Oronzo Cilli, Tolkien e l’Italia / J.R.R.Tolkien, Il mio viaggio in Italia, Il Cerchio, Rimini 2016, pp. 440



di Claudio Antonio Testi




CONTENUTO E COMMENTO GENERALE.


Questo testo raccoglie una mole enorme di informazioni (alcune del tutto inedite) che riguardano anche remotamente il nesso tra J.R.R.Tolkien e l’Italia. Il volume si apre con una prefazione di una pagina di Christina Scull e Wayne Hammond, seguita da una introduzione di nove pagine di Gianfranco De Turris, e due pagine di Oronzo Cilli come “Nota dell’autore”. Dopo questa parte introduttiva seguono quattro capitoli:

I- Voci, citazioni, opzioni e viaggi (1928-1966). Qui si raccolgono fonti primarie che attestano la presenza di Tolkien nel nostro paese, a partire dalle prime citazioni per studi filologici (inclusa la registrazione della sua voce su un Corso di conversazione inglese), fino al rifiuto da parte di Mondadori della traduzione del Signore degli Anelli (fatto questo documentato per la prima volta in maniera dettagliatissima). Questi aspetti culturali vengono inframezzati dalla traduzione dei diari di Tolkien (già ampliamente pubblicati in lingua inglese nella Chronology edta da Hammond e Scull) riguardanti i suoi due viaggi in Italia (1955 e 1962) così come la sua frequentazione della Dante’s Society;

II- Arrivo e diffusione (1967-1973). Si racconta, sempre alla luce di fonti primarie, la vicenda editoriale che portò alla pubblicazione de La Compagnia dell’Anello da parte di Astrolabio, e poi dell’intero Lord da parte di Rusconi, fino ad arrivare alla pubblicazione da parte di Adelphi de Lo Hobbit (1973) e all’acquisizione di Rusconi da parte di Bompiani.

III- Tra letture e visioni cinematografiche. Questa parte è dedicata ad alcune interpretazioni e giudizi che la cultura italiana ha dato di Tolkien. Adottato (come già noto) dalla destra dei campi Hobbit, viene anche raccontato come parte della sinistra lo recepì positivamente (curiosa e non banale la scoperta di un “Gandalf il Viola” degli indiani metropolitani). Si arriva poi a parlare della prima trilogia di Peter Jackson che termina nel 2005, a cui si fa seguire l’elenco di tutte la edizioni italiane delle opere di Tolkien fino al 2016.

IV I Protagonisti. Il capito finale contiene le interviste a Quirino Principe, Elena Jeronimidis Conte, Francesco Saba Sardi e Piero Crida.

Chiude il volume una cronologia (1954-73), una vasta bibliografia e indici analitici, nonché i classici ringraziamenti


PREGI


1- Il pregio maggiore del volume è la completezza di informazioni primarie qui rese disponibili al lettore.

2- Anche il metodo di ricerca adottato dall’autore è un plus del volume, vista la meticolosità e la precisione con cui sono riportati in maniera chiarissima tutti i riferimenti primari e secondari.

3- Infine, ottimo anche l’apparato finale di indici.


LIMITI


1- Partendo dalla copertina, ci troviamo di fronte a un testo con due autori e due titoli, e lo stesso viene riportato anche sul dorso: io personalmente non ricordo di aver mai avuto sottomano un libro con questa ambigua duplicità

2- il periodo che esamina il volume non è chiaro. La Cronologia è dal 1954 al1973, le prime tre parti coprono gli anni 1928-1973, e tuttavia si arriva a parlare dei film di Jackson (2005) fino alle ultime pubblicazioni del 2016. Il punto è che la parte storica trattata adeguatamente è quella dal 1928 al 1973, ma a questo punto, o si tratta con eguale attenzione anche lo sviluppo successivo (che avrebbe mostrato quanto inadeguati furono a livello critico la gran parte degli studi tolkieniani italiani), o ci si ferma prima.

3- visto che il testo documenta lo “scontro” italiano su Tolkien tra destra e sinistra, sarebbe stata doverosa anche la prefazione di quest’ultima cultura, mentre ritroviamo solo quella di Gianfranco De Turris, che in tal modo, come avviene per ogni prefazione, indirizza già il lettore verso una certa interpretazione dei fatti riportati (nonostante poi Cilli affermi che “il mondo creato da Tolkien non può appartenere a nessuno né tantomeno essere arruolato da questa o quella parte politica” [p.262]).

4- Infine, questo non è un tanto un libro su Tolkien, ma piuttosto su come la cultura italiana ha conosciuto e editato Tolkien, che è tutta un’altra cosa. Alla fine il lettore potrà aver più chiare le idee di questo recepimento, ma di Tolkien non avrà appreso nulla di più di quello che poteva fare senza questo testo. Infatti:

- le parti biografiche ovviamente ci dicono qualcosa di Tolkien, ma non sono frutto dello studio dell’autore che qui le traduce solamente da altre già note pubblicazioni (sarebbe come dire che la traduttrice di Carpenter ha scritto un libro su Tolkien perché lo ha tradotto);

- a livello di contenuti critici, non si esprime praticamente alcuna tesi: uno dei pochi è il riferimento (peraltro ben poco convincente) per cui la tarantella avrebbe influito sulla descrizione della fuga di Shelob.