevano i Signori dei Cavalli ai confini di un antico Regno degli Uomini, ma la Foresta di Fangorn era un’avventura non prevista. Non avevo mai sentito parlare della Casa di Eorl, né dei Sovrintendenti di Gondor. Più inquietante di tutti, Saruman non mi si era mai rivelato, e anch’io come Frodo fui sconcertato nel non veder apparire Gandalf il 22 Settembre.”

Come ulteriore conferma di questo, Christopher Tolkien cita anche una lettera scritta da suo padre a Christopher Bretherton nel 1964:

/.../ all’epoca in cui uscì Lo Hobbit il racconto dei Primi Giorni aveva acquistato una forma coerente. Lo Hobbit non era stato scritto in relazione a quei primi racconti. Avevo l’abitudine, quando i miei figli erano ancora piccoli, di inventare e di raccontare loro delle storie… Lo Hobbit doveva essere tra quelle.”

Per sottolineare ulteriormente il concetto, Christopher Tolkien cita ancora un’altra lettera, scritta nel 1937 a G.E.Selby: “Io stesso non approvo molte cose de Lo Hobbit, e preferisco la mia mitologia personale (che viene a malapena accennata), con la sua nomenclatura coerente - Elrond, Gondolin ed Esgaroth si sono fatti strada fin ne Lo Hobbit – e la sua storia organizzata, piuttosto che questo miscuglio di nani con nomi tratti dall’Edda e dalla Voluspa, i vari hobbit e Gollum piovuti dal nulla e inventati in un’ora di ozio.” Dunque : vari hobbit e Gollum piovuti dal nulla e inventati in un’ora di ozio! L’esistenza di molte creature come Gollum ci sembra incredibile, perché ora sappiamo dove la storia andò a parare, ma l’autore, all’epoca, non aveva ancora risolto il problema di quale tipo di storia narrare. Il significato o il collegamento con la sua mitologia non era affatto evidente all’epoca in cui Tolkien scriveva a Selby, periodo che coincideva con lo sviluppo del ‘Nuovo Hobbit’, che in seguito divenne ISdA. È anche indicativo il fatto che Tolkien usasse la parola Gollum al plurale e in minuscolo, e non Gollum come nome proprio.

Christopher Tolkien, nella sua Premessa (The Return of the Shadow, p.6) conclude quanto segue:

L’importanza de Lo Hobbit nella storia dell’evoluzione della Terra di Mezzo risiede solo nel fatto che si trattava di un’opera pubblicata, e che ne veniva richiesto un seguito. Come risultato di questo, dalla natura ancora in evoluzione de ISdA, Lo Hobbit venne incorporato nella Terra di Mezzo /…/ e la trasformò. Il suo significato per la Terra di Mezzo stava in quello che avrebbe fatto, non in ciò che era.”

Ai fini di determinare gli elementi anomali sia de Lo Hobbit che de ISdA, è piuttosto inutile parlare della Terra di Mezzo come se si trattasse di un concetto già fissato nella mente di Tolkien negli Anni Trenta. Tutto il contrario: era tutt’altro che definita, se accettiamo quanto afferma Tolkien nelle lettere sopra menzionate. Sotto ogni aspetto, la Terra di Mezzo non esisteva ancora. Avevamo le storie e le avventure del Beleriand con le loro mappe, la mitologia di Valinor su cui esse poggiavano, ma non esisteva nemmeno l’idea di quella famosa mappa che Christopher avrebbe disegnato su richiesta di suo padre da includere ne ISdA e chiamata “Mappa della Terra di Mezzo”. È alla sua topografia che i lettori pensano subito quando viene usato il termine “Terra di Mezzo”. Per usare un modo di dire moderno, la Terra di Mezzo “ha un suo bagaglio”. Eppure nel 1937, della Terra di Mezzo non esisteva né la mappa né il nome. C’erano delle mappe ne Lo Hobbit, che però mostravano solo le Terre Selvagge e una catena montuosa chiamata le Montagne Nebbiose, che aveva a che fare solo con LH. I lettori hanno “tappato i buchi mancanti” con vari commenti fatti da Christopher stesso in riferimento alla Terra di Mezzo, portandoli mentalmente indietro nel tempo di almeno diciassette anni. Non mi addentrerò in un esame dettagliato de LH, dal momento che richiederebbe troppo tempo – ancora una volta, suggerisco agli interessati di consultare i capitoli del mio libro The Uncharted Realms of Tolkien (Medea Publishing, Wimbledon, 2002).

Il cambiamento più grande apportato da Tolkien ne LH riguarda la gara di indovinelli tra Gollum e Bilbo – per giustificare la natura più oscura e pericolosa dell’Anello rispetto al semplice anello magico della prima stesura. Come descritto da Christopher (Peoples of Middle Earth, p.7), “La curiosa storia della riscrittura della narrazione del capitolo ‘Indovinelli nell’Oscurità’, pubblicata nell’edizione del 1951, è esaurientemente spiegata nelle lettere 111 e 128-29. Nel Settembre del 1947 mio padre mandò a Sir Stanley Unwin ciò che chiamava un esempio di tale riscrittura, non destinato alla pubblicazione, ma soltanto ad avere un’opinione di Sir Stanley al riguardo. Pensando che fosse stato rifiutato, fu molto sorpreso e scosso quando, quasi tre anni dopo, nel Luglio del 1950, ricevette le prove di stampa di una nuova edizione che contenevano anche il brano riscritto. Ma accettò il fatto compiuto”. L’elemento cruciale che traspare da questo commento è il fatto che fu soltanto nel 1947 che Tolkien sentì il bisogno di scrivere una versione alternative della gara di indovinelli, a causa della natura in continua espansione de ISdA e del mondo in cui esso era ambientato.

Eppure, in tutte le revisioni, varie incongruenze rimangono. L’unica alternativa che viene discussa è la Missione di Erebor in Racconti Incompiuti (3° parte, Capitolo 3, pp. 321-327). Qui ci viene offerto il punto di vista di Gandalf degli eventi che conducono alla Riunione Inaspettata. Gandalf parla con gli hobbit e Gimli a Minas Tirith dopo la Guerra dell’Anello:

/…/ senza aver visto prima Bilbo. Era un errore, e si rivelò quasi disastroso. Poiché Bilbo, nel frattempo, era cambiato, naturalmente. Come minimo, stava diventando grasso e piuttosto avido, e i suoi vecchi desideri si erano assopiti fin quasi a diventare un sogno privato. Nulla per lui avrebbe potuto rivelarsi più sconcertante di trovarsi effettivamente di fronte alla possibilità di trasformarli in realtà. Era già sconvolto dalla situazione, e si dimostrò un completo sciocco /.../ Ma poi sapete come sono andate le cose, o almeno come le vide Bilbo. La storia suonerebbe piuttosto diversa se l’avessi scritta io. Perché all’epoca non si rendeva affatto conto di quanto i nani lo considerassero frivolo, o di quanto fossero arrabbiati con me”.

‘Avido’, ‘grasso’, ‘un completo sciocco’ – di certo Gandalf non parla così a portata d’udito di Bilbo Baggins, e sarebbe crudele da parte sua farlo, nonché piuttosto incoerente con se stesso, il mago che fece di tutto per proteggere Bilbo dall’ira di Thorin Scudodiquercia, che si sentiva tradito alla Montagna Solitaria (LH, p. 261, Cap. 17):

Ecco qua Gandalf! E neanche troppo presto, a quel che vedo! Se non ti piace il mio scassinatore, per favore non danneggiarmelo. Mettilo giù, e ascolta prima cos’ha da dire!”

È evidente dal piccolo estratto qui riportato che se Tolkien avesse proseguito nel suo intento e avesse trasformato quel frammento in una completa riscrittura della storia, che avrebbe però reso il racconto per bambini in un vero e proprio antefatto a ISdA, avrebbe anche distrutto il fascino e la freschezza dell’originale LH che era – ricordiamocelo! – appunto una storia per bambini. Non bisogna pensare che Tolkien avesse preso in considerazione seriamente l’idea di integrare completamente LH con ISdA in questo modo, e quand’anche l’avesse fatto, di certo abbandonò l’idea subito dopo averla presa in considerazione. Ciò che è significativo è il fatto che abbia tentato in primo luogo una qualche sorta di riscrittura, invece di aver lasciato tutto come si trovava. Ciò che Christopher dice riguardo a questi frammenti nel contesto dei RI è quanto segue:

in una lettera del 1964, mio padre diceva: “Esistono, naturalmente, molti collegamenti tra Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli che non sono stati approfonditi. Sono stati scritti o tratteggiati quasi tutti, ma poi sono stati tagliati per alleggerire l’opera: cose come i viaggi esplorativi di Gandalf, i suoi rapporti con Aragorn e con Gondor, tutti gli spostamenti di Gollum finché non si è rifugiato a Moria, e così via. Ho anche scritto un resoconto completo di ciò che è davvero accaduto prima della visita di Gandalf a Bilbo e la Riunione Inaspettata successiva, dal punto di vista di Gandalf stesso. Doveva par parte di una conversazione in retrospettiva a Minas Tirith; ma ho dovuto tagliarl.” (Racconti Incompiuti, p.11)

Ma ora basta parlare de LH in questa sede - passiamo a ISdA!

È evidente che ISdA è strettamente legato al QS e a Númenor da una sequenza temporale in cui gli eventi de LH sono stati inseriti artificialmente, o meglio infilati come perle appartenenti a una diversa collana. La domanda che bisogna porsi è: come è venuto a crearsi questo notevole corpo creativo? Quand’è che la Terra di Mezzo e il ‘Legendarium’ di Tolkien sono venuti ad esistere, e come è accaduto?

Tolkien si riferiva a ISdA come al ‘Nuovo Hobbit’ nel corso del primo anno della sua esistenza. È evidente dalle versione e dagli sviluppi della serie History of Middle Earth (HOME) che l’autore non aveva la più pallida idea di dove l’avrebbe condotto lo sviluppo della storia. Aveva soltanto acconsentito, con riluttanza, a tentare di scrivere un seguito a LH quando le sue altre opere più lunghe (e più serie) erano state palesemente rifiutate da Allen & Unwin. O, più precisamente, non erano mai state prese in seria considerazione, e si erano verificati vari malintesi reciproci tra l’editore, il lettore di fiducia dell’editore e l’autore su ciò che veniva richiesto e offerto. La lettera di Tolkien al suo editore alla fine degli Anni Trenta lo mostra anche nell’atto di affrontare il problema di scrivere un seguito a una storia che si era conclusa con l’eroe che “visse felice e contento per il resto dei suoi giorni”. La sua lettera a Stanley Unwin del Febbraio 1938 (Lettera 24) è una risposta alle parole d’incoraggiamento dell’editore:

Trovo fin troppo facile scrivere capitoli iniziali – e per il momento la storia non sta proseguendo /…/ Ho sprecato così tanto ne Lo Hobbit (che non pensavo avrebbe mai avuto un seguito) che è difficile trovare qualcosa di nuovo in quel mondo.”

Quindi, all’inizio, Tolkien era intenzionato a scrivere un semplice seguito a una storia per bambini: limitata nella scala e negli obiettivi, destinata a seguire le avventure di un hobbit o di alcuni hobbit collegati all’eroe originale, Bilbo Baggins. Le varie versioni dell’inizio de ISdA sono descritte in The Return of the Shadow (HOME n° 6) : la prima versione del ‘Nuovo Hobbit’ si apre con l’annuncio di Bilbo di volersi sposare, e di abbandonare il suo buco per aver finito i suoi soldi, e di voler partire per trovarne degli altri. Non usa l’anello per sparire – anzi, non viene nemmeno menzionato. Inoltre, Gandalf non compare mai. Forse, all’inizio, il mago non veniva considerato importante per il seguito; dopotutto, nemmeno ne LH aveva svolto un ruolo centrale. Gandalf aveva abbandonato Thorin e la Compagnia ai margini del Bosco Atro e non aveva più preso parte attivamente al resto della storia, se non per riaccompagnare Bilbo Baggins a casa passando per Gran Burrone. E così il ‘Nuovo Hobbit’ inizia con un capitolo intitolato “Una Festa a Lungo Attesa” in opposizione al titolo del primo capitolo de Lo Hobbit originale: “Una Festa Inaspettata”. Già questo indicava il desiderio di Tolkien di continuare seguendo lo stesso filone del libro originale: lo stile leggero usato nel capitolo è a sua volta dovuto all’aspettativa di Tolkien, che pensava di scrivere un’altra storia per bambini.

Nella seconda versione del primo capitolo, Gandalf non arriva col suo carro di fuochi d’artificio e viene descritto come “un uomo vecchio e piccolo”. Probabilmente è così che lo stregone veniva ancora concepito all’epoca. Tolkien incrementò letteralmente la statura del personaggio di Gandalf col passare del tempo – nella prima edizione de LH veniva descritto come “un uomo vecchio e piccolo”, che nelle edizioni successive, dopo gli Anni Cinquanta, venne trasformato in “un vecchio con un bastone”. Proprio come gli elfi, in principio concepiti come minuscoli, un mago minuscolo non veniva più ritenuto appropriato per ciò che si stava preparando. La Contea ora viene indicata con la lettera maiuscola, e forse è solo ora che diventa il nome della terra degli hobbit nella mente dell’autore. La tendenza all’uso delle lettere maiuscole è significativa, e verrà esaminata in seguito – la contea è cosa alquanto diversa da la Contea; la prima è semplicemente una qualsiasi area campagnola, la seconda è un paese a sé stante quasi per definizione. Sarebbe molto difficile dimostrare quale area coprisse questa terra in questa fase della scrittura dell’opera, senza l’aiuto delle primissime mappe, forse nemmeno dotate di distanze misurabili.

Fu soltanto quando Tolkien affrontò la natura dell’anello magico di Bilbo che l’anello divenne L’Anello (non fece che mettere la lettera maiuscola a un nome comune, ancora una volta!) e che la storia iniziò a crescere, a farsi più cupa e più orientata verso un pubblico adulto. Anzi, la propensione di Tolkien a trasformare i nomi comuni in nomi propri potrebbe essere stato uno dei punti di svolta che a noi paiono del tutto scontati. Non c’è niente di strano nel trasformare la collina ne La Collina, dal momento che, da un punto di vista linguistico, numerosi nomi di luoghi inglesi sono stati allo stesso modo: ad esempio, Brill, nell’Oxfordshire, è una contrazione di “Bree-hill”, ma entrambe le parole significano collina (Bree non è altro che “collina” in Gallese). Vhetwode, o Chetwood (Bosco Chet) significa bosco-bosco (vedi The Road to Middle Earth, di Tom Shippey, per ulteriori dettagli sulle origini linguistiche di questi nomi). Trasformare la via nella Via forse è una buona scelta poetica, ma non altrettanto significativa. Ne LH questa è una procedura discutibile, dal momento che nella poesia composta da Bilbo (L’Ultima Tappa) ogni verso inizia con “sempre, sempre le strade vanno avanti”, ma tali strade non vengono più menzionate e non sono ancora indicate con la maiuscola. Ma per Tolkien, la trasformazione dell’anello nell’Anello è molto diversa rispetto alle altre. Cosa è che “definisce” l’Anello? Tolkien potrebbe averlo scritto con la lettera maiuscola in preda all’abitudine, la prima volta, così come aveva applicato la maiuscola a molti altri nomi durante la stesura de LH – per poi fermarsi e riflettere attentamente su ciò che aveva fatto. Era magia, esattamente lo stesso tipo di magia che aveva descritto nel suo saggio Sulle Fiabe:

Chiunque erediti lo straordinario strumento del linguaggio umano è in grado di dire ‘sole verde’; molti sono anche capaci di immaginarselo o raffigurarlo. Ma questo non basta, benché possa essere già cosa più pregnante di tanti ‘schizzi dal vero’ o ‘trascrizioni di vita vissuta’, fatti oggetto di lodi in campo letterario. Costruire un Mondo Secondario dentro il quale il sole verde risulti credibile, imponendo Credenza Secondaria, richiederà probabilmente fatica e riflessione, e certamente esigerà una particolare abilità, una sorta di facoltà magica. Pochi si cimentano in compiti così ardui; ma quando li si affronta e li si attua in misura maggiore o minore, si ottiene un risultato artistico senza pari: arte narrativa, insomma, elaborazione di racconti nella forma primaria e più pregnante.”

Nel caso della trasformazione dell’anello di Bilbo nell’Anello, abbiamo uno di questi rari “risultati artistici senza pari”, proprio uno dei casi descritti da Tolkien: ironicamente, aveva scritto questo saggio nel 1938 e lo aveva consegnato nel Marzo del 1939, circa il periodo in cui i suoi editori lo avevano invitato a scrivere un seguito a LH, ed è probabile che nella stesura di quel saggio, Tolkien stesse tracciando la strada per la soluzione ai suoi problemi. Nel caso dell’Anello, aveva preso un semplice nome e lo aveva trasformato in una Cosa, definita e completa in Sé, un nome proprio. L’Anello, assumendo la lettera maiuscola, si differenzia da tutti gli altri anelli. Molto semplicemente, questo conduce – dopo molta “arte elfica”, per usare le parole di Tolkien – a:

Un Anello per domarli, un Anello per trovarli, un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.”

Christopher ci fornisce la quarta stesura del capitolo d’apertura con una sezione intitolata: ‘Una storia in fermento’, e si tratta di materiale molto prezioso. Il titolo si riferisce a una lettera scritta nel Febbraio del 1938, sei settimane dopo aver iniziato il ‘Nuovo Hobbit’, e aver spedito la quarta versione del capitolo iniziale a Rayner Unwin affinché la leggesse. Christopher si chiede: qual è la storia che stava fermentando? Dice che nella terza versione si parla della partenza di Bilbo assieme ad alcuni dei suoi amici più giovani per nuove avventura, ma descrive anche alcuni degli appunti lasciati da suo padre:

Bilbo parte con 2 nipoti Tuc… ha con sé solo un piccolo borsello di denaro. Camminano tutta la notte verso est. Avventure: simili a quella dei troll: casa stregata sulla strada per Gran Burrone. Di nuovo Elrond. Una storia alla casa di Elrond”.

Potrebbe trattarsi di qualcosa di analogo al Cottage of Lost Play, con Bilbo che riveste il ruolo di Eriol e che ascolta la storia degli Elfi? Sarebbe stato tipico di Tolkien, sempre propenso a riciclare e reinserire storie più vecchie nel corso della costruzione di quella nuova, il ‘Nuovo Hobbit’. E il solo riferimento a qualcosa di stregato è il Re-stregone: l’autore pensava a questo quando ipotizzava un’avventura in una casa stregata? Il Re-stregone in origine veniva chiamato anche Re-Mago (Wizard-king), il che fa pensare che forse era prevista un’altra figura di strega.

Questa serie di appunti è seguita da un’altra di grande interesse (Christopher ritiene che il soggetto di tali appunti fosse Bilbo Baggins, vedi H6, pagina 41):

Chiede a Elrond come può liberarsi della sua avidità e della sua inquietudine. Elrond gli parla di un isola. La Britannia? Il lontano ovest, dove gli elfi regnano ancora. Viaggio verso l’isola perigliosa.

Voglio che compaia di nuovo un drago vivo”.

Qui abbiamo suggerimenti più concreti della possibilità che Bilbo sia destinato a rivivere le avventure di Eriol e che Lo Hobbit potrebbe essere stato ricondotto al concetto di quell’opera precedente. Come tutto ciò potesse ricollegarsi al Silmarillion non è dato di sapere – forse non ci sarebbe stato alcun collegamento.

Il cambiamento successivo della fase iniziale dà il via alla questione della definizione della natura de ISdA:

l’Anello: da dove viene. Il Negromante? Non è molto pericoloso se usato per scopi buoni. Ma esige un prezzo. O si perde l’Anello o si perde se stesso…

Finalmente incontra Gandalf. Il consiglio di Gandalf. Devi simulare una sparizione, e l’anello potrebbe essere ingannato e propenso a lasciarti andare per la tua strada. Ma devi sparire davvero, e rinunciare al passato…”

Questi cambiamenti sono interessanti. È in questa occasione che vediamo l’Anello scritto con la lettera maiuscola per la prima volta. È possibile che si tratti solo di un caso, considerando anche ce nella riga successiva, quella riguardo al consiglio di Gandalf, viene di nuovo chiamato l’anello, senza maiuscola. Viene anche fatta menzione per la prima volta del Negromante nel ‘Nuovo Hobbit’. Tuttavia, è importante indicare che non si tratta di Sauron. Non c’è nulla che lasci credere che quest’ultimo (che già compariva negli scritti del QS) e il Negromante fossero la stessa persona.

Giunti alla fine del 1938, la storia per Tolkien cominciava a diventare interessante al punto da spingerlo a inventare dei nomi propri da usare al suo interno, nomi importati come Timothy Titus, che poi si trasforma nel nome inventato Barnabas Butterbut, e infine in Barliman Butterbur (Omorzo Cactaceo), il locandiere (p.130, H6) che nella prima versione è a sua volta un hobbit (p. 134 H6). Timothy Titus, come spiega Christopher (nota 3. p.140 H6) era un personaggio tratto da una vecchia storia di suo padre, di cui rimangono solo poche pagine. In questa fase, Tolkien prendeva a prestito a piene mani da qualsiasi fonte disponibile per poter riempire i dettagli del suo ‘Nuovo Hobbit’.

Poi la tattica del prestito venne scartata in favore di qualcosa di meglio, inventato appositamente. I prestiti non provenivano poi così spesso dal QS, almeno all’inizio del procedimento, a quanto pare. Provenivano con altrettanta frequenza da altre opere degli Anni Venti e degli Anni Trenta, e specialmente dalle opere più “leggere” invece che da quelle più “serie”, perché in questa fase il ‘Nuovo Hobbit’ veniva ancora considerato un’opera “leggera”.

Il ‘Nuovo Hobbit’ non aveva mosso i suoi primi passi secondo il tradizionale modus operandi di Tolkien, secondo il quale erano i nomi o le parole a dare luogo alle storie. Tolkien aveva invece cominciato subito a scrivere, ma non appena era giunto alla necessità di inventare dei nomi, o, nella primissima fase, di importare dei nomi propri o semplicemente di applicare la maiuscola a semplici nomi comuni, la storia iniziò a proliferare e a condurre Tolkien su un percorso che difficilmente avrebbe potuto immaginare all’inizio del suo processo creativo. È significativo anche il fatto che Bree (Brea), basata su Brill, sia ciò che indica Christopher (p. 131, H6):

è qui che il nome [Bree] appare per la prima volta, basato su Brill, nel Buckinghamshire, un luogo che egli [Tolkien] conosceva bene, dal momento che sorge su una collina del Piccolo Regno del Cacciatore di Draghi (vedi la biografia di Carpenter, p. 160).

Potremmo chiederci se forse il ‘Nuovo Hobbit’ non orbiti più vicino al mondo del Cacciatore di Draghi che non a quello della Terra di Mezzo (verso il quale poi si sarebbe sviluppato). In precedenza era stato notato che Water Eaton era il nome originario della Terra di Buck, e la sua vicinanza ai luoghi del Piccolo Regno era stata sottolineata. Di certo ci sono delle analogie tra Giles il Contadino e Tom Bombadil, entrambi Signori dei loro piccoli regni, ed entrambi eroi improbabili, seppur molto confidenti nei loro approcci. Si potrebbe forse ipotizzare che, in circostanze creative diverse, Tolkien avrebbe potuto trasformare il ‘Nuovo Hobbit’ in una sorta di collegamento tra Lo Hobbit e la storia fittizia del Cacciatore dei Draghi, ambientata in un luogo reale. Non fu questa (ovviamente) la strada seguita dall’autore, ma è senz’altro un esempio interessante di come la Terra di Mezzo, all’epoca, non fosse l’inevitabile destinazione finale di ciò che egli stava scrivendo. A rafforzare questa ipotesi, Christopher stesso scrive, nell’ultima nota al capitolo (nota 13, H6 p. 142):

Il suo compagno qui è l’origine del Uomo del Sud dagli occhi strabici che era giunto dal Verdecammino: ma non c’è alcuna traccia di quell’elemento in quello che era un quadro ancora molto limitato [sottolineatura mia]

In altre parole, non siamo ancora nella Terra di Mezzo come la percepiamo noi.

È fondamentale tenere presente in questa questione il punto di vista di un Tolkien quarantacinquenne, che stava avventurandosi in quello che era ancora considerato il seguito di un racconto per bambini, e non l’autore sessantenne che aveva ricollegato tutti i fili e tutti i concetti in un unico quadro alla fine de ISdA. Tolkien non aveva ancora raggiunto la Terra di Mezzo. Anche Christopher avverte il lettore di non dare troppo peso al fatto che l’Anello sembri già definito nelle sue funzioni: nulla lascia ancora credere che questo piccolo gioiello dorato racchiuda in sé il destino della Terra di Mezzo. È tutt’altro che sicuro perfino il fatto che l’idea dell’Anello Dominante fosse stata fissata… Nell’Ottobre del 1938 Tolkien diceva ancora a Stanley Unwin che sperava di riuscire a inviargli la nuova storia entro l’anno successivo (p.189, H6).

In seguito abbiamo il Gigante Barbalbero, che cattura Gandalf nella Foresta di Fangorn, che nella Terza Fase incontra Frodo e che è un agente del male, forse al servizio di Sauron. A dare ulteriore peso a questo concetto sta il discorso di Elrond, che spiega a Bingo che in realtà Mordor è il Bosco Atro:

perché finalmente eravamo giunti a Mordor, la Terra Nera, dove Sauron aveva ricostruito la sua fortezza. È su parte di quella terribile terra che sorge la Foresta del Bosco Atro, che deve la sua oscurità e il suo terrore al male antico nascosto [nel suolo].’ (p.216, H6).

È dopo tre anni che ci imbattiamo in un’altra lettera su ISdA. (Lettera 47, Dicembre 1942).

Sono arrivato al capitolo XXXI e ce ne vorranno almeno altri sei per finirlo (sono già delineati)…’

ma il concetto di poter completare l’intero libro entro 6 o più capitoli è estremamente sorprendente (per il 1942), dal momento che ci porterebbe soltanto nel mezzo dell’Ithilien (al capitolo “Erbe Aromatiche e Coniglio al Ragù”, per la precisione).

Tolkien attingeva ancora a molte fonti per definire i nomi della sua storia – in un momento della Seconda Fase usò il nome arturiano Lanorac, cambiato prima in Bercilak e poi in Brandibuck, e che doveva essere un cugino di Merry (vedi p. 273, H6). Sappiamo che Tolkien, nel corso degli Anni Trenta, aveva anche iniziato a scrivere ‘La Caduta di Artù’ (Biografia, p. 171). Guardava forse anche a quel mondo in cerca d’ispirazione, e forse anche d’altro? La materia Arturiana fa la sua comparsa anche in altri aspetti della trama e dei personaggi Tolkieniani - ad esempio, il nome Balin proviene dalle leggende arturiane, in cui era uno dei cavalieri. Qualche eco della materia Arturiana è presente anche in Tom Bombadil (vedi Uncharted Realms per i dettagli). Dalla nuova versione del capitolo Una Festa a Lungo Attesa vengono rimossi alcuni degli hobbit più umoristici e dei regali a loro lasciati da Bilbo - Caramella Chubb e il suo orologio, Primo Grubb e il suo servizio da tavola e Colombo Soffiatromba e il suo barometro vengono tutti soppressi. I nani conservano ancora i loro nomi propri anche in questa versione. Poco dopo, Gandalf parla dei tre anelli elfici:

Non conosco l’uso che gli elfi fecero dei Tre Anelli della Terra, del Mare e del Cielo. Né so cosa sia stato di essi. Alcuni dicono che i re nascosti degli Elfi li conservino ancora nei luoghi più sicuri della Terra di Mezzo; ma credo che siano stati portati da tempo oltre il Grande Mare’ (p.320, H6).

Vale la pena di sottolineare che Gandalf non è portatore di un anello, come accade nella versione finale, e che Tolkien stesso non sembra sapere con certezza cosa sia accaduto agli anelli Elfici, ma l’idea della Terra di Mezzo e di un luogo oltre il Grande Mare si sta facendo strada in lui. In questa fase, la geografia della Terra di Mezzo è tutt’altro che definita, ma forse il concetto di un legame esistente si sta facendo strada, anche se soltanto nel subconscio dell’autore.

Nel passaggio che segue, l’idea di questo collegamento viene ulteriormente sviluppata.

Christopher commenta:

Quando mio padre inserì per la prima volta il brano su Gil-Galad in questo punto, iniziò a seguire il testo precedente mantenendolo quasi identico… Ma nel corso della scrittura lo campiò in ‘strinse un’alleanza con Valandil, Re degli uomini di Númenor, che tornò da oltre il mare e dall’Ovesturia nella Terra di Mezzo in quei giorni.’

In questa fase è possibile che la materia di Númenor e del Beleriand venisse usata come background per dare profondità alla storia, ma senza che vi fosse una decisione consapevole di scrivere l’intera vicenda come una storia collegata alla storia completa delle Tre Ere.

Christopher elenca (pps.373-4 H6) i propositi principali definiti da suo padre nell’Agosto del 1939:

1) Bilbo è l’eroe di tutta la storia. Merry e Frodo sono i suoi compagni. Questo è di aiuto per Gollum (anche se Gollum probabilmente ottiene un nuovo anello a Mordor).

Da notare l’idea che Gollum possa ottenere un nuovo anello (in minuscolo) a Mordor! Nella stesura finale, questo risulterà totalmente improponibile. CJRT fa notare la difficoltà di aggirare il destino di Bilbo di vivere ‘per sempre felice e contento’.

2) Tornare all’idea originale. Rendere Frodo (o Bingo) un personaggio più comico. Bilbo non viene sopraffatto dall’Anello – l’ha usato molto raramente – Peregrino Boffin è scomparso e Bilbo ne viene incolpato, e così i giovani vengono tenuti lontani da lui – solo Folco gli rimane fedele. Folco Baggins trova Bilbo a Gran Burrone. Qui Bilbo si offre di portare il fardello dell’Anello (a malincuore) ma Gandalf sostiene l’offerta di Folco, che ne diventa il portatore. Trotter si rivela essere Peregrino, che era stato a Mordor.

3) Una discussione sui cambiamenti dei nomi. Era palesemente insoddisfatto del nome Frodo per il personaggio principale, come fatto notare anche da CJRT. Punti da portare avanti –

i) Meno enfasi sulla longevità causata dall’Anello, finché la storia non procede a sufficienza.

ii) Importante. (a) Né Bilbo né Gandalf devono sapere dell’Anello quando Bilbo parte. (b) Gandalf non dice a Frodo di lasciare la Contea – suggerisce solo vagamente che il Signore potrebbe cercare la Contea. Il piano di andarsene deve essere totalmente di Frodo. Sogni, o altre cause… che gli facciano decidere di mettersi in viaggio. Gandalf svanisce per molti anni senza spiegazione. Non tentano di ricongiungersi con Gandalf. Gandalf sta provando a trovarli, e si preoccupa molto quando scopre che Frodo ha lasciato Hobbiville. Odo deve essere tagliato o alterato (mescolato a Folco) e deve partire con F[rodo] in viaggio. Soltanto Meriadoc va avanti.

Chi è Trotter? Un Ramingo o un Hobbit? Peregrino? Elfo. Gandalf sta solo cercando Frodo, Trotter dovrà essere un suo vecchio conoscente [CJRT commenta: Non capisco l’enfasi posta su questa frase. Nota 3, p. 386].

L’autore sembra pensare che forse Frodo stia viaggiando da solo, in questa ipotetica trama, e che Trotter sia qualcuno che Gandalf conosce da lungo tempo (come in effetti sarà poi Aragorn). Forse Meriadoc e Folco dovevano viaggiare separatamente da Frodo e incontrarsi con lui dopo, o addirittura non accompagnarlo del tutto.

4) Conversazioni tra Bilbo e Frodo, in cui Frodo in pratica dice a Bilbo ciò che Merry dice a Frodo in ‘Una Congiura Smascherata’ ne lCdA.

5) Si suggerisce l’idea di un drago in arrivo alla Contea, e da questo gli hobbit vengono spinti a dimostrare di valere più di quello che sembra, e che Frodo (Bingo) dovrebbe essere sul punto di esaurire il suo denaro – l’oro del drago

6) Una breve lista di elementi narrativi che potrebbero essere utilizzati in seguito (5): Isola in mezzo al mare. Portare Frodo laggiù alla fine. Radagast. Una battaglia in corso tra gli eserciti degli Elfi e degli Uomini contro il Signore. Avventure… Uomini di pietra.

Christopher dice che quando Tolkien esaminò questi appunti, nel 1964, fece una nota accanto alle parole ‘Avventure… Uomini di pietra’. ‘Da considerare soltanto un’avventura’. Ma l’intera idea di Gondor (la terra di pietra) nacque da questo appunto. (Aragorn, ancora chiamato Trotter, non aveva alcun collegamento con essa allora, e veniva ancora concepito come un hobbit che aveva ceduto alla sete di vagabondaggio)’.

In alcune note del 1964, Tolkien riesaminava il materiale scritto nel 1939-40. Christopher fa alcuni commenti sulla somiglianza dell’isola in mezzo al mare sulla quale si reca Frodo con l’idea dell’isola di cui Elrond parla a Bilbo (la Britannia?) ecc. in una fase antecedente – il che fa pensare al ‘Cottage of Lost Play’ del Libro dei Racconti Perduti 1.

7) Alla fine. Quando Bingo raggiunge la Voragine… non riesce a distruggere l’Anello?.. In quel momento Gollum… lo assale e fa un ultimo, disperato tentativo di riprendersi l’Anello. Lottano, Gollum recupera l’Anello e cade della Voragine… Eruzione… Mordor scompare come una nube di fumo nero. Viaggio di ritorno a Gran Burrone. Bilbo è in pace, si sistema… finché un giorno non parte con gli Elfi oltre le torri. Meglio – nessuna terra è rimasta intoccata, tutti gli hobbit sono occupati a fabbricare spade.’

[Come sottolinea Christopher:

È notevole trovare fin da ora – quando ancora non esisteva traccia della vasta struttura che sarebbe emersa dall’opera – che la corruzione della Contea e la cruciale presenza di Gollum sulla Montagna di Fuoco erano già elementi esistenti.’]

8) L’Anello è stato distrutto,’ disse Bilbo, ‘e mi sento stanco. Dobbiamo dirci addio, Bingo – ma questo è un bel posto per dirsi addio, nella Casa di Elrond, dove i ricordi durano a lungo e sono dolci…’ Note di CJRT: ‘Sembra che in questa fase mio padre avesse deciso che Bilbo sarebbe morto a Gran Burrone.’ (p. 381 H6).

9) Un appunto intitolato ‘Trama dal XII in avanti’: ‘Qui ad aspettare la Primavera? Oppure devono partire subito. Vanno a sud lungo le montagne. Presto o tardi? Tempesta di neve al Passo Rosso. Viaggio fino a R. Cancello Rosso. Avventura col Gigante Barbalbero nella Foresta. Miniere di Moria. Sono ancora deserte – fatta eccezione per i goblin. Terra di Ond. Assedio della Città. Si fanno più vicini ai confine di Mordor. Nell’oscurità Gollum si avvicina… ma ora Gollum ha un anello magico datogli dal Signore ed è invisibile. Frodo non osa usare il suo. Cavalcata delle forze del male guidata da sette Cavalieri Neri. La Torre Oscura è visibile all’orizzonte. La terribile sensazione di un Occhio che lo cerca. La Montagna di Fuoco. Eruzione della Montagna di Fuoco che provoca la distruzione della Torre.’

10) Riflessioni sulla natura del Gigante Barbalbero nella Foresta di Fangorn. Frodo si imbatte nel giardino di Barbalbero discutendo accanitamente su cosa costituisce un buon giardino, finché non si accorge che ciò che gli sembrava la radice di un’enorme quercia era in realtà una grossa gamba legnosa con un piede simile a una radice e molti dita simili a rami. [CJRT evidenzia (p.384 H6) : “Questa è la prima immagine di Barbalbero: dall’aspetto, sembra più una figura appartenente al vecchio Hobbit che non al nuovo.” ]



Quindi, è in questa fase che Tolkien giunge al bivio in cui decidere dove portare ISdA. Sembra chiaramente possibile che ciò che viene indicato nei punti dall’ (1) al (6), e forse al (10), è un drastico tentativo di, per usare un termine moderno, smorzare i toni. Forse l’autore sta provando ad arginare ISdA per mantenerlo un seguito limitato a una storia per bambini e per smettere di “saccheggiare” il QS o le sue leggende Númenoreane. Stanley Unwin, dopotutto, aveva detto che il QS sarebbe stato un’ottima fonte a cui attingere per creare altre storie di hobbit. Vedi la lettera a Tolkien (Biografia, p. 238) scritta da Unwin nel Dicembre del 1937:

Il Silmarillion contiene un mare di materiale fantastico: una vera e propria miniera da esplorare per scrivere altri libri simili allo Hobbit, piuttosto che un libro in se stesso. Mi sembra di aver capito che più o meno questo fosse anche il suo punto di vista, o sbaglio?’

Sbagliava eccome! Questo non era affatto quello che voleva JRRT! Il QS era l’opera del suo cuore, e usarlo come miniera a cui attingere ne avrebbe impedito la pubblicazione come opera indipendente. E nella sua risposta a Stanley Unwin lo afferma chiaramente:

Mi sembra evidente… che è necessario un seguito o un successore a Lo Hobbit. Ma… i Silmaril sono nel mio cuore.’

E così, nel 1939, notando che il riciclaggio di temi dal QS si infittiva, Tolkien potrebbe aver dubitato di questa tattica ed essersi chiesto se era veramente così che voleva procedere. ISdA stava diventando un libro troppo “dark”, non più un libro per bambini. Forse Tolkien non ne vedeva nemmeno l’utilità, considerato che aveva una ‘mitologia personale’ più seria e interessante a cui tornare quanto prima. Unwin voleva un seguito a Lo Hobbit, e applicando parte o tutti dei cambiamenti dall’ (1) al (6) e il (10) nella lista dell’Agosto del 1939, Tolkien poteva mettere insieme questo seguito meno oscuro, più comico, più breve. Sarebbe risultato in un lavoro molto più breve per lui, e allo stesso tempo avrebbe potuto recuperare il materiale del QS, liberarlo e continuarci a lavorare. Arriva addirittura a suggerire nella lettera ad Unwin di dover prepararsi a pagare per poter pubblicare il QS.

Ma dal punto (7) in poi, sembra che a Tolkien fosse rimasta la pulce nell’orecchio, almeno per quello che riguardava la prosecuzione della storia in forma scritta. Specialmente il punto (9) sembra definire lo scheletro della parte di storia ancora da raccontare. Forse era ancora diluita dalla titubanza a cimentarsi in una storia per bambini dai temi così adulti. L’avvicinamento de ISdA alla sua mitologia doveva ancora completarsi, ma Tolkien aveva fatto un grosso passo avanti decidendo di concentrarsi sul resto della storia. Decise di effettuare una nuova revisione di quanto aveva già completato, ma non si trattò una riscrittura completa dei primi capitoli, bensì di una rielaborazione di alcune parti della Terza Fase. Nel frattempo, Tolkien continuò a scrivere partendo dal punto che aveva raggiunto nella Fase Uno e nella Fase Tre, portando la storia avanti nello stesso tempo.

Gli sviluppi della poesia Errantry ci offrono un possibile indizio sul momento in cui ISdA divenne effettivamente parte del ‘Legendarium’, come Tolkien lo chiamava. Christopher esaminò molte successive versioni della poesia che Bilbo finì per recitare a Gran Burrone, e dice (p. 96, H7):

La sesta [versione] è uno splendido piccolo manoscritto, tracciato su quattro fogli di carta, l’ultimo dei quali è il retro di una lettera indirizzata a mio padre e datata 13 dicembre 1944. La poesia poi viene riportata nel suo stato attuale. È significativo il fatto che Eärendel non venga menzionato, al suo posto compare un Allegro Messaggero, che a un verso dice: ‘Sull’albero della nave fu posta una stella’. Si trattava forse del Silmaril della storia di Eärendel? È difficile esserne sicuri”.

Christopher poi continua ad esaminare la versione precedente:

Anche se non posso darlo per certo, credo sia lecito supporre che sia trascorso un lungo lasso di tempo tra le versioni con l’ ‘Allegro Messaggero’ [che comprendono quella sopra menzionata] e quelle del secondo gruppo, che chiamano Eärendel il marinaio. Il verso corrispondente alla versione precedente, in questa versione della poesia, dice: ‘il Silmaril era allo stesso tempo/lanterna brillante e bandiera al vento’. (versi 71/2), e al verso 93: ‘sulla Terra di Mezzo passò volando’. “

La Terra di Mezzo non veniva mai menzionata nelle versioni precedenti.

CJRT aggiunge (p.103 H7)

Ora posso finalmente riportare il verso di Eärendel nella forma in cui avrebbe dovuto essere pubblicato’.

Nella Stanza 4, leggiamo i versi: ‘Per sentieri che i mortali non percorrono mai/dalla Terra-di-Mezzo con vento possente’ In questa forma, la Terra-di-Mezzo fa uso della lettera maiuscola e di un trattino d’unione e in tale forma appare anche nella quinta versione del Consiglio di Elrond (p.144, H7) e viene detto che alla distruzione di Númenor, Elendil giunse nella Terra-di-Mezzo.

Da tutto questo, dunque, possiamo desumere che passò un lungo intervallo tra la versione del Dicembre 1944 e la prima versione di Eärendel, in cui viene menzionato il Silmaril sull’albero, proveniente dal QS, e la ‘Middle-earth’ acquisisce la lettera maiuscola e il trattino d’unione. Il fatto che questa versione fosse probabilmente destinata a comporre una versione che Bilbo avrebbe dovuto recitare all’Ultima Casa Accogliente rende assai probabile la presenza già stabilita di vari collegamenti. La cosa importante da sottolineare è che fu possibile soltanto nella tarda fase del 1945-47 che i collegamenti più solidi fossero al loro posto, definendo le Tre Ere del Sole, corrispondenti alle tre opere: QS, ‘Akallabeth’ e ISdA.

Questa teoria trova anche supporto dalle Lettere, in cui la prima Lettera a menzionare il ‘Legendarium’ e il suo concetto di collegamenti trasversali è datata 1948. Un altro suggerimento che colloca la fissazione di questi collegamenti in tarda epoca appare nel periodo 1944-46. Tolkien aveva abbandonato ISdA e aveva provato a riscrivere la ‘Lost Road’ sotto forma dei ‘Notion Club Papers’, per poi tornare a lavorare su ISdA soltanto quando aveva esaurito tutte le idee e tutti i tentativi di completare quest’opera, che andava a costituire la storia incentrata sul tempo da affiancare a quella sullo spazio scritta da C.S. Lewis (Fuori dal Pianeta Silenzioso).

È probabile che l’origine degli Anelli del Potere venne ulteriormente approfondita durante la stesura dei capitoli su Galadriel (p.255, H7). Tolkien tentò di sviluppare vari concetti, e il più vicino che abbiamo recitava così:

Si dice che essi [gli Anelli] vennero costruiti prima da Fëanor, il più grande tra tutti i forgiatori degli Elfi dell’Ovest, la cui abilità era superiore a tutti coloro che vivono o sono mai vissuti. Sua era l’abilità, ma l’idea era invece del Nemico. Egli costruì tre anelli, gli Anelli della Terra, del Mare e del Cielo. Ma in segreto il Nemico forgiò un Anello, l’Anello Dominante, che controllava tutti gli altri. E quando il Nemico fuggì oltre il Mare e giunse nella Terra di Mezzo, egli rubò gli anelli e li portò via. E ne costruì altri simili, che però erano falsi.’

Questa è un’estrapolazione diretta dal QS, addirittura della sua trama principale, che rimpiazza i tre Silmaril coi tre Anelli e probabilmente mette Sauron al posto di Morgoth (anche se non è chiaro dalle parole di Tolkien). Se Tolkien avesse accettato tutto questo, avrebbe gravemente compromesso l’integrità del QS stesso – il che ci dà un’idea dei gravi pericoli che Tolkien correva quando lasciava che ISdA prendesse a prestito troppi elementi dalle sue altre tradizioni. Come già illustrato, la posta in gioco per Tolkien era alta nel momento in cui egli ampliava ISdA in questo periodo, prima che venisse considerato un’opera “seria” o una parte delle sue opere serie. Alla fine, Tolkien (p.259 H7) decise che sarebbero stati i fabbri Elfici della Terra di Mezzo a forgiare gli Anelli, e che Sauron era presente alla loro creazione – trasformando un evento cruciale del QS in modo sufficiente a non causare problemi alla sua opera più “seria”.

Per trovare una prova dell’inizio della creazione del ‘Legendarium’ dovrò fare ancora una volta ritorno alla lenta procedura di sviluppo de ISdA:

Alla prima Mappa del Signore degli Anelli (e alla descrizione che ne fa Christopher – p.295 H7) vengono aggiunti un paio di capitoli dopo la parte che Christopher riscrive per suo padre il 4 Agosto del 1942. È cosa piuttosto sorprendente che una mappa vera e propri richieda cinque anni per essere tracciata… e che poi si riveli una mappa notevolmente diversa rispetto alla Mappa della Terra di Mezzo che i lettori oggi conoscono (anch’essa disegnata da Christopher per suo padre poco prima della pubblicazione de ISdA). È possibile che sia stata sviluppata gradualmente nel corso degli anni, ma se così, perché le varie ‘parti’ già mostrate non erano state mostrate separatamente nei libri precedenti? Il testo stesso rivela che esistevano varie incertezze a livello geografico nei primi cinque anni. Christopher descrisse la prima mappa come

la mappa di lavorazione che mio padre usò per molto tempo, e quindi rimase nello stato in cui l’aveva lasciata – e si trova tuttora; rappresenta un’evoluzione, piuttosto che una mappa geografica già fissata’ (p.296, H7) e ‘molto di ciò che è rappresentato sulla parte direttamente viibile di A risale all’inizio, e naturalmente buona parte di essa derivava dalla Mappa delle Terre Selvagge de Lo Hobbit’.

La cosa importante in questa nota è la tardività con cui vennero definiti i dettagli degli elementi geografici. Carpenter cita un detto di Tolkien nella biografia (p. 240) riguardo ai contenuti geografici:

[Tolkien] disse una volta ‘Se vuoi narrare una storia complicata, devi preparare una mappa; altrimenti non riuscirai mai a tracciarne una a storia ultimata’.

Viene da pensare che questa osservazione fosse basata sulla difficile esperienza personale di porre rimedio proprio a tale spinoso problema. A quanto pare, Tolkien non si mise a tracciare le mappe necessarie sufficientemente presto durante la stesura de ISdA, e da questo nacquero le varie incongruenze che Christopher evidenzia più volte nei volumi della History of Middle Earth riguardo a ISdA. Barbara Strachey (nel suo I Viaggi di Frodo) e Karen Fânstad (nel suo Atlante della Terra di Mezzo) tracciarono molte mappe della Terra di Mezzo basandosi sul testo scritto, ed entrambe dovettero far fronte a vari problemi di interpretazione del testo e a prendere una decisione autonoma in merito. L’anomalia più evidente riguarda la radura in cui si trovano i troll: ne LH i nani vedono la luce dal falò dal fiume, mentre Aragorn e gli hobbit ci mettono molto più tempo a raggiungere la stessa radura dallo stesso punto di partenza. Christopher fa notare (H6, p.200-204):

Perduto o meno, sembra quasi possibile che il ramingo, pressato da molte urgenze, possa passare sei giorni per raggiungere un punto che i Nani avevano raggiunto in un’ora’.

Christopher ci offre un prezioso punto di vista sullo stato delle cose anche nell’ultima fase della scrittura. Cita una lettera inedita che suo padre scrisse il 5 Maggio 1947 a Stanley Unwin:

Il libro (il Cacciatore di Draghi) non è certo un degno successore de Lo Hobbit, ma la vita reale mi concede assai poco tempo per lavorare al vero seguito’.

Tolkien non suggerisce che ISdA sia il vero seguito al QS, una posizione che assumerà energicamente nella corrispondenza successiva, sia con Stanley Unwin sia con Milton Waldman solo tre anni dopo (vedi le Lettere 123, 124, 125, 126, 131 – dal Febbraio 1950 al 1951), ad esempio (Lettera 124):

il manoscritto del lavoro che vi o proposto, ISdA, che originariamente doveva essere il seguito de Lo Hobbit… non è propriamente un seguito a Lo Hobbit, ma al Silmarillion’.

Il primo riferimento a una sequenza temporale che abbracci tutte le sue opere è una lettera (Lettera 115) datata 15 Giugno, purtroppo priva dell’anno (presumibilmente il 1948) a Katherine Farrer, in cui Tolkien scrive:

Sono seccato (con me stesso) per non riuscire a trovare gli ‘Anelli del Potere’, che insieme alla ‘Caduta di Númenor’ sono il legame tra il Silmarillion e il mondo de Lo Hobbit’.

Ma potrebbe trattarsi anche di un periodo successivo. In quale Era del Mondo ci troviamo nelle ultime fasi della composizione? Christopher dice riguardo al capitolo Molte Separazioni (p.68, H9):

Un punto curioso è quello in cui Gandalf dice che ‘Qui ha inizio la Terza Era’, frase che viene ripetuta nella versione C ma che viene trasformata in ‘Ha inizio la Nuova Era’ ne ISdA (la versione finale pubblicata).

Il concetto definitivo delle Ere del Sole non era ancora stato fissato, nemmeno in questa tarda fase della composizione. Questo ci viene anche confermato (per quanto abbia senso parlare di conferma) da Christopher in H12, nel risvolto di copertina del libro:

Quando Tolkien mise da parte il Silmarillion nel 1937, l'espansione della 'mitologia' originale nelle Ere del mondo successive era a malapena affiorato, o addirittura assente; come egli stesso scriveva, non sapeva nulla delle genti e della storia di queste ere finché 'non le incontrava lungo la strada': ‘Le miniere di Moria erano soltanto un nome: e di Lothlórien neanche una parola aveva mai raggiunto le mie orecchie mortali, finché non vi giunsi. La Foresta di Fangorn era un'avventura inaspettata. Non avevo mai sentito parlare della Casa di Eorl o dei Sovrintendenti di Gondor. Saruman non mi era mai stato rivelato.' Fu nelle Appendici de ISdA che emersero una struttura storica omnicomprensiva e una cronologia della Seconda e della Terza Era, raccogliendo tutti i fili diversi e intessendoli assieme nella Guerra dell'Anello. [il grassetto è mio]

Quindi, prima era stato scritto ISdA, e poi la struttura globale era emersa, probabilmente attorno al 1950-51, o forse circa un anno prima.

La sezione più interessante de The Peoples of the Middle-earth è quella che esplora la composizione del Calcolo degli Anni della Seconda Era (p.166-187, H12). Tolkien afferma in questi scritti che

'le Ere durano circa 3000 anni' (p.166 H12).

Christopher commenta

'Queste non solo sono le prime parole scritte riguardo a tale cronologia, ma rappresentano anche il momento effettivo della sua definizione, come è lecito desumere dalla palese natura sperimentale dei calcoli effettuati.'

Si può presumere che Tolkien fosse a un punto cruciale: riscrisse lo schema rapidamente, rielaborandolo e compilando 4 manoscritti, per poi passare ai dattiloscritti. Man mano che ogni versione viene compilata, nuovi elementi vengono aggiunti nella Prima e nella Terza era (es. p.168, H12) - alla fine, viene menzionata anche la Quarta Era nella terza stesura (p.173, H12). Christopher, commentando il quarto manoscritto, suggerisce (p.177, H12)

Il fatto che Avallon fosse ancora il nome di Eressëa (e non quello del rifugio) mostra senza ombra di dubbio che l'Akallabeth era ancora in fase di prima stesura [vale a dire attorno al 1950-1, come determinato più sopra]. Ritengo altamente probabile che questo testo T4… appartenga allo stesso periodo dei testi F2 e D2…' e nel dattiloscritto (p.178 H12) : ‘Mio padre scriveva molto rapidamente, più di quanto non fosse in grado di fare, e commise molti errori che naturalmente dovetti correggere…'

Come spiegato da Christopher, Tolkien doveva lottare contro le date di consegna per la pubblicazione de ISdA, e allo stesso tempo sfrondare drasticamente la lunghezza del Calcolo degli Anni. Anzi, Christopher crede (p.181 H12) che:

A quel punto, dato lo stato delle cose, ISdA sarebbe stato pubblicato senza alcuna versione, per quanto breve, della storia di Númenor.'

In questo periodo Tolkien stava già rielaborando Galadriel per inserirla nelle leggende della Prima Era (vedi p.174 e Nota 10, p.185 H12). La cronologia della Terza Era (il Calcolo degli Anni) veniva compilata allo stesso tempo (p.190 H12), il che indica che Tolkien stava lavorando alla cronologia nella sua interezza, definendo i dettagli man mano procedeva. Sembrerebbe che il momento dell'eureka - se mai vi fu un tale momento preciso - giunse nel 1950 e che il Calcolo degli Anni fu il catalizzatore che lo spinse a raccogliere tutte le sue opere sotto un tema omnicomprensivo, e così nacque il 'Legendarium' (menzionato per la prima volta nella Lettera 153), qualcosa che i lettori di Tolkien davano per scontato e consideravano un 'dato di fatto', ma che era stato tutt'altro che ovvio per l'autore nei lunghi anni della sua composizione.

Eppure, agli occhi di un lettore della 'HOME' dal 6° al 9° volume, sembra che Tolkien avesse l'ovvia risposta davanti agli occhi tutto il tempo. Come poteva non essere evidente ciò che andava fatto? Ma tali riflessioni possono essere fatte solo retroattivamente. Per usare un'analogia, Tolkien era come Cristoforo Colombo, nel 1492, alla guida di tre navi oltre l'Atlantico in cerca di una nuova rotta per l'Estremo Oriente, rispetto agli autori fantasy di oggi, che sono come i passeggeri moderni di un QE2 impegnati in un viaggio di 5 giorni a New York, con tutto il viaggio già comodamente tracciato davanti a loro e un cellulare in mano per rimanere in contatto con la gente al di là dell'Atlantico. Colombo non aveva nemmeno idea che là fuori ci fosse un'America. In maniera molto analoga, Tolkien per molto tempo non ebbe alcuna idea che la "Terra di Mezzo" fosse là fuori, e ci volle ancora più tempo prima che componesse il suo 'Legendarium'. Il fatto che egli abbia creato ciò che ora ci sembra un'ovvietà è un altro segno della genialità di questo autore. Egli fu il primo a fare assieme due operazioni : comporre un possente coacervo di elementi all'interno di una Storia, e dare il via a un genere che riscosse un tale successo negli anni successivi da farci chiedere ora come fosse possibile che egli fosse così smarrito negli anni della stesura dell'opera.

Dunque ciò che ci rimane ne ISdA è la sensazione di cambiamento tra ciò che iniziò come un'opera "leggera" ma che si trasformò poi nel veicolo primario delle sue "sub-creazioni" più serie. Carpenter avverte questo cambiamento nei suoi commenti relativi alla composizione de ISdA: (p.247 della Biografia):

In quell' introduzione [al saggio Sulle Fiabe] Tolkien sosteneva, per giustificare lo stile elevato: "Eccoci d'improvviso saggiamente consci della nostra frivolezza, poiché evitando parole quali hitting e whacking ['colpire' e 'bastonare'] preferiamo striking e smiting ['percuotere' e 'battereì], se piuttosto che talk e chat ['parlare' e 'chiacchierare'] impieghiamo speech e discourse ['discorrere' e 'colloquiare'] se lasciamo stare termini come well-bred, brilliant o polite noblemen ['gente perbene, brillante e gentile'] - che sanno di gazzette spocchiose, o di grassoni in riviera - e preferiamo worthy, brave and courteous men ['uomini valorosi, intrepidi e cortesi'], vocaboli di tanto tempo fa." Da quel punto in poi mise questi precetti stilistici in pratica sempre più spesso nella stesura de ISdA… eppure Tolkien non operò molte revisioni stilistiche dei primi capitoli, che erano stati compilati seguendo una vena molto più leggera; ed egli stesso notava, leggendo di nuovo il libro venticinque anni dopo: "Il primo libro è davvero molto differente dal resto dell'opera."

Però Carpenter, come tanti altri prima e dopo di lui, presumeva che dopo aver scritto Sulle Fiabe, Tolkien avesse messo quelle idee subito in pratica ne ISdA. Ma Tolkien invece , in quel saggio, aveva in mente il QS, non il ‘Nuovo Hobbit’. Il fatto che egli concesse al primo libro de ISdA di rimanere così com'era, conservando al suo interno così tante anomalie che sorprendono e affascinano, è un'altra connotazione del suo genio: serve a convalidare l'effetto di 'mediazione' dell'opera possente che poi si rivela: non solo gli hobbit fungono da mediatori, ma la storia stessa è una mediazione tra 'leggero' e 'serio', conducendo gradualmente il cinico lettore moderno nel suo mondo e ottenendo la sospensione dell'incredulità in modo graduale. Il fatto che non tutte le anomalie rimaste possano essere ricondotte al QS ma provengano invece da una vasta gamma di altre opere, sia pubblicate che inedite, è ulteriore fonte di fascino per quei lettori che desiderano sapere di più ed esplorare i traguardi raggiunti da questo autore straordinario.



[Traduzione dall’inglese di Fiorenzo Delle Rupi]