EÖL - Storia di un emarginato volontario1



di Barbara Sanguineti



Il personaggio di Eöl si impone all’attenzione del lettore come uno dei pochi Elfi ‘degeneri’ della mitologia tolkieniana. Il suo ruolo negli eventi della Terra di Mezzo è limitato ma assai peculiare, come già evidente nel titolo stesso di questo articolo, basato su un ossimoro: Eöl è per molti versi un reietto - un individuo che vive isolato dal resto della comunità ed è spesso spregiato da essa, eppure ciò è per la maggior parte frutto del suo atteggiamento o della sua stessa scelta. Quali sono dunque le colpe, o le tendenze naturali, che gli sono attribuite da parte del resto della comunità elfica? Esamineremo questo aspetto nelle pagine seguenti.


Sotto un profilo più generale Eöl appartiene alla categoria di personaggi mitologici o letterari che uniscono allo straordinario talento come fabbri/artefici un carattere scorbutico, se non misantropia tout court: personaggi come Efesto/Vulcano nella mitologia classica, Volund in quella norrena o persino Fëanor per restare nell’ambito del Legendarium tolkieniano.


Incominciamo dunque a esaminare quali caratteristiche rendano Eöl un elfo particolare, prima di addentrarci nella sua storia e giungere a qualche conclusione sul suo ruolo.


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Come con la maggior parte dei personaggi del Legendarium, l’elemento iniziale da considerare è quel primo sigillo che Tolkien imprime su tutte le sue creazioni: il nome. Nel caso di Eöl, tuttavia, troviamo una singolare mancanza di dettagli.


Tolkien stesso ci dice che il nome ‘Eöl’ non ha significati né in Quenya né in Sindarin, dal momento che si tratta di un nome “primitivo”.2 Inoltre Tolkien liquida sbrigativamente ogni altra curiosità al riguardo con le seguenti parole: “Penso che il nome resterà. Non è davvero necessario che i nomi debbano per forza avere un significato”3.


Ecco dunque Eöl come descritto nel Silmarillion:


e quivi [in Nan Elmoth] dimorava Eöl, che era detto l’Elfo Scuro. Era legato da antica parentela a Thingol, ma nel Doriath si sentiva sulle spine, preda di inquietudini, e allorché la Cintura di Melian fu posta sulla Foresta di Region, dov’egli abitava, ne fuggì recandosi in Nan Elmoth. Quivi viveva sprofondato nell’ombra, e amava la notte e il crepuscolo stellato. Evitava i Noldor, ai quali attribuiva la causa del ritorno di Morgoth che aveva sconvolto il Beleriand; per i Nani, invece, provava più simpatia di ogni altro tra gli antichi Elfi. Da lui i Nani apprendevano molto di quanto accadeva nelle terre degli Eldar.4


Eöl si incontrava con i Naugrim, con loro intrattenendosi. E, col rafforzarsi della loro amicizia, a volte si recava nelle profonde dimore di Nogrod o di Belegost, e ne era ospite, apprendendovi molti segreti della metallurgia, nella quale acquisì grande abilità; e fabbricò un metallo duro come l’acciaio dei Nani, ma talmente malleabile, da poterlo rendere sottile e duttile, benché continuasse a essere impenetrabile a ogni sorta di lama e dardo. Lo chiamò galvorn poiché era nero e lucente come giaietto, e ogniqualvolta si metteva in viaggio se ne ricopriva. Eöl però, benché si fosse incurvato a furia di fucinare, non era un Nano, bensì un alto Elfo di una nobile stirpe dei Teleri, ancorché scuro in volto; e il suo sguardo sapeva spingersi in profondità nelle ombre e nei luoghi foschi.5


Il primo tratto che ci colpisce nella descrizione di Eöl è lepiteto l’Elfo Scuro’, ricorrente nel legendarium fin dalla prime versioni della sua storia.


Considerata l’approfondita conoscenza che Tolkien aveva dei miti scandinavi, si sarebbe tentati di collegare l’epiteto ai Dökkálfar, gli Elfi Scuri dell’Edda di Snorri, che vivono nel mondo di Svartalfheim: dopo tutto è abbigliato di nero, è verosimile che abbia una carnagione olivastra, capelli e occhi neri,6 evita la luce e predilige posti ombrosi e appartati. Alcuni lontani collegamenti tra Eöl e ‘altri mondi’ sono presenti nel metallo del meteorite con cui egli forgia le due spade senzienti, Anglachel e Anguirel, come si dice nel Silmarillion, capitolo XXI:


[Anglachel] era una spada di gran pregio, essendo il suo nome dovuto al fatto di essere forgiata da ferro caduto dal cielo in forma di stella ardente; era tale da spezzare qualsiasi ferro tratto dal suolo. Solo un’altra spada nella Terra-di-mezzo le stava alla pari, ed essa non ha posto in questo racconto, sebbene fatta dello stesso metallo a opera dello stesso fabbro; era costui Eöl, l’Elfo Scuro, che aveva preso in moglie Aredhel, sorella di Turgon. Egli diede Anglachel a Thingol come pegno, cosa che fece assai malvolentieri, per ottenere il consenso a dimorare in Nan Elmoth; tenne per sé, tuttavia, la gemella Anguirel, finché gli fu rubata da Maeglin suo figlio.7


Inoltre egli ha familiarità (e addirittura movenze simili, essendo “incurvato a forza di fucinare”) con i Nani, che sono a loro volta talora identificati con i Dökkálfar.


Malgrado tutto ciò, come discusso da Tom Shippey in un articolo circa i tipi di Elfi in Tolkien,8 la distinzione tra ‘Elfi Chiari’ ed ‘Elfi Scuri’ per Tolkien è basata principalmente sul loro viaggio a Valinor: di fatto gli ‘Elfi Scuri’ sono coloro che non presero parte a quel viaggio e non ebbero occasione di rimirare la luce dei due Alberi. Eöl appartenne senz’altro a questa categoria, e il suo epiteto deriva soprattutto da ciò, insieme alle generiche ‘tetre’ caratteristiche di cui si parlava prima. La diretta derivazione di questo personaggio dai miti scandinavi resta un’ipotesi suggestiva ma vaga, anche se Shippey dimostra come Tolkien, proprio descrivendo Eöl, riesca a dare un’indiretta risposta alla vexata quaestio concernente i vari riferimenti ai tipi di Elfi, spesso contraddittori, presenti nelle fonti scandinave come l’Edda.


Nell’ultima parte di questo saggio troveremo un’altra più sinistra origine per l’epiteto, suggerita dallo stesso Tolkien.


Per ora aggiungerei solo che l’amicizia e gli scambi di Eöl con i Nani rappresentano un tratto saliente che contrappone questo personaggio al resto della comunità elfica. Generalmente gli Elfi non mostrano molta simpatia per i Nani, mentre Eöl pare preferire la loro compagnia a quella dei suoi simili: “per i Nani, invece, provava più simpatia di ogni altro tra gli antichi Elfi”. Si dice anche che presso i Naugrim egli apprese molto dell’arte della metallurgia, riuscendo addirittura a forgiare una nuova lega, il galvorn, metallo forte eppure flessibile, nero eppure lucente, che diventerà il suo segno distintivo.


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La storia di Eöl occupa gran parte del capitolo XVI del Silmarillion: viene presentato come uno dei Sindar, un lontano parente del re Thingol, ma, essendo per carattere inquieto, si sente “sulle spine” quando la regina Melian racchiude il Doriath in un incantesimo che è insieme di protezione e di isolamento. Così egli lascia il regno, prendendo dimora solitaria nella scura foresta di Nan Elmoth.


Un giorno Eöl vede sfrecciare nel bosco una donna elfica vestita di bianco: si tratta della Noldor Aredhel, sorella di Turgon, re del Reame Celato di Gondolin. Eöl rimane colpito da Aredhel e attraverso sortilegi riesce a condurla alla sua magione, dove la accoglie e in seguito la prende in moglie. La lascia libera di spostarsi come più le piace, però le proibisce di visitare i figli di Fëanor, suoi vecchi amici, o qualsiasi altro dei Noldor, che egli stesso odia quali attaccabrighe e fratricidi.


La coppia ha un figlio, chiamato dal padre Maeglin. Gli anni passano e il ragazzo cresce ma, infiammato dai continui racconti della madre circa la nobiltà e le imprese meravigliose della stirpe Noldor, si distacca sempre più dal padre e sempre più brama di conoscere i suoi parenti materni a Gondolin. Anche Aredhel si rende conto di provare nostalgia per la sua vita passata a Gondolin, così i due, approfittando di un’assenza di Eöl, fuggono alla volta del Reame Celato.


Eöl li insegue: pur trattenuto brevemente da Curufin, uno dei figli di Fëanor, riesce alla fine a scorgere i fuggiaschi mentre prendono la via segreta per Gondolin. Qui viene scortato alla presenza del re Turgon, che lo accoglie benevolmente come parente acquisito, ma gli comunica che non potrà più lasciare la città, per le regole di segretezza che vi vigono.


Eöl non la prende bene: preferisce morire che vivere confinato e con un giavellotto cerca di uccidere il figlio Maeglin. La tragedia si consuma: Aredhel si frappone cercando di parare il colpo, viene ferita e più tardi morirà per via del veleno di cui l’arma era intinta. L’Elfo scuro è condannato a morte e scaraventato giù dai bastioni, non prima di avere maledetto il figlio, augurandogli lo stesso destino. Sappiamo che in seguito Maeglin giocherà un ruolo fondamentale nella caduta della città, ma questa è un’altra storia.


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Durante il teso dialogo tra Curufin e Eöl c’è un passaggio piuttosto significativo riguardante le presunte ‘colpe’ dell’Elfo Scuro. Dopo essere stato trattenuto e ripetutamente deriso da Curufin, Eöl se ne va, ricordando ironicamente all’altro il legame di parentela che li unisce, ed è allora che il figlio di Fëanor replica con arroganza e un presagio di sventura incombente:


«Hai la mia licenza, non però il mio affetto» ribattè Curufin. «Quanto prima te ne andrai dalla mia terra, tanto più lieto ne sarò.»

Allora Eöl rimontò a cavallo dicendo: «Buona cosa, Signore Curufin, trovare un parente così servizievole nel momento del bisogno. Me ne rammenterò, quando tornerò». Allora Curufin guardò Eöl rabbuiato. «Non sbandierare davanti a me il titolo di parentela di tua moglie» gli disse. «Coloro che rapiscono le figlie dei Noldor e le sposano senza fare donativi né ottenere il consenso, non acquisiscono alcun legame di parentela. Ti ho dato licenza di andartene. Approfittane e sparisci. Secondo le leggi degli Eldar, non posso più ucciderti.9 Ma questo consiglio voglio darti: tornatene alla tua dimora, nelle tenebre di Nan Elmoth, perché il mio cuore mi dice che, se volessi continuare a inseguire coloro che più non ti amano, più non vi faresti ritorno.»10


In Morgoths Ring c’è un capitolo, Laws and customs among the Eldar (Le leggi e le usanze degli Eldar), dove si tratta anche del ‘diritto di famiglia’. Spinti dalle parole di Curufin possiamo farvi qualche ricerca per vedere se in effetti Eöl abbia deviato dalle regole della comunità elfica prendendo in moglie Aredhel in un modo così poco ortodosso. Ebbene, appare palese che è Curufin a essere in torto: Eöl infatti non viola nessuna delle leggi degli Eldar da quel punto di vista (salvo che non teniamo da conto una precedente versione della storia che discuteremo dopo). Per quanto concerne fidanzamenti e matrimoni tra gli Eldar vi erano cerimonie consuete, scambi di voti e anelli tra i due sposi di fronte alle rispettive famiglie, ma, se si parla di legittimità del matrimonio, vale quanto segue:


Queste cerimonie non erano riti necessari al matrimonio; […] Era l’atto dell’unione fisica che sanciva il matrimonio, e dopo il quale il legame indissolubile era completo. In tempi di pace e serenità si riteneva scortese e poco riguardoso verso le famiglie tralasciare le cerimonie, ma era comunque, in ogni occasione, ritenuto perfettamente legittimo che due Eldar, entrambi non sposati, si sposassero di libera volontà senza cerimonia o testimoni […]; e l’unione che ne derivava era ugualmente indissolubile. Anticamente, in tempi travagliati, di fuga e esilio e spostamenti, spesso si verificavano tali matrimoni.11


Quindi è chiaro che Eöl, almeno nel Silmarillion pubblicato, e almeno per quel che concerne il suo matrimonio, non ha infranto alcuna regola della comunità. E neppure lo ha fatto quando ha dato a suo figlio il suo nome principale: difatti tra gli Eldar era il padre a scegliere il nome per la prole, e la madre poteva aggiungerne un altro; entrambi erano nomi pubblici12. Maeglin aveva ricevuto il suo nome all’età di dodici anni, come, di nuovo, era la regola, poiché i figli dovevano essere abbastanza cresciuti da comprendere e apprezzare il suono e la forma delle parole.


Tornando alla storia principale, nella parte finale Eöl, spinto dall’ira, commette i suoi crimini fatali: il tentato omicidio di Maeglin e l’omicidio ‘colposo’ di Aredhel, aggravati dall’uso del veleno,13 che era considerato particolarmente abbietto dagli Elfi. Palesemente crudeli e colpevoli quali sono, le ultime azioni di Eöl non spiegano tuttavia perchè fin dall’inizio della vicenda questo personaggio si configuri come un ‘emarginato’, o una sorta di reietto.


A questo punto sorgerà spontanea una domanda nel lettore: sotto quali aspetti l’Elfo Scuro trasgredisce innanzitutto le regole della comunità? La risposta risiede in un comportamento sbagliato che il personaggio adotta dall’inizio della storia e persegue fino alla fine: la violazione delle regole politiche degli Eldar.


Vediamo Eöl dimostrarsi ribelle alle consuetudini politiche Eldar fin dall’inizio della sua storia, quando rifiuta di sottoporsi alle regole promulgate da Thingol riguardanti i confini del Doriath. Nel Beleriand c’erano diversi regni elfici, presentati come una sorta di ‘monarchie benevole’ dove il re aveva sovranità assoluta seppure raramente coercitiva. Però i confini erano importanti, e a maggior ragione per il Doriath e Gondolin dove, più che altrove, assicuravano la sicurezza e la sopravvivenza del regno ancor prima che l’influenza politica o il potere nei confronti dei vicini.


Eöl rifiuta di sottomettersi a queste restrizioni a causa di uno spirito di indipendenza fuori misura e in conflitto con le circostanze, che lo porterà a perdere sé stesso e la propria famiglia.


Bisogna notare che, parlando con Turgon, egli rifiuta apertamente qualunque sottomissione verso il re:


«Io non riconosco la tua legge» replicò. «Né tu né nessuno della tua stirpe in questa terra avete il diritto di impadronirvi di regni o di stabilire confini, ovunque siano. Questa terra appartiene ai Teleri, ai quali voi arrecate guerra e turbamento, comportandovi in maniera offensiva e ingiusta. Non mi curo affatto dei tuoi segreti, né sono venuto per spiarti, ma soltanto per reclamare ciò che è mio: mia moglie e mio figlio.»14


A questo punto occorre precisare che Tolkien non pensa assolutamente che i sudditi debbano essere per forza passivi: nelle sue storie troviamo esempi di ‘sana’ insubordinazione,15 come Éomer, Háma o Beregond nel Signore degli Anelli. Per dire il vero, il rispetto per la libertà dell’individuo è uno degli aspetti che contrappongono i Popoli Liberi ai villain come Morgoth o Sauron.


Tuttavia, troppo individualismo, specie se dovuto a sola testardaggine e orgoglio, Tolkien suggerisce, porta solo a caos e distruzione. In questo senso si possono ravvisare parallelismi tra Eöl e un altro artefice insofferente delle regole, Fëanor: entrambi eccessivamente individualisti, intolleranti verso l’autorità e mossi dalla possessività - vuoi verso la propria opera (i Silmaril di Fëanor) o verso i propri congiunti (moglie e figlio per Eöl).


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Ora è il momento di esaminare i cambiamenti più rilevanti occorsi alla storia di Eöl nella lunga rielaborazione del Legendarium.


La prima menzione della storia risale agli anni di Leeds (1920 circa, in The Lay of Gondolin), sebbene ci sia un accenno al personaggio persino anteriore, nei Lost Tales16 (1916 circa): qui Eöl viene presentato come il capo di un gruppo di minatori, che ama una principessa Noldor (Isfin, un nome precedente di Aredhel) ma è da lei respinto - interessante notare come la storia diverrà poi quella di Maeglin.


L’ultima versione della storia invece è datata 1970, quindi assai tarda. Quali sono le modificazioni più rilevanti avvenute nel corso dei decenni?


Una prima, significativa variazione è connessa alla relazione tra Eöl e Aredhel, ed è davvero peculiare in quanto allude a uno stupro. In Quendi and Eldar, un capitolo in The War of the Jewels, è scritto:


Eöl trovò Írith, la sorella di re Turgon, che, essendosi persa, vagava presso la sua dimora, e la prese in moglie con la forza: un atto davvero malvagio agli occhi degli Eldar.17


Alla fine Tolkien preferì cambiare la storia e così nel Silmarillion troviamo gli espedienti con cui Eöl attira la principessa alla sua dimora:


E avvenne che [Eöl] scorgesse Aredhel Ar-Feiniel mentre s’aggirava tra gli alti alberi presso i margini del Nan Elmoth, candido balenio in quel tenebroso territorio. Assai bella gli parve, ed egli la desiderò; e le stese attorno i suoi incantesimi, per modo che non potesse uscirne, attirandola sempre più vicino alla sua dimora, nel cuore del bosco. […] E quando Aredhel, stanca di vagare, giunse alfine alle sue soglie, egli le si rivelò, le diede il benvenuto e la condusse in casa. E lì essa rimase, che Eöl se la prese in moglie, e lungo tempo passò prima che alcuno della sua stirpe ne avesse nuovamente notizia.18


Ma il passaggio è seguito da una frase rassicurante:


Si dice che Aredhel non fosse poi molto riluttante, e che per molti anni la vita che conduceva nel Nan Elmoth non le riuscisse affatto sgradevole. Infatti, sebbene per ordine di Eöl dovesse evitare la luce del sole, assieme vagabondavano in lungo e in largo sotto le stelle o alla luce della pallida luna;19


L’atmosfera cambia, e invece della brutale allusione a uno stupro viene mostrato quello che si avvicina molto a uno scenario romantico. Va notato che la stessa foresta, Nan Elmoth, era stata in epoche passate lo sfondo per un altro, più famoso incontro d’amore, quello tra Melian e Thingol, dove avevamo trovato persino una simile scena di ‘seduzione’ (Melian che attira a sé Thingol con il canto) sebbene con un esito diverso e assai più positivo - la Maia e il re elfico resteranno insieme per secoli e a lungo il loro regno congiunto resisterà come un bastione contro il Male.


In una versione alternativa della storia di Eöl c’è un altro passaggio cruciale, poi eliminato: viene narrato che l’Elfo era stato catturato da Morgoth e nelle profondità di Thangorodrim, come schiavo, egli aveva appreso e messo in pratica le sue abilità da fabbro; quindi era riuscito a fuggire - forse con il tacito assenso dello stesso Morgoth, che usava questi ‘fuggitivi’ per creare dissidi e scompiglio.20 È peculiare che, secondo questa versione, fossero proprio gli Elfi corrotti da Morgoth a essere chiamati ‘Elfi Scuri’. Tale versione della storia venne scartata completamente, secondo le stesse parole di Tolkien per evitare una ripetizione con la storia di Maeglin, e le abilità di Eöl con i metalli furono collegate ai suoi rapporti con i Nani: ma non dimentichiamo che, dopo tutto, nei primi scritti anche i Nani erano presentati sotto una luce ben più negativa, come evidenziato da C. Tolkien nei commenti a The Tale of the Nauglafring.21


D’altronde è anche possibile che, modificando la storia, l’Autore volesse far risaltare il ruolo della volontà personale nelle azioni del personaggio, come vedremo più avanti.


Altrove si dice che Eöl disertò dal suo esercito durante la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime,22 ma quest’episodio sparisce poi completamente dalla narrazione. Un’altra versione infine afferma che egli lasciò il Doriath a causa di inimicizie con Thingol,23 mentre nel Silmarillion se ne va semplicemente perché si sente “sulle spine, preda di inquietudini”.


Anche se non riguarda Eöl direttamente, possiamo vedere un mutamento nelle motivazioni che portano Aredhel a perdersi nella foresta di Nan Elmoth. Nelle prime versioni la principessa si smarrisce mentre è alla ricerca del padre Fingolfin,24 quindi mossa da amor filiale, laddove in versioni più tarde si perde dopo la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, per un caso sventurato.25 Invece nel Silmarillion Aredhel decide semplicemente di lasciare Gondolin per insofferenza, innescando sull’onda di un capriccio la catena di eventi che porterà alla distruzione di Gondolin.


Si può dire dunque che Tolkien elimina dalla storia i risvolti più ‘drammatici’ (lo stupro, la prigionia, la diserzione, le perdite familiari) ma, così facendo, amplifica la responsabilità personale sia di Eöl che di Aredhel: quest’ultima abbandona Gondolin e si perde seguendo un capriccio, mentre anche l’Elfo Scuro, non più giustificato dalla prigionia a Thangorodrim, rimane il solo artefice del proprio destino.


Tutte queste modifiche sembrano condurci ad un tema rilevante: la contrapposizione tra Fato e Libero Arbitrio in Arda, argomento di molti dibattiti fra studiosi tolkieniani. Va naturalmente al di là dello scopo del presente articolo addentrarsi in tale argomento, ma vale la pena di concludere evidenziando alcuni collegamenti.


In Schegge di Luce Verlyn Flieger ha discusso la differenza tra Uomini ed Elfi, i primi dotati di una reale possibilità di cambiare il corso degli eventi attraverso il libero arbitrio, i secondi invece legati al fato come cantato nella musica degli Ainur. Però, aggiunge Flieger, se il fato degli Elfi è già scritto, non si può dire la stessa cosa sul loro ‘atteggiamento’ verso di esso: per esempio era il Fato di di Fëanor quello di creare i Silmaril e perderli, ma egli avrebbe potuto cambiare la sua disposizione possessiva verso le gemme, mitigando in qualche misura il triste corso degli eventi.

Di

Come si può intuire, le riserve espresse da Flieger nei confronti del libero arbitrio degli Elfi (rielaborate poi nel più recente The Music and the Task) hanno acceso un serrato dibattito tra lei e altri studiosi più disposti a concedere anche ai Primogeniti tale facoltà; tra costoro Carl F. Hostetter, che nel 2009 ha curato la pubblicazione di alcuni frammenti tolkieniani concernenti il legame, filologico e filosofico, fra ‘ambar’ (mondo) e ‘umbar’ (fato), oppure Thomas Fornet-Ponse. Quest’ultimo, partendo dalla relazione tra fëa e hröa e il diverso destino ontologico di Uomini e Elfi, sostiene l’idea che la musica degli Ainur non sia che un ‘motivo di base’ che deve essere integrato e completato dalle azioni dei Figli di Ilúvatar, Uomini e Elfi, dacché entro i confini di Arda, cui sono legati, gli Elfi beneficerebbero a loro volta del libero arbitrio.26


Alla luce di queste considerazioni, qualunque ipotesi si preferisca, sembra particolarmente significativo che Tolkien abbia espunto dalla storia di Eöl risvolti di fato deterministico (il rapimento da parte di Morgoth) o grandi atti malvagi (stupro, diserzione). L’Autore rende così l’Elfo Scuro un personaggio meno detestabile e più credibile, e inoltre, alleggerendo l’impatto degli eventi e riportando il reale motore degli eventi dentro il personaggio, conferma una volta di più che a determinare il fato di Arda contano più le scelte degli individui che le circostanze esterne.



BIBLIOGRAFIA


Opere di Tolkien


- Il Silmarillion (abbr. IS), a cura di Christopher Tolkien. Rusconi, Milano 1978


- The History of Middle-earth, a cura di C. Tolkien. London: HarperCollins, 2002. Print.


Abbreviazioni:

BLT2 = The Book of Lost tales, Part Two

Lays = The Lays of Beleriand

Shaping = The Shaping of Middle-earth

MR = Morgoths Ring

Jewels = The War of the Jewels


(The Book of Lost Tales, part 2 è stato tradotto in italiano con il titolo di Racconti Perduti)


- Fate and Free Will” (1968), a cura di Carl F. Hostetter in Tolkien Studies, VI, West Virginia University Press, 2009. Print.



Studi critici:


Croft, Janet Brennan. War and the Works of J.R.R. Tolkien. Westport (CT): Praeger, 2004. Print.


Flieger, Verlyn. Schegge di luce, Casa Editrice Marietti, Genova-Milano, 2007

— “The Music and the Task: Fate and Free Will in Middle-earthin Tolkien Studies, VI, West Virginia University Press, 2009. Print.


Fornet-Ponse, Thomas. Strange and Free- On Some Aspects of Nature of Elves and Menin Tolkien Studies, VII, West Virginia University Press, 2010. Print.


Shippey, Tom. Light-Elves, Dark-Elves, and Others: Tolkiens Elvish Problemin Tolkien Studies, I, West Virginia University Press, 2004. Print.


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Le traduzioni dall’inglese delle opere ancora inedite in italiano sono di B. Sanguineti.


1 Il presente articolo è la traduzione italiana degli atti della conferenza tenuta a Budapest nel settembre 2015 presso la Pázmány University. Il tema della conferenza era ‘J.R.R.Tolkien: Individuo, Comunità, Società’.

2 Jewels, pag. 320.

3 Jewels, pag. 320. Nel Quenta è menzionata un’altra forma del nome, Éor, derivante dall’inglese antico (Shaping, pag. 213).

4 IS, pag. 162.

5 IS, pagg. 162-163.

6 Lo si inferisce per contrasto o analogia anche dalla descrizione del figlio Maeglin: “Cresciuto che fu, Maeglin venne a somigliare, nel volto e nel sembiante, più che altro ai Noldor suoi consanguinei […] Era alto e nero di capelli; aveva gli occhi scuri, ma lucenti e penetranti come quelli dei Noldor, e bianca era la sua pelle.” (IS, pagg. 163-164)

7 IS, pag. 252.

8Light-Elves, Dark-Elves, and Others: Tolkiens Elvish Problemin Tolkien Studies, I, West Virginia University Press, 2004. Print. L’articolo è stato pubblicato in italiano, tradotto da Simone Bonechi, su Endóre n. 20.

9 A proposito di questo confronto tra Eöl e Curufin, Tolkien commenta che per le leggi degli Eldar uccidere un Elfo, che si presentasse da solo e senza atteggiamenti minacciosi, si configurava come omicidio, a prescindere da quanto l’Elfo stesso fosse inviso o odioso (Jewels, pagg. 327-328). Nello stesso passaggio l’autore evidenzia che la scena tra i due è riuscita “dacché mostra (come desiderato) Curufin, personaggio troppo spesso malvagio (specialmente nella storia di Tinúviel), sotto una luce più positiva e onorevole […]”

10 IS, pag. 166.

11 MR, pagg. 211-212.

12 MR, pagg. 214-216. Nel caso di Maeglin il nome scelto dalla madre era Lómion che, nel linguaggio ‘proibito’ dei Noldor significa ‘Figlio del Crepuscolo’ (IS, pag. 163).

13 “Perché gli Eldar non usavano mai alcun veleno, neppure contro i loro più crudeli nemici, bestie, orchi o uomini che fossero; ed erano pieni di indignazione e orrore di fronte al fatto che Eöl avesse pianificato un gesto così malvagio.” (Jewels, pag. 330).

14 IS, pag. 168.

15 In War and the Works of J. R.R. Tolkien J. B. Croft esamina alcuni casi di insubordinazione, spiegando che “sebbene ci siano diversi casi di personaggi che semplicemente non fanno ciò che a loro è chiesto, a volte un ordine viene disobbedito perchè è sbagliato, o perchè chi comanda non è presente e quindi non è al corrente della mutata situazione, o perchè il personaggio intuisce qualche Bene maggiore che sopravanza l’ordine […] E spesso nel mondo di Tolkien la disubbidienza ha alla fine un effetto ‘eucatastrofico’.” (pagg. 94-95)

16 BLT2, pag. 220.

17 Jewels, pag. 409. Írith è uno dei vari nomi che nel corso delle revisioni ha assunto il personaggio di Aredhel. A proposito delle unioni non consensuali è detto in una nota a Le leggi e i costumi degli Eldar che “questo era del tutto contro la loro natura, e chiunque tra loro fosse costretto a subire ciò avrebbe abbandonato il corpo e sarebbe passato nelle aule di Mandos” (MR, pag. 228).

18 IS, pag. 163.

19 IS, pag. 163.

20 Jewels, pag. 320.

21 BLT2, pag. 247. Altrove C. Tolkien commenta che la storia di Eöl nel Silmarillion conserva traccia del “sinistro effetto della frequentazione degli Elfi con i Nani” (Lays, pag. 52).

22 Shaping, pag. 136.

23 “[…] egli non lo [Thingol] amava” (Jewels, pag. 321).

24 Lays, pag. 145. Aredhel è chiamata Isfin qui, ma è già descritta con la carnagione chiarissima.

25 Shaping, pag. 136. Qui Isfin “dalle bianche mani” è “catturata” da Eöl mentre vaga per Tair-na-Fuin (non Nan Elmoth, come nelle altre versioni).

26 Nel suo saggio, pubblicato nei Tolkien Studies vol. VII, Fornet-Ponse cerca di combinare l’argomento di fëa e hröa con l’analisi dei frammenti tolkieniani su Fato e Libero arbitrio, e giunge a queste conclusioni: “Tolkien, dunque, usò il concetto di ‘fato’ (con speciale enfasi sul suo carattere fisico) non nel senso di una forza dominante impersonale che predetermina gli eventi ma più come l’espressione che usano i suoi personaggi per definire situazioni che devono sopportare e che non possono essere fatte rientrare in un disegno provvidenziale. […] La libertà umana […] si deve innanzitutto intendere come ‘libertà dai confini del mondo’ che significa il dono della mortalità e il loro lasciare Arda dopo la morte perchè gli Uomini non appartengono realmente ad essa, sebbene il loro scopo finale sia cooperare con Eru al compimento escatologico di essa. Gli Elfi, al contrario, sono legati ad Arda, è la loro dimora e perciò hanno una visione differente di essa. Mentre i cuori degli uomini dovrebbero ‘indagare al di là del mondo, e in questo non trovare pace’ (IS, cap. I), gli Elfi non dovrebbero cercare oltre e trovare pace in esso, quindi operando per la compiutezza entro Arda e entro la musica.” (pag. 84)

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