Tolkien e Moorcock: il raggiungimento di profondità letteraria attraverso l’esplorazione verticale ed orizzontale del tempo


di David Emerson



Riassunto


Tolkien ha dimostrato il potere dell’illusione di profondità nel creare un mondo secondario. La maggior parte degli scrittori fantasy contemporanei hanno cercato, con maggiore o minore successo, di creare profondità letteraria imitando alcune o tutte le tecniche di Tolkien: costruire linguaggi, disegnare mappe, ideare storie elaborate, dividere le loro storie in trilogie, ecc. Tuttavia, lo scrittore Michael Moorcock ha raggiunto tale illusione di profondità non estendendo la storia del suo universo nel passato e nel futuro, ma estendendolo orizzontalmente in un vasto numero di simultanee linee del tempo interdipendenti. Questo scritto esaminerà il Multiverso di Moorcock e mostrerà come egli ha creato (e continua a creare) un mondo di complessità tolkeniana pur evitando l’approccio di Tolkien.


Sull’autore


David Emerson è programmatore di computer, musicista e studioso indipendente di Tolkien. Vive a Minneapolis, Minnesota, Usa.



Non credo che nessuno qui stia discutendo il fatto che la creazione della Terra di Mezzo da parte di Tolkien sia una pietra miliare nella storia del fantasy. La pubblicazione de Il Signore degli Anelli ha cambiato la faccia del fantasy e stabilito lo standard per il genere nella seconda metà del Ventesimo Secolo. Questa è sia una benedizione che una maledizione.


La popolarità del lavoro di Tolkien ha spinto parecchi scrittori a creare storie nello stesso modo. Tuttavia la maggior parte degli imitatori sono consapevoli solo dei dettagli in superficie e non hanno la minima idea del perché Il Signore degli Anelli sia una così grande opera. La cosa più semplice da imitare è il formato fisico: fu un accidente storico che fece sì che il romanzo di Tolkien venisse suddiviso in tre volumi, così ora siamo inondati di “trilogie”, come se il fatto di utilizzare un certo numero di pagine per raccontare una storia fosse, in qualche modo, un indicatore di qualità di per sé.


La maggior parte degli scrittori si rende conto che il maggior appeal in Tolkien è che la Terra di Mezzo sembra essere un mondo pienamente realizzato, con molte diverse nazioni, razze e lingue. Un’imitazione superficiale di questo ci restituisce un mondo che si presenta come se fingesse di essere pienamente realizzato. Alcuni nomi inventati non costituiscono un intero linguaggio e mappe disegnate con cura non creano un paesaggio.


Ciò che gli imitatori si sforzano di ricreare – e che di solito manca – è l’illusione della profondità letteraria.


Secondo Tom Shippey, la percezione di profondità in Tolkien è dovuto alla sensazione che ci sia molto di più nel mondo immaginario rispetto a ciò che è stato descritto nella storia. Nel saggio di Tolkien Sulle fiabe egli ha sottolineato che uno degli appeal delle fiabe è che esse sono finestre su di un mondo che è scomparso tempo fa. Il suo essere affascinato dal Beowulf e dal resto della letteratura antica dipende dalla meraviglia per il mondo che li ha creati, un mondo solo accennato dai testi superstiti. Acutamente consapevole di questo effetto, egli ha deliberatamente cercato di ricreare questa sensazione di profondità nel Signore degli Anelli. Fortunatamente aveva già costruito il suo antico mondo da tempo scomparso per venti anni nel momento in cui iniziò con il suo seguito de Lo Hobbit, e una volta che ebbe deciso che la Terra di Mezzo era in realtà lo stesso mondo del Silmarillion, aveva già pronto un background da usare. In tal modo avrebbe potuto far sì che Elrond, che ne Lo Hobbit era semplicemente “un amico degli elfi”, diventasse uno dei figli di Eärendil; avrebbe potuto far diventare Aragorn un discendente dei Númenoreani; avrebbe potuto far diventare il Negromante un servo di Morgoth ed avrebbe potuto far diventare il Sindarin ed il Quenya i linguaggi degli Elfi.


Il successo degli sforzi di Tolkien nel creare profondità è dovuto in larga parte alle lingue, alle terre e ai popoli che aveva già creato, in modo tale che la storia che stava raccontando si è adattata al suo mondo con lo stesso agio di un hobbit che si siede su una comoda poltrona.


Ma ci sono altri modi per creare profondità nella fiction. Come Shippey ha puntualizzato nell'edizione aggiornata di La via per la Terra di Mezzo, Il Silmarillion ha raggiunto profondità con la pubblicazione della History of Middle-earth. Essendo la storia della creazione e dell'inizio della storia, Il Silmarillion non può riferirsi a tempi ancora più antichi e precedenti ai suoi eventi, ma il fatto che ne esistano così tante varianti dona ad esso profondità in una direzione diversa: non verticale nel tempo (la direzione di passato e futuro), ma in senso orizzontale.



Tempo orizzontale


Per esplorare ulteriormente la nozione di tempo orizzontale, ho bisogno di passare ora ad un altro scrittore fantasy moderno, uno che evita attivamente le bardature tolkeniane nei suoi scritti e a cui in effetti non piace per nulla Tolkien. Ha chiamato Il Signore degli Anelli “infantile” e pensa di esso che sia “Winnie the Pooh in versione epica”. È Michael Moorcock, il creatore di Elric di Melniboné.


In contrasto con il “sempre letterario Tolkien”, Moorcock inizia la sua carriera come scribacchino, sfornando pezzi mediocri sotto vari pseudonimi come pure col suo vero nome. Durante gli anni ’60 e’70 curò la rivista New Worlds ed incoraggiò lo sviluppo del movimento “New Wave” nella fantascienza. Nel corso degli anni la sua scrittura è maturata, ma ha mantenuto la posizione senza pretese dei suoi primi anni e l'atteggiamento sperimentale che è stato un segno distintivo della New Wave. Ha scritto per e suonato in rock band come gli Hawkwind e i The Deep Fix; si trasferì dalla natìa Gran Bretagna in Texas, Usa; ha scritto le sue storie a fumetti nella stessa forma della sua prosa ed ha lasciato che altri scrittori utilizzassero i suoi personaggi. Ha scritto fantascienza, fantasy, trattati di politica, saggi e blog.


Eppure ciò che davvero distingue Moorcock è il sorprendente – e quasi accidentale – successo del suo tipo d’illusione di profondità letteraria, che sfugge alla portata di molti scrittori che la cercano attivamente. Egli l’ha costruita in un modo analogo a quello con cui è stata resa quella del Silmarillion: nel corso di molti anni, e ampliando il mondo fittizio lateralmente nel tempo.


Molti dei suoi lavori di fiction sono ambientati non in un solo mondo inventato, ma in una moltitudine di essi, tutti quanti parte di una struttura coerente chiamata Multiverso. Esso consiste in un numero di ambientazioni fantasy (e talvolta fantascientifiche) per le sue varie serie di libri, più una visione globale che comprende tutti e permette loro di richiamarsi l’un l’altro. Questi richiami sono ciò che crea la sua versione di profondità.



Il Multiverso


Per descrivere il Multiverso più nel dettaglio, cominciamo con uno degli elementi più significativi della mitologia di Moorcock: il concetto di Campione Eterno.


La premessa di base di questo concetto è indicata più esplicitamente nel romanzo Il campione eterno. Il protagonista è un uomo che è destinato ad incarnarsi, mondo dopo mondo, come un potente guerriero. In questo romanzo il suo nome è Erekosë, anche se è a conoscenza, attraverso i sogni e ricordi, di tante altre vite, con nomi diversi in mondi diversi. Gli abitanti di questo particolare mondo forzano la sua manifestazione attraverso mezzi occulti, perché hanno bisogno di un campione nella loro guerra contro un'altra razza di creature. Sfortunatamente per loro, Erekosë decide che l’altra razza è più degna di essere difesa e diventa la loro rovina anziché il loro campione. Per tutto il tempo, egli è un’anima tormentata – in parte perché è stato obbligato a combattere una guerra che non è la sua, in parte per il senso di colpa di aver tradito la razza che l’aveva chiamato, in parte perché s’innamora di una donna della razza che sceglie di difendere, ma la perde per sempre quando viene trascinato in un altro mondo per combattere un’altra battaglia.


Diversamente da Erekosë, molte delle altre incarnazioni del Campione Eterno non sono consapevoli degli altri loro sé. Il più prominente di questi è l’albino Elric di Melniboné, rappresentato inizialmente in un arco narrativo più o meno completo di sei romanzi e poi ripreso in molti romanzi successivi. Elric è l’ultimo imperatore di un’antica razza che sta scomparendo e lasciando il posto agli umani. Egli è anche un maestro stregone e brandisce la spada nera Stormbringer (“Tempestosa”), un’arma sovrannaturale con la terrificante abitudine di divorare le anime di coloro che uccide. Elric è più spesso un anti-eroe che altro, combatte per la sopravvivenza, per vendetta o per qualche ricompensa da mercenario, piuttosto che per qualsivoglia nobile causa. Solo alla fine, abbastanza a dispetto di sé stesso, egli finisce per salvare l’universo e morire poco dopo.


Delle miriadi di manifestazioni del Campione Eterno, ce ne sono poche altre con una propria saga. Corum, il Principe dal Mantello Scarlatto, è un altro ultimo sovrano di un’antica razza morente, seppur in un mondo assai differente da quello di Melniboné. La sua storia è raccontata in due diverse trilogie. Dorian Hawkmoon, eroe di sette romanzi, vive in una contorta versione futura dell’Europa dove la Granbretan (Granbritannia) è un malvagio impero intenzionato a conquistare il mondo. Questi due, assieme ad Elric e ad Erekosë, sono gli eroi “sword and sorcery” più vicini ad essere identificati col concetto di “campione”, anche se molti altri personaggi in altre opere possono essere visti, attraverso maggiori o minori sforzi d’immaginazione, come ulteriori suoi aspetti.


C’è la famiglia von Bek, le cui storie hanno luogo in un’epoca storica del nostro mondo (con l’aggiunta di elementi fantasy) ed i cui vari antenati e discendenti tendono a trovarsi in lotte e conflitti riguardanti il Santo Graal. Lontanamente imparentato con i von Bek è Sir Seaton Begg, il Detective Metatemporale, una sorta di Sherlock Holmes che attraversa mondi e tempi per investigare su strani misteri. C’è Jack Karaquazian, giocatore del Gioco del Tempo e star di una delle più recenti trilogie di Moorcock, Blood: A Southern Fantasy, Fabulous Harbors e The War Amongst the Angels. C’è Rose, la più nota versione femminile del Campione Eterno, che talvolta appare come una donna per metà pianta, talvolta come una nobildonna europea e talvolta come un pirata barbaresco. Ci sono viaggiatori nel tempo e ci sono abitanti alla fine del tempo. E poi c’è l’inclassificabile Jerry Cornelius, di cui parleremo più tardi.


Come espediente letterario, quello del Campione Eterno è indubbiamente molto utile nel generare nuovi personaggi, idee e storie. Inoltre ha il vantaggio di fornire una difesa istantanea contro qualsiasi critica del tipo «Tutti i tuoi eroi sono lo stesso personaggio». La risposta ovvia è «Sì, lo sono. Era la mia intenzione».


In aggiunta al personaggio centrale del Campione Eterno, c’è anche il Compagno del Campione. Non appare sempre, ma laddove lo fa interpreta il ruolo tradizionale dell’amico del cuore. Il Compagno spesso è consapevole di essere una figura Eterna, talvolta dicendo cose come «Chi sono questa volta?» oppure «Oh, è vero, non mi hai ancora incontrato in questo mondo».


Il Campione quasi sempre possiede qualche tipo di arma magica, solitamente una spada. La lama nera bevitrice di anime ricorre in più di una saga. Ci sono inoltre déi, demoni e nemici che si mostrano ancora e ancora. Così il Campione Eterno tende a cristallizzare eventi e storie attorno a sé, per mettere in atto il suo inevitabile destino in ciascun mondo.


Il Campione Eterno esiste per essere un giocatore di una lotta eterna, ma non (come la maggior parte degli scrittori di fantasy avrebbe fatto) una lotta tra Bene e Male. Diciamocelo, se stai leggendo della battaglia finale tra il Bene e il Male, non importa quanta suspense l’autore crei, sai che il Bene vincerà; in caso contrario il libro non venderebbe molto. Moorcock elude abilmente questo problema facendo dei suoi avversari eterni le forze della Legge e del Caos. Ambedue hanno i loro punti vantaggiosi – la Legge fornisce sicurezza ed affidabilità, il Caos fornisce progresso e creatività; ma un eccesso di Legge porta a stagnazione e noia ed un eccesso di Caos alla pazzia e alla morte termica dell’universo. L’ideale del Campione, nel suo migliore aspetto, non è né la Legge né il Caos, ma l’Equilibrio Cosmico di essi.


Moorcock lega assieme vari tempi, dimensioni e realtà alternative in tre modi principalmente. Il primo è la città di Tanelorn, che si suppone esista in una forma o nell'altra in tutti i mondi. Poi c’è il tessuto connettivo del Multiverso, una serie di possibilità metaforiche, di possibili percorsi eterei chiamati Moonbeam Roads, che certi adepti sono in grado di percepire coscientemente e percorrere. Infine, c’è l’evento cosmico chiamato la Congiunzione di Milioni di Sfere, che appare quale climax di parecchi tra i maggiori cicli di storie di Moorcock. Questo è un momento in cui tutti i diversi piani di esistenza si intersecano tra di loro, cosa che avviene presumibilmente “una volta ogni era” (seppure non viene mai data una definizione di cosa sia una “era”), ed è un punto di svolta per l’intero Multiverso. Non è solo un passaggio più fluido tra gli universi in quel momento, ma tutti i futuri di tutti gli universi sono penetrabili, posto che lo si voglia. Ogni volta che Moorcock descrive la Congiunzione, dice che una persona (di solito il Campione Eterno) o un piccolo gruppo di persone (quelli presenti nell’epicentro dell’evento) possono far pendere l’Equilibrio Cosmico verso la Legge o il Caos per tutta la durata dell’era successiva.


Con questi espedienti unificanti, Moorcock è capace di creare tante ambientazioni diverse per il suo fantasy quante ne desidera, eppure tutte fanno parte della complessa struttura del Multiverso. Questa struttura globale, più le risonanze tra i vari elementi, sono ciò che crea l’illusione di profondità letteraria nell’opera di Moorcock.



Tolkien e Moorcock


Risalendo molto all’indietro nel passato del suo mondo, Tolkien può trovare personaggi ed eventi che entrano in risonanza con i personaggi e gli eventi del suo racconto attuale. Ne La Compagnia dell’Anello, Aragorn canta una parte del “Lai del Leithian”, portando così l’antica storia di Beren e Lúthien nella coscienza del presente. Non possiamo fare a meno di vedere la somiglianza con la sua situazione con Arwen e, al tempo stesso, siamo consapevoli che il passato mitico della Terra di Mezzo risuona con il suo presente.


Il Balrog di Moria ci è presentato come un essere rimasto dai Tempi Antichi, così a quel punto del Signore degli Anelli realizziamo quanto più grande e assai più epico ed intenso il mondo antico dev’essere stato. Quando ci viene raccontato qualcosa di Morgoth - del quale Sauron non era altro che un servitore - questo riferimento ci fa pensare all'ombra lunga di una sorta di vendetta. Ci sono altre risonanze che sono più sottili, come la comparsa di Shelob, che ci riporta alla mente i ragni di Bosco Atro nonché Ungoliant che distrusse i Due Alberi di Valinor.


L’opera di Moorcock contiene risonanze simili ma, di nuovo, le relazioni avvengono tra gli universi piuttosto che indietro nel tempo dello stesso universo. Tutti gli aspetti ricorrenti del Multiverso che ho descritto – il Campione, il compagno, la spada nera, le forze della Legge e del Caos, l’Equilibrio – forniscono costanti risonanze tra i mondi. E più mondi nuovi egli crea, più cresce la risonanza di questi fattori.


Ci sono risonanze simili tra le varie versioni del Silmarillion che Tolkien ha prodotto, non solo a causa di contenuti leggermente diversi, ma anche perché molte di loro sono diverse per forme e stili. La prima versione, il Libro dei racconti perduti, è narrato in uno stile assai fiorito, ancora più arcaico di quello che Tolkien, di solito, è accusato di usare. Nei Lai del Beleriand li espresse in diversi tipi di versi. Altrove le storie appaiono come annali, compendi o persino riassunti.


Moorcock permette alle sue versioni varianti di avere maggior ampiezza. I suoi primi romanzi sono dotati di un’atmosfera molto “pulp”, mentre quelli più tardi sembrano più letterari nella loro struttura e nello stile della prosa. Nel suo lavoro con gli Hawkwind e i The Deep Fix, le storie del Campione Eterno sono narrate sotto forma di canzoni rock. Già nel 1979 egli ha collaborato con l’artista Howard Chaykin per produrre la storia di un Campione Eterno sotto forma di fumetto, The Sword of Heaven, the Flowers of Hell. Più avanti ha prodotto altre opere in forma di fumetto; proprio quest’anno la DC sta pubblicando un quartetto di storie che espongono dettagliatamente i primi anni di vita di Elric; e, nel 1997-98, la serie della DC, raccolta in edizione tascabile come Michael Moorcock’s Multiverse, è forse la quintessenza delle storie sul Multiverso, consistente in tre o quattro (dipende da come le conti) differenti storyline che partono completamente separate, ma che finiscono strettamente intrecciate, ed includono il Graal, Stormbringer/Tempestosa e la Congiunzione di Milioni di Sfere. Con la collaborazione dei suoi artisti, egli è in grado di presentare gli aspetti visivi delle sue idee che la mera prosa non può rendere. Una delle sue storie a fumetti più recenti è stata realizzata come scrittore-ospite nell’opera di Alan Moore Tom Strong, nella quale sir Seaton Begg entra nel mondo di Tom strong e lo convince a navigare sulle Moonbeam Roads (le Strade del Raggio di Luna) con la berbera Rose e l’albino Conte Zodiac (una sorta di versione malvagia di Elric).


C’è anche una variazione unica di forma stilistica evidenziata nelle storie di Jerry Cornelius. Per la maggior parte scritte negli anni ’60 e nei primi anni ’70, esse sono presentate in un aggressivo stile avanguardistico, al punto di essere addirittura psichedeliche. Le narrazioni tendono ad essere divise in raffiche di immagini e di azioni, inframmezzate da lunatici non sequitur. Personaggi appaiono e scompaiono senza che il lettore abbia la minima idea di chi essi siano o di quello che stanno combinando. Gran parte del romanzo parla delle vetture che Jerry guida o delle pistole che mette insieme. Alla fine potrebbe uccidere qualcuno, per nessuna ragione apparente, oppure potrebbe non farlo. Se Jerry Cornelius è un’altra manifestazione del Campione, è una bizzarra. Ma la bizzarria è il punto centrale di questa variante. Questa non è una storia sword and sorcery, non è fantascienza, non è una storia mainstream; è un esercizio di narrativa post-moderna. Ed è tuttavia un altro aspetto di un gioiello dalle infinite facce.


Tolkien una volta previde che il suo legendarium sarebbe stato qualcosa che altri scrittori, artisti e musicisti avrebbero potuto accrescere con il loro contributo originale. Moorcock ha incoraggiato altri scrittori di fantascienza della New Wave a scrivere di Jerry Cornelius nelle loro storie. Egli ha inoltre autorizzato un’antologia di storie di Elric scritte da altri autori. Dunque il Multiverso si allarga anche oltre i confini tracciati dal suo creatore originario, proprio come la Terra di Mezzo si è ampliata al di là della vision di Tolkien grazie ai vari adattamenti cinematografici, agli artwork, alla fan fiction.


Potrebbe essere difficile trovare due autori di fantasy popolare così diversi come Tolkien e Moorcock. Come ho già detto prima, Moorcock non pensa granché bene di Tolkien; e per ciò che conosco della personalità di Tolkien, mi sento sicuro ad affermare che avrebbe trovato Moorcock piuttosto disgustoso. Ma seppur nella loro diversità, ad entrambi gli scrittori è riuscito di raggiungere quella rara qualità che rende soddisfacente un’esperienza di lettura: l’illusione di stare guardando, attraverso una finestra, dentro un mondo magico profondo e complesso.



[traduzione di Adriano Bernasconi di Tolkien and Moorcock: Achieving Literary Depth through Vertical and Horizontal Explorations of Time , tratto da: Sarah Wells (ed.), Tolkien 2005 The Ring Goes Ever On. Proceedings, volume one, The Tolkien Society, Coventry 2008]