In memoria di Lorenzo Daniele


Il 13 Agosto del 2017 allo ospedale di Ivrea, a causa di un tumore al fegato, è morto Lorenzo Daniele, amico dei membri della redazione di “Endòre” e collaboratore di della rivista e già prima di “Terra di Mezzo”, con suoi saggi e testimonianze e poi soprattutto con i suoi disegni e dipinti. Tutti i numeri di “Endòre” prima cartacei e poi online hanno come copertina un dipinto di Lorenzo Daniele. Egli infatti nel corso dei primi anni di questo secolo aveva dipinto una scena di ciascuno dei 62 capitoli de Il Signore degli Anelli. Essi si possono vedere online sul sito della rivista.


Lorenzo era nato a Pratiglione Canavese il 10 Agosto (notte di san Lorenzo) del 1956.

Aveva cominciato a collaborare a “Terra di Mezzo” nel 1994. Varie volte era venuto a Brescia per le “tavole rotonde” di “Endòre” e varie volte eravamo andati a trovarlo a Pratiglione Canavese vicino a Ivrea dove viveva da solo con il cane Roc e poi con il cane Balto. Si dedicava alla pittura, alla lettura (di Tolkien, Ildegarda di Bingen, Carl Gustav Jung, tra gli altri), alla agricoltura perchè aveva “un po' di terra”, al tiro con l'arco e al motociclismo.


Lorenzo lascia la cognata Alida, moglie del fratello Enrico (anche lui morto), e i loro due figli Valerio e Riccardo , nipoti di Lorenzo.


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ricordo di Beppe Roncari


Di Lorenzo Daniele ricordo la pipa, l’arco e il pennello.

La pipa quando facemmo insieme un viaggio in Inghilterra con Paolo Barbiano di Belgiojoso. Andammo ad Oxford sui luoghi di Tolkien, l’Exeter College, il “Bird & Baby”, il pub dove si incontrava con gli Inklings, la sua casa per conoscere sua figlia Priscilla e suo figlio John. Infine ci recammo anche alla sua tomba dove è sepolto insieme alla moglie Edith Bratt. Sulla sua lapide è inciso anche il nome di Beren e su quella di Edith quello di Luthien.

L’arco quando andai a trovarlo nel Canavese, dove abitava. Passammo un bel pomeriggio insieme agli amici di Endòre e mangiammo benissimo. Neanche sui colli piacentini avevo mai mangiato così bene come in quella piccola trattoria di paese.

Il pennello con cui dipingeva i suoi quadri, per cui creava lui stesso i pigmenti, usando terriccio, erbe e minerali. Quando mi laureai, comprai un suo quadro “Beren che combatte contro i ragni sugli Ered Gorgoroth”. Sembrava perfetto visto che la tesi parlava di Tolkien (“Beren”) e Internet (la “Rete”).

Ci mancherai, Lorenzo, sei stato un’ispirazione come scrittore, come artista e come uomo. E un caro amico.


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Ricordo di Elena Grecchi


Come si fa a scrivere un ricordo? Il solo fatto di scriverlo significa accettare il fatto che Lorenzo non c’è più. È questo è triste. Nella nostra vita frenetica con un occhio sempre fisso sul cellulare e mille cose da fare e organizzare è facile dare per scontata la presenza delle persone. Che però scontata non è.


Lorenzo viveva in Piemonte, nel canavese. Quando l’ho conosciuto io vivevo in un paese in provincia di Milano, Bernareggio. Era più grande di me e io lo ascoltavo raccontare con il suo accento piemontese dell’arco che stava costruendo, dei tempi in cui leggere il Signore degli Anelli era quasi un atto sovversivo, delle vigne… Una volta siamo andati a trovarlo a casa sua e ci ha portato a mangiare in un posto che a quei tempi mi era sembrato pittoresco, ovviamente abbiamo mangiato benissimo.


E poi ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, anche lui del canavese. Una delle ultime volte che l’ho visto gli raccontavo di questa nuova conoscenza e lui con naturalezza mi ha spiegato la differenza tra il dialetto di un paese del nord del Piemonte e uno del sud dicendo la stessa frase con sfumature diverse. I suoi occhi brillavano e chissà cosa ha visto nei miei.


Mi manca il suo sorriso sornione, il modo che aveva di guardarmi come se vedesse bene tutto quello che non dicevo, ma sono contenta di aver fatto un piccolo pezzo di strada con lui, non lo dimenticherò.


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ricordo di Carlo Stagnaro


Ho avuto la fortuna di conoscere Lorenzo Daniele quasi vent’anni fa, quando ci incontravamo a casa di Franco Manni come dei veri hobbit: per mangiare, fumare la pipa, discutere della Terra di Mezzo e allestire i primi numeri “Terra di Mezzo” e di “Endòre” (non necessariamente in quest’ordine).


E’ passato tanto tempo e i fatti della vita ci hanno divisi; non abbiamo più avuto occasione di incontrarci. Per questo il mio ricordo di Lorenzo è viziato dagli anni. E’ fatto di pennellate impressionistiche. La sua cadenza piemontese. Il suo volto sorridente. La sua voce sempre ferma. Il profumo della sua erba pipa.


Ho saputo della sua scomparsa da Franco, in uno di quei messaggi che non vorresti mai ricevere e che al tempo stesso ti dà l’occasione di fermarti a riflettere, e di riannodare i fili col passato e con gli amici. Lorenzo era un hobbit in tutto tranne che nella statura (al pari di un illustre precedente), e forse anche questo fa parte del personaggio: testone come solo i piemontesi, sempre pronto allo scherzo, pieno di spirito e ricco di cose da raccontare, abile con la parola e con la penna. Capace di arricchire la discussione, che fosse un appassionato dibattito su qualche aspetto della sub creazione tolkieniana, sulla politica o sul tempo.


Sembra retorica dire che avrei voluto conoscerlo meglio, ma non lo è: è quello che si è spesso portati a pensare e provare quando ciascuno segue un suo percorso e si trova lontano dagli altri, e quando te ne accorgi è troppo tardi.



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ricordo di Franco Manni


Avevo incontrato Lorenzo ai primi incontro con la Società tolkieniana italiana a Pilzone sul lago di Iseo nel 1993. Ricordo che da subito avevo visto in lui un qualcosa di diverso dalle altre persone là: le altre persone là mostravano questo o quello delle loro cose ed attività e conoscenze (e ambizioni), lui mostrava che gli ero simpatico ed era interessato a me come persona; ci era dunque lo spazio per la amicizia.


Eravamo entrambi single e questa era certamente una cosa che ci accomunava ! Lui però non sentiva la solitudine, diversamente da me. Era assai più indipendente. Però aveva piacere quando lo andavo a visitare a Pratiglione... le prime volte ricordo il ristorante (quale nome? Mah!) in un paesino vicino a Pratiglione con la cucina piemontese favolosa cioè da favola come nelle storia per bambini con le portate massicce che non finivano mai e con quel fritto misto piemontese dove ci è di tutto.... mi venne la nausea in effetti giustamente, ma ricordai questa atmosfera da favola con piacere.


Mi portava anche ad altri posti santuari, boschi cocuzzoli. Ma mi piaceva anche stare nella sua casa-torre nel suo bel soggiorno con la vista panoramica e pieno di libri e vedevamo film fantasy come Beowulf e parlavamo di Tolkien e dei tolkieniani.


Non era comunista non era fascista , era un po' leghista, non era cattolico o credente, ma aveva una spiritualità che non so come prendere o capire o ricordare... legata alla natura e alle sue forze e, forse, alla simpatia tra i viventi. Valorizzava Jung.


E, anche, soprattutto so che, in maniera indiretta e delicata e rispettosa, egli capiva le difficoltà e i drammi della mia vita e solidarizzava e mi voleva bene.

Fumava la pipa e sorrideva ammiccante. Eh, eh.



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ricordo di Alberto Quagliaroli

Personalmente ho incontrato Lorenzo non tante volte e sempre in occasione di riunioni in cui abbiamo parlato prevalentemente di Tolkien e del suo Legendarium, e l'ho sempre trovato amabile, gentile, e profondo. Nei colloqui su Tolkien mi pare di ricordare che fosse sempre molto attento alla dimensione simbolica e psicologica degli intrecci del Legendarium; e fu sempre una ricchezza poter discutere e parlare con lui.

Mi incuriosiva il suo cristianesimo, particolare, ma aperto e intelligente, e il senso poetico che traspariva nell'esprimerlo; una volta mi parlò della possibilità di 'diventare' diacono della Chiesa cattolica, ma non approfondii molto questo suo desiderio, un po' perché non volevo entrare troppo nella sua sfera personale, e un po' perché, sapendo che non potevamo trovarci spesso e che abitava in una diocesi che non conoscevo, non pensavo che avrei potuto essere d'aiuto in quella sua eventuale scelta.

I suoi quadri, che ho visto soprattutto come copertine della rivista “Endòre”, mi sono sembrati veramente impregnati di quello che si potrebbe chiamare 'spirito tolkieniano' e il suo stile era molto user-friendly, nel senso di rilassante e coinvolgente, nonostante il grafismo delle scene possa far pensare ad una certa freddezza, o ad un carattere iconografico poco espressivo.

La sua malattia credo che lo avesse limitato molto negli spostamenti, e da non pochi anni non lo incontravo più. Credo proprio di dovermi sentire in colpa per non averlo sentito che forse una sola volta per telefono durante gli ultimi anni della sua vita, anche se ciò che mi tratteneva era più che altro la conoscenza effettivamente non profonda che avevamo l'uno dell'altro che mi faceva temere di essere invadente.

Ora è nella quiete al di là dei 'confini' del mondo. E sono certo che vive nella pienezza della vera vita.


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ricordo di Filippo “Jedifil” Rossi


Conobbi Lorenzo Daniele molti anni fa, purtroppo troppi anni fa… un ragazzo molto gentile e discreto, il cui ricordo m’è tristemente svanito a causa della mancata frequentazione. Ma è impossibile svanisca il ricordo del suo disegno. Daniele è sempre stato e sarà sempre l’autore di illustrazioni clamorose, estremamente espressive, che mi colpirono tantissimo e ancora oggi mi stupiscono. La loro personalità era, è e sarà debordante, il loro immaginario vasto, lo stile precisissimo ed estremamente grafico.



Recentemente ho avuto modo di osservare con grande e concentrata attenzione il suo capolavoro, l’intera raccolta di 62 disegni ispirati a tutti i 62 capitoli de Il Signore degli Anelli di Tolkien, ordinatamente raccolti da “Endòre” sulla sua homepage. Alcuni li conoscevo già, altri li ho scoperti in questi giorni… Si tratta di un lavoro complesso, sterminato e controllatissimo, durato sette anni, che firma in maniera straordinaria la sua carriera.


I tanti giochi stilistici di Daniele si alternano, si danno il cambio e si complementano, lavorano sugli equilibri interni a ciascun episodio e su quelli più generali, intesi in senso di un lungo viaggio composto da varie stazioni tra loro conseguenti. Sono elaborazioni che affascinano e avvinghiano, portandoti tra rami, fronde, fiori e tronchi verso rocce e sassi coloratissimi, passando per i quattro elementi: ruscelli e cieli, falò e fanghi. I costumi, le anatomie e le fattezze sono adeguati ma volutamente semplici, per non distrarre chi deve perdersi in foreste rigogliose, caverne profondissime, montagne ciclopiche e voragini immense.


Il passare delle stagioni, basilare nello svolgersi del racconto dell’Unico Anello, è consegnato con una meravigliosa varietà di forme e colori, a costruire luoghi dell’anima ed evocare atmosfere sospese. Si esalta così la minuziosa e ordinata inventiva di Tolkien con un altrettanto minuzioso e ordinato universo visivo, direttamente ispirato allo stesso stile artistico dell’autore di Oxford – a sua volta capace di illustrare i suoi sogni, non solo scriverli.


Ecco, Daniele sa studiare e rispettare i disegni di Tolkien, eppure reinterpretarli e fonderli con il proprio modo di vedere e ritrarre le cose, le persone, gli eventi. Macchie di colore ben delineate e accostate, figure posizionate con attenzione, scenografie e coreografie bilanciate…


Tutto quanto l’artista sa plasmare, concorre ad accompagnare chi guarda in un altro universo. Si è i benvenuti in un personale universo fatato e ammantato di nostalgia, ma mai contagiato dal rimpianto: l’universo della Terra di Mezzo di Lorenzo Daniele.



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Ricordo di Paolo Barbiano


Esortato dal caro Franco che mi strappa ai miei consueti orizzonti balcanici in cui mi trovo immerso da ormai quattro anni provo a buttar giù qualche ricordo di Lorenzo. Qualche pennellata, pur non essendo un artista come lui.


Ci eravamo incrociati la prima volta a Pilzone, sul lago d'Iseo, nel lontano '95 credo, a un incontro della Società Tolkieniana di cui eravamo da poco membri. Entrambi un po' spaesati, Lorenzo aveva portato una cartelletta di disegni a china, motivi di draghi intrecciati e cose simili, da sottoporre per la pubblicazione. Ci rincontrammo mesi dopo a Brescia, a casa di Franco, a un incontro di redazione della rivista “Terra di Mezzo”, di cui eravamo diventati entrambi appassionati collaboratori. E come per il più illustre precedente degli Inklings, gli interessi comuni e l'amicizia con Franco fecero nascere un'amicizia anche tra noi. In effetti più che la sua collaborazione a “Terra di Mezzo” e successivamente a “Endóre”, che è abbastanza nota, vorrei rievocare le occasioni in cui ebbi la possibilità di conoscerlo meglio, e cioè le visite che gli facevo a casa sua, a Pratiglione Canavese, durante le vacanze estive, complice il fatto di trovarmi anch'io nel suo Piemonte. La nostra amicizia era fatta di uno o due incontri all'anno, non di più, da qualche eventuale riunione a Brescia e pochissima corrispondenza, per la quale non eravamo particolarmente portati, né io né lui. Eppure, come succede a chi vive da solo, la sua ospitalità, per quanto spartana, aveva un'intensità tutta particolare, una gioia nell'accogliere il visitatore che ti faceva sembrare squisito anche un semplice bicchier d'acqua.


A partire dal suo aspetto Lorenzo si poteva definire un “ramingo”, molto simile a come Grampasso apparve agli occhi degli hobbit quella sera alla taverna di Brea: “D'un tratto Frodo notò un individuo dall'aria strana, segnato dalle intemperie, che sedeva in ombra vicino al muro ascoltando attentamente la loro conversazione. Aveva un grosso boccale di metallo davanti a sé e fumava una pipa dal lungo cannello intagliato stranamente. Teneva le gambe distese e portava degli stivali alti di una pelle morbida e di ottima fattura, ma ormai alquanto logori e ricoperti di fango. Un mantello di pesante panno verde scuro scolorito dal tempo lo avviluppava interamente e, malgrado il calore della stanza, egli portava un cappuccio che gli faceva ombra al volto: ma i suoi occhi che osservavano gli Hobbit brillavano nella mezza oscurità.” La pipa c'era, l'aria vissuta e gli occhi luminosi anche, e al posto del mantello verde una immancabile giacca di tweed un po' lisa e scarpe spesse, da contadino. Di età indefinibile, più anziano di me, in realtà ci separavano solo quindici anni, ma col '68 di mezzo voleva dire molto. Lui era in qualche modo testimone di un mondo che non esisteva più. Non che gli chiedessi direttamente dettagli sulla sua biografia, con la mia solita ritrosia a fare domande (lo stesso errore di Perceval al castello del re pescatore?), ma ascoltavo avidamente ciò che sceglieva di raccontarmi e ovviamente qualche tassello veniva fuori ogni volta. Lui aveva letto il “Signore degli Anelli” nella prima edizione, in collegio a Torino, nei primi anni '70 ed era stata come un'illuminazione, una boccata di ossigeno, quella sensazione di “sanità e santità” di cui tanti hanno fatto esperienza e che ti portava a guardare il mondo con occhi diversi, più limpidi.


Nel suo passato non c'era solo Tolkien ovviamente. I suoi interessi erano molteplici e vari. C'era innanzitutto l'arte, sia in teoria che in pratica, come sappiamo, dove aveva sviluppato uno stile personalissimo, tutto particolare. Ricordo il momento magico quando nella stanza-studio all'ultimo piano della sua “casa torre”, apriva la cartelletta con i disegni e mi mostrava le sue ultime realizzazioni, chiedendomi un parere e raccontandomi i motivi di certe scelte cromatiche o stilistiche, le sue fonti di ispirazione e mi parlava dei suoi esperimenti tipo aggiungere propoli ai colori. Altro interesse, la cultura in generale. Lorenzo, cresciuto anche in un'epoca in cui c'erano meno distrazioni, era un uomo di molte letture. Lo testimoniava la sua biblioteca disseminata in vari scaffali in giro per la casa. Naturalmente lui li aveva letti tutti quei libri, alcuni più volte, e ti sapeva dire qualcosa su ognuno, anche solo se valesse la pena prenderlo in mano o no. Che io ricordi c'erano libri d'arte medievale e illustrazione fantasy, di grafica, di storia medievale, opere di Jung e di autori “spirituali” nel senso più ampio, alla ricerca di una lettura simbolica del reale ma senza sbandate nell'esoterismo, pochi classici, alcuni saggi, forse un po’ di filosofia, letteratura fantasy e ovviamente opere di e su Tolkien, in italiano e in inglese, lingua con cui aveva un rapporto un po' conflittuale.


Un posto particolare avevano i mistici, medievali (in primis Ildegarda di Bingen), e moderni, ma i mistici spagnoli della scuola carmelitana di cui gli avevo regalato via via le opere erano una novità per lui, e sono sicuro che se li sia letti con attenzione. Spesso si finiva a discutere di questo, dei massimi sistemi, degli amici comuni, delle nostre esperienze personali. Dal punto di vista della fede definirei Lorenzo un uomo in ricerca, a volte non del tutto ortodosso, forse meglio “non allineato”, sicuramente uno spirito libero, molto onesto e sincero. Mi accennò che in passato aveva frequentato anche un monaco francese conosciuto durante i suoi giri in moto nella Francia orientale. E quasi ogni volta, dopo la mia entrata in convento, a un certo punto mi prendeva da parte col tono di “a me lo puoi dire...” e mi chiedeva “Ma... senti, come te la cavi col voto di castità?” Da buon lettore di Thomas Merton (il famoso monaco scrittore che a un certo punto si era innamorato della sua infermiera). Per quanto riguarda lui al momento non sembravano esserci donne nella sua vita, ma mi parve di capire che nel suo misterioso passato ci fosse almeno una storia infelice.


Altra sua passione, relativamente recente, e molto “elfica”, il tiro con l'arco. Come per tutte le sue passioni ci si buttava con impegno, approfondendone anche la teoria e la storia. Mi raccontava con passione contagiosa del longbow inglese e della sua importanza nelle battaglie medievali, e di come il legno migliore per fabbricare un arco sia di gran lunga il tasso, che i Veneziani vendevano agli inglesi a peso d'oro... Ma poi lui si era procurato un “compound” moderno, con cui partecipava con buoni risultati a varie competizioni. Una volta me lo fece provare con esiti quasi comici: sembrava quella scena dell'Odissea in cui i pretendenti di Penelope non riescono neppure a smuovere l'arco di Ulisse, mentre lui apparentemente così mingherlino lo tendeva senza sforzo, spiegandomi che è questione di un particolare movimento delle spalle...


Delle giornate passate da lui ricordo il costante impegno per far sentire l'ospite a proprio agio, come mi portasse a visitare i luoghi notevoli dei dintorni, di quella parte di Canavese che lui per primo amava profondamente, come il santuario di Belmonte col suo panorama. Lorenzo era legato alla sua terra, era orgoglioso delle sue radici contadine e ancora si prendeva cura di un pezzetto di terra di famiglia, forze permettendo. Non disdegnava di inframmezzare espressioni e racconti in dialetto piemontese, che era la sua lingua materna, e tuttavia riuscivo a seguirlo senza troppo sforzo.


Vorrei ancora ricordare quella che fu la nostra “avventura” condivisa, il viaggio in Inghilterra nel settembre del '99, insieme a Beppe Roncari, a Londra e ad Oxford, alla Oxonmoot, la convention annuale della Tolkien Society cui ci eravamo associati. Per me una sorta di “saluto al mondo” (o così immaginavo) appena prima di entrare in convento, per lui il coronamento di una antica passione. Era affascinato come un bambino da quella città fino ad allora solo immaginata, e al di là di tutti gli incontri con i tolkieniani inglesi ed esteri più o meno strampalati, e le attività ludico-culturali, tutti e due rimanemmo toccati da due momenti particolari. La funzione commemorativa al cimitero cattolico, dove in mezzo alle varie tombe di fuoriusciti polacchi spiccava quella con l'epigrafe “Edith Mary Tolkien Luthien 1889-1971” e “John Ronald Reuel Tolkien Beren 1892-1973”. Nel '73 Lorenzo stava leggendo il Signore degli Anelli per la prima volta, credo, mentre io avevo appena imparato a parlare, ma ci prese entrambi un forte senso di gratitudine e di commozione. L'altro momento l'invito a casa di Priscilla Tolkien (per tutti coloro che partecipavano per la prima volta). Saputo che eravamo italiani e cattolici ci accolse con particolare calore e ci introdusse in un salottino pieno di cimeli presentandoci il fratello maggiore, John, prete in pensione, un po’ svanito, che prese a raccontarci di quando era giovane seminarista al collegio inglese a Roma nel '39, appena prima dello scoppio della guerra...


Negli ultimi anni di lontananza mia dall'Italia purtroppo non ci siamo più visti. Ero andato a trovare Lorenzo per salutarlo, prima di partire, e sapevo dei suoi problemi di salute, ma non pensavo che fosse l'ultima volta ci vedevamo. Ora lo immagino un po' come Niggle, anche lui un artista sottovalutato dal mondo, alla scoperta di come la sua opera è stata completata e trasfigurata dall'Artista da cui tutti abbiamo imparato ad apprezzare la bellezza. Ma concluderei con il commiato di Aragorn ad Arwen: “Non siamo vincolati per sempre a ciò che si trova entro i confini del mondo, e al di là di essi vi è più dei ricordi”. Arrivederci, o come dicono qui, mirupàfshim, carissimo Lorenzo!


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Ricordo di Alida Buffo


Non ricordo quando conobbi Lorenzo, abitava a Pratiglione, in Canavese, il paese vicino al mio, lo ricordo da sempre, lo vedevo passare per strada con la Sua Renault Alpine, baldo giovane, bello ed elegante, mentre andava al lavoro; si era diplomato Ragioniere negli anni 70 ed aveva trovato subito occupazione in una buona azienda della zona. Ho avuto modo di approfondire la conoscenza quando iniziai a frequentare Suo fratello, Enrico, che divenne mio marito nel 1985 e Lorenzo diventò mio cognato.

Lorenzo non si sposò, diceva di non essere fatto per il matrimonio e seguì la Sua convinzione,  ebbe due relazioni importanti durate parecchi anni, la prima con Rosella e poi con Luisa. Da subito si rivelò una persona particolare, amante degli sport un po’ alternativi, non da tutti, dapprima aveva un cavallo presso un maneggio della zona, poi si appassionò al deltaplano, ma la più grande passione da sempre è stata quella per le moto !  Ne ha avute parecchie,  l’ultima acquistata ancora alla fine del 2016, una …… nuova fiammante  ma contemporaneamente aveva anche una moto Guzzi che utilizzava regolarmente andando in giro con amici che condividevano la stessa passione.

Un altra Sua grande passione fu il tiro con l’arco, sport che svolse fino agli ultimi giorni della Sua vita. Utilizzava la balestra, ne ebbe parecchie e in questo sport coinvolse anche i Suoi nipoti, i miei figli Riccardo prima e Valerio poi; donò loro una balestra e li addestrava personalmente; fu grazie a questa attività che ebbi modo di passare molte domeniche con Lorenzo. Infatti accompagnavo i miei figli alle manifestazioni sportive a cui Lorenzo e i miei figli partecipavano; ricordo che si svolgevano nei boschi del Cuneese, le gare iniziavano di buonora, a volte c’era la neve e faceva molto freddo, a fine gare seguiva un pranzo conviviale con tutti i partecipanti; spesso Lorenzo si classificava ai primi posti. Negli ultimi anni aveva fondato un circolo di tiro con  l’arco al suo paese e ne era presidente.

Persona seria e schietta, un po’ sognatore, amava l’arte in varie forme, amava dipingere, era un artista che mal tollerava il lavoro d’ufficio, al chiuso, infatti nel 1987 decise di dimettersi dall’azienda dove lavorava, per dedicarsi maggiormente alla grande passione del disegno, della pittura.   Negli anni 80 dipingeva sia a china  che a colori, in casa nostra avevamo tanti suoi dipinti che spesso ci donava, lavori a china su legno, tempera, (si è cimentato anche in alcune sculture) in quegli anni sperimentò una tecnica con colori che si procurava personalmente dalla natura, dalla  terra e pietre del canavese; i disegni avevano perciò colorazioni piuttosto  scure, che andavano dal color terra bruciata, terracotta, arancione, giallo, al grigio verde, nero delle pietre, disegni astratti che rispecchiavano la Sua personalità, il suo carattere, a volte oscuro e tenebroso ma sempre pronto alla risata e alla facile battuta; ricordo che si ritrovava molto nel comico Ezio Greggio, ex ragioniere come lui, il suo motto x un certo periodo fu “presto che è tardi”.

Non sono ovviamente in grado di giudicare e parlare dell’artista che era in lui, la sua collaborazione con la rivista tolkeniana è stata per lui una grande soddisfazione come le varie manifestazioni e mostre alle quali, spesso, ha potuto esporre i Suoi disegni.  l’ultima occasione è stata nel mese di luglio 2017, pochi giorni prima della sua morte, in canavese venne inaugurato un locale a Montalenghe chiamato “ locanda della contea” o meglio “locanda degli Hobbit” per gli appassionati di Tolkien e chiamarono Lorenzo per esporre i suoi disegni ispirati appunti alle opere di Tolkien. All’inizio del 2018, sempre in questo locale, hanno esposto i Suoi dipinti ancora per un  certo periodo.

Sono tanti i ricordi, i pensieri che si accavallano nella mente di tutti gli anni che ho passato frequentando Lorenzo, è sempre stato buono, gentile e disponibile con me ed i miei figli, che andava a prendere a scuola in età scolare.  Potrei dilungarmi e raccontare tanto altro , ovviamente ricordi legati alla famiglia, amava conversare e raccontare le sue letture particolari, amava le cose belle, voleva essere libero di seguire le Sue passioni pur sapendo di dover restare da solo, come accadde anche nella malattia, anche perché, come diceva, non voleva gravare su di noi. 



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Il ricordo di Davide Cattaneo


è il disegno che mettiamo qui: “A Lorenzo Daniele – L'Arciere”.