Tolkien nella fiction


di Colin Duriez




Abstract


Il confine tra realtà e finzione è un posto interessante e senza dubbio pericoloso. Il mio intervento prende in esame alcune apparizioni di Tolkien nella fiction, come Elwin (“amico degli Elfi”) in Lontano dal pianeta silenzioso di C.S. Lewis, come Professor Timbermill in The Young Pattulo e in A Memorial Service di J.I.M. Stewart, come Professor Rashbold nel Notion Club Papers dello stesso Tolkien e nei panni di sé stesso nei romanzi Inklings ed Expectations di Melanie M. Jeschke, nonché nella graphic novel Heaven’s War di Micah Harris e Michael Gaydos. Possono tali ritratti immaginari aggiungere qualcosa alla nostra comprensione su Tolkien o persino trasmettere verità su di lui? Qual è l’attrazione, fantasiosa, di utilizzare Tolkien in questo modo? Le vignette semi-fittizie – come quelle utilizzate nel mio stesso studio sull’amicizia di Tolkien e C.S. Lewis – sono valide per una biografia?



Sull’autore



Colin Duriez è un membro di lunga data della Tolkien Society, le cui pubblicazioni includono Tolkien and The Lord of the Rings, The Inklings Handbook (con David Porter) e J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis: The Story of a Friendship.









Quando progettai per la prima volta di scrivere della presenza di Tolkien nella fiction, lo considerai come un piccolo capriccio ma anche come qualcosa che sentivo andasse esplorato. Un saggio breve, così pensai, sarebbe stata la sua lunghezza appropriata. Mentre ci riflettevo sopra ed iniziavo ad esplorare il fenomeno scoprii che c’era ben più di quanto inizialmente avevo supposto. Questo perché Tolkien nella fiction solleva l’intero problema della presenza di un autore o un’autrice nel suo lavoro (e, ovviamente, nel lavoro di altre persone). Questo è un problema particolarmente importante, data l’amicizia di Tolkien con C.S. Lewis e la sua influenza su quest’autore, nonché la sua partecipazione agli Inklings, specialmente in quegli aspetti del gruppo che coinvolgevano gli scritti in corso d’opera.



Nessun dubbio sul fatto che Tolkien discusse con Lewis l’idea della “eresia del personalismo”, un tema di cui il suo amico si stava occupando alla fine degli anni Trenta. Anche se Lewis si riferiva principalmente alla poesia, il problema riguarda tutta la letteratura. Lewis era contrario all’idea che la poesia fosse lì per fornire informazioni biografiche sul poeta, e che fosse necessario conoscere il poeta per capire la poesia. Leggendo una poesia noi guardiamo attraverso il poeta, piuttosto che verso di lui. Guardiamo con i suoi occhi. E possiamo guardare soltanto nella misura in cui non ci dilunghiamo sui particolari della sua coscienza. Anzi, li “abitiamo” come assistendo ad un nuovo livello di significato. La coscienza del poeta è una condizione della nostra conoscenza, non la conoscenza in sé stessa. Un passaggio del libro di Lewis The Personal Heresy (scritto con E. M. W. Tillyard) ci mostra il cuore delle sue preoccupazioni: «Diamo per scontato che io mi sia avvicinato al poeta; almeno io l’ho fatto per condividere la sua coscienza, non per studiarlo. Io guardo attraverso i suoi occhi, non verso di lui. […] Per vedere le cose come il poeta le vede devo condividere la sua coscienza e non occuparmi di essa; devo guardare dov’egli guarda e non voltarmi verso di lui; devo fare di lui non uno spettacolo ma un paio di occhiali1: infine, come direbbe il Professor Alexander, devo goderne e non contemplarlo»2.



Uno scrittore può tuttavia essere presente in uno scritto, in un modo che si accordi con la sua struttura e le sue finalità letterarie e, pertanto, può essere parte dello studio di un pezzo scritto senza cadere nell’eresia del personalismo. Lo stesso Lewis presenta in alcuni dei suoi libri questa via, eminentemente come narratore in Le Cronache di Narnia. è in questo senso – la presenza di un autore nella sua opera – che desidero esplorare Tolkien nella fiction, non per i suoi fatti biografici o per le curiosità del suo carattere psicologico (dove ci si aspetterebbero corrispondenze estese con le minuzie biografiche). Piuttosto, nella terminologia di Lewis, sarà guardando a Tolkien all’interno del suo lavoro letterario anziché guardando a Tolkien al lavoro che avremo una fonte di verità su Tolkien. È per questo che devo essere onesto e dire che il mio è solo un lavoro sbrigativo, come tentare di fare l’Europa in una settimana.



La presenza di Tolkien nella propria fiction



Foglia di Niggle



Foglia di Niggle (1945) è un’allegoria, una forma insolita per Tolkien, ed ha la particolarità di avere elementi autobiografici. Questi elementi sono stati ben analizzati da Tom Shippey nel suo J.R.R. Tolkien: Autore del secolo. La breve storia di Tolkien suggerisce la connessione tra l’arte e la realtà. Persino in paradiso ci sarà un posto per l’artista per aggiungere il suo tocco personale al mondo creato, attraversò ciò che Tolkien altrove chiama “subcreazione”.



Gli elementi allegorici possono essere interpretati dettagliatamente, come sostenuto da Shippey. Niggle, ad esempio, sa che un giorno dovrà fare un viaggio. Allegoricamente, il viaggio è sinonimo di morte. Per di più Niggle è un pittore e, in quanto tale, rappresenta Tolkien, lo scrittore pignolo3.



La strada perduta



Tolkien iniziò a scrivere questo racconto poco dopo essere stato sfidato da Lewis a scrivere un racconto per adulti sui viaggi nel tempo. Esso esplora l’idea di un’insolita relazione padre-figlio che si ripete in vari momenti della storia. Il padre ed il figlio di La strada perduta sono figure contemporanee, vivono sull’Atlantico, probabilmente in Cornovaglia o nel Galles dell’ovest. Oswin Errol è un insegnante di storia. Suo figlio, Alboin, è ossessionato dai nomi che emergono dai suoi sogni profondi. Grandi nuvole nere sopra il mare occidentale evocano per lui la vista delle aquile del “Signore dell'Occidente” che incombe sulla perduta isola di Númenor (la versione di Tolkien di Atlantide), pur non conoscendo il significato di questi nomi. Più avanti, dopo la morte di Oswin, il figlio di Alboin, Audoin, ha rivelazioni simili, ma più visive che linguistiche, riguardanti “cose e descrizioni”. Queste scoperte mentali permettono ad Alboin e Audoin di tornare al tempo di Númenor.



La strada perduta non è di grande interesse soltanto perché ci permette di comprendere la crescente bravura di Tolkien come narratore alle prese con temi epocali quali la cosmologia, la provvidenza e la teologia, ma anche per il raro sguardo che ci offre della sua personalità. A parte le sue digressioni occasionali durante le lezioni sul Beowulf o sulle fiabe, è l’unico altro documento che ha forti riferimenti autobiografici oltre a Foglia di Niggle. La strada perduta parla di due generazioni di ragazzi orfani di madre e con un padre idealizzato, che potrebbero indicare la perdita da parte di Tolkien del proprio padre e della propria madre durante l’infanzia. Alboin in particolare è simile a Tolkien: è nato più o meno nello stesso periodo ed ha illuminato, come personaggio di fiction, il processo creativo di scoperta che ha portato Tolkien a scrivere il materiale per il Silmarillion ed infine Il Signore degli Anelli. Ci viene detto che da bambino «ad Alboin piaceva il sapore che avevano le antiche lingue del nord, tanto quanto gli piacevano alcune delle cose scritte in esse». Questo tono o qualità era «legato all’atmosfera delle leggende e dei miti raccontati in quelle lingue». Nomi e frasi incomprensibili scivolano nella coscienza di Alboin, il quale, seguendo la loro traccia, giunge ad ulteriori scoperte. Negli anni seguenti il figlio di Alboin osserva questo processo in suo padre. Lui «era abituato a parole e nomi strani che scivolavano fuori da suo padre in un mormorio. Un giorno suo padre avrebbe inventato un lungo racconto su di loro».



In particolare, forse, la storia mette in evidenza l’interesse di Tolkien per il passato antico dell’Europa, che risaltava in quelli che furono il Worcestershire e il Warwickshire della sua infanzia. Questo era del tutto appropriato all'interno della cornice di una storia sui viaggi nel tempo in un passato lontano. Inoltre essa illumina la finalità artistica di Tolkien nel Signore degli Anelli, che avrebbe iniziato a scrivere subito dopo. Alboin, mentre invecchia (e più o meno dell’età di Tolkien quando scriveva La strada perduta), riflette sulla sua vita: «Valutando gli ultimi trent’anni, sentiva di poter dire che il suo desiderio più fisso, anche se spesso sovrapposto o soppresso, era stato fin dall'infanzia quello di poter tornare indietro. Per viaggiare nel Tempo, forse, come uomini che camminano su lunghe strade; oppure per esaminarlo, come uomini che guardano il mondo da una montagna, o la terra come una mappa vivente al di sotto di un dirigibile. Ma in ogni caso per vedere con gli occhi e ascoltare con le orecchie: per vedere la distesa di terre remote e persino dimenticate, per vedere gli uomini antichi camminare e ascoltare le loro lingue così come essi le parlavano, nei giorni prima dei giorni, quando le lingue di un perduto lignaggio potevano essere sentite nei regni da tempo caduti sotto le sponde dell’Atlantico.»



The Notion Club



Quando la scrittura del Signore degli Anelli si era temporaneamente interrotta dopo aver raggiunto la fine di quello che sarebbe stato Le Due Torri, Tolkien tornò alla sfida di una storia sui viaggi nel tempo. La chiamò The Notion Club Papers e non la completò mai. In una lettera al suo editore, Stanley Unwin, nel luglio del 1946, Tolkien dice che ha preso del materiale dall’abortito La strada perduta, ma con un arco di tempo ed una impostazione del tutto diverse. Nel racconto le carte trovate all'inizio del 21° secolo costituiscono il verbale della discussione del Notion Club di Oxford tra il 1986 e il 1987. Mentre La strada perduta contiene un ritratto messo leggermente a fuoco di un padre e di un figlio non diversi da Tolkien e da suo figlio Christopher, The Notion Club Papers in qualche modo idealizza gli Inklings. Nessuna delle due storie è una biografia o un’autobiografia. Ambedue riguardano principalmente la scoperta di tracce del perduto mondo di Númenor attraverso sogni e strane parole scoperte da persone eccezionalmente sensibili verso i linguaggi, persone che si adatterebbero bene ad un club come gli Inklings.



Christopher Tolkien – che fu membro degli Inklings nel periodo in cui Tolkien creava questa descrizione fittizia del gruppo – ci assicura per sua intima conoscenza che non c’è una connessione diretta tra i personaggi del Notion Club e gli Inklings effettivi. Nonostante questa dichiarazione, Tolkien stesso è comunque tratteggiato in una bozza della storia, nell’anziano Rashbold (una traduzione del germanico “Tolkien”), Professore di Anglosassone al Pembroke College. È presente anche nel personaggio di Michael Ramer.



In un punto Ramer sta parlando della possibile esistenza di lingue al di fuori della Terra. Si sta riferendo, in modo tolkeniano, al concetto di hnau, formulato da C.S. Lewis nelle sue storie spaziali (esseri, animali o vegetali, in cui la mente è incarnata).



«Il linguaggio propriamente detto, così come lo conosciamo sulla Terra – significante (percepito dai sensi) più significato (percepito dalla mente) – che è proprio di una mente incarnata; una caratteristica essenziale della fusione dell’incarnazione. Solo hnau, per usare di nuovo le parole lewisiane di Jeremy, avrebbe un linguaggio. L’irrazionalità non può averlo ed i non incarnati non possono o non vogliono»4



Tom Shippey evidenzia nel Notion Club Papers: «I personaggi includono infine due immagini che Tolkien dà di sé in Ramer (il cui nome significa, penso, “pazzerello”…) e Rashbold (una traduzione di “Tolkien”)5.





La presenza di Tolkien nella fiction di C.S. Lewis.



Lontano dal pianeta silenzioso



Nel periodo in cui Tolkien stava scrivendo la sua storia sui viaggi nel tempo, La strada perduta, Lewis stava lavorando alla sua storia di viaggi nello spazio, Lontano dal pianeta silenzioso. La storia di Lewis incorpora un Tolkien fittizio.



In Lontano dal pianeta silenzioso Lewis cattura gli istinti e le austere passioni di un linguista simile a Tolkien nella figura del filologo di Cambridge Elwin Ransom. Elwin significa “amico degli elfi”, come il nome Aelfwine. Come Tolkien, il dottor Ransom è sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale ed è uno “studioso sedentario”. Una delle sue pubblicazioni è Dialetto e semantica.



Un malvagio collega, Edward Weston, rapisce Ransom e lo trasporta su Malacandra (Marte) con un veicolo spaziale, ma lui riesce a sfuggire ai suoi rapitori. Egli teme d’incontrare forme di vita aliena allo stato selvatico fino quando ha luogo un evento sorprendente, che ribalta drasticamente le sue percezioni: incontra una una creatura aliena che si dimostra essere dotata di linguaggio. Questo incontro su un altro pianeta gli suggerisce una visione unificata della natura del linguaggio.



Lewis basa il personaggio di Elwin Ransom almeno in parte sul suo amico. Tolkien era consapevole di questa somiglianza; scrisse anni più tardi a suo figlio Christopher: «Come filologo potrei avere qualche parte in lui [Ransom], e riconosco alcune delle mie opinioni “lewisificate”6 in lui»



Perelandra



Nel secondo volume della trilogia spaziale di C.S. Lewis, l’enfasi è meno sul Tolkien filologo e più sul fatto che la sua immaginazione arriva alle stelle lontane e anche più in là. Il fatto che Ransom porti storie indietro dallo spazio inoltre, credo, allude alla presentazione fantasiosa di Cristo che Tolkien fece a Lewis (cosa accaduta parecchi anni prima, nel 1931). Anche se Lewis si riferisce al dolore di qualcuno (che si preferirebbe cambiare, a causa della loro successiva scoperta della fede) l’intero tenore del ritratto di Ransom all’inizio di Perelandra indica la reazione di Lewis alle argomentazioni che Tolkien, aiutato da Hugo Dyson, gli dava sulla fede cristiana. «Un uomo che è stato in un altro mondo non potrà tornare indietro immutato. Uno non può descrivere la differenza a parole. Quando un uomo è un amico, può diventare doloroso: le vecchie impronte non sono facili da ricoprire7. L’allusione alle implicazioni della conversione (un tema caratteristico in Lewis) diventa più chiara quando il Lewis fittizio lotta attraverso un nel parco infestato nel suo tentativo di raggiungere il cottage di Ransom. Egli cerca di analizzare la sua strana paura. «Suppongo che tutti conoscano questa paura di essere “coinvolti”: il momento in cui un uomo si rende conto che quelle che erano sembrate semplici speculazioni sono sul punto di portarlo ad aderire al Partito Comunista o alla Chiesa Cristiana – la sensazione che una porta sia stata appena sbattuta lasciandoci intrappolati»8



Ho visto un drago



Come nelle storie di fantascienza, Lewis rende allettante l'uso fittizio di un suo amico anche in una poesia. Egli immagina un evento che, uno pensa, potrebbe facilmente essere successo in una delle loro escursioni a piedi:

«We were taling of dragons, Tolkien and I

In a Berkshire bar. The big workman

Who had sat silent and sucked his pipe

All the evening, from his empty mug

With gleaming eye, glanced toward us;

I seen ‘em myself”, he said fiercely»9.



I versi sono stati scritti per dimostrare il metro allitterativo, e realizzano un desiderio che Lewis questa volta realizza nella sua poesia. Tolkien disse ad un corrispondente che l’occasione fu fittizia, ma basata su un evento che accadde nella Sala Comune del Magdalen College, quando un insigne studioso ecclesiastico aveva detto «Ho visto un drago»10. La poesia cattura l’essenza di Tolkien e della sua amicizia con Lewis: un soggetto naturale nelle loro conversazioni erano i draghi!



La presenza di Tolkien nelle altre fiction



J.I.M. Stewart



The Young Pattulo è il secondo di una saga di cinque romanzi scritti da J.I.M. Stewart intitolata A Staircase in Surrey Essa segue la storia di Duncan Pattulo dal momento in cui inizia i suoi studi ad Oxford. Uno dei suoi tutor è il dottor J.B. Timbermill, M.A.11, D.Litt.12, B.F.A.13, un fellow (come Tolkien) del Merton College. Le esercitazioni si svolgono nella casa del baccelliere Timbermill, a nord di Oxford (la somiglianza con Tolkien non è esaustiva). Un terzo romanzo della serie, A Memorial Service, vede un Pattulo di mezza età tornare ad Oxford per ricevere una borsa di studio dal suo vecchio college. Questo romanzo completa il quadro dello sfuggente studioso di filologia14.



Timbermill ha uno studio in cui hanno luogo le esercitazioni, la qual cosa è un reminiscenza dello studio di Tolkien a Northmoor Road negli anni Trenta.



Quella che doveva essere quasi l'intera zona sotto il basso tetto spiovente della casa era stata sventrata per farne una sola enorme camera. C’era uno spazio centrale che avrebbe potuto ospitare diversi tavoli da biliardo senza che qualcuno li notasse, e da questo si ramificavano, come bocche aperte e cavernose, un numero di estensioni simili a tunnel che scavavano profonde grondaie. Dato che qualcosa doveva sostenere il soffitto e le piastrelle sopra la testa, isolati pali di legno salivano qua e là dal pavimento fino a punti strategici in mezzo alle travi. Uno scenografo costretto ad evocare, al di là dell’ampio arco di un proscenio, una rappresentazione plausibile della mansarda-studio di Hjalmar Ekdal in L’anitra selvatica15, avrebbe realizzato un effetto assai simile. Solo che qui, al posto della miscellanea disordinata di un fotografo del Diciannovesimo Secolo, c’erano semplicemente migliaia e migliaia di libri16.



Il dottor Timbermill lavora da anni su un libro dal titolo La magica ricerca, che lo porta, secondo il parere dei suoi colleghi, a trascurare i suoi doveri accademici.



McKechnie ora era su un terreno familiare e congeniale. «Un triste caso» concluse inaspettatamente.

«Quello di Timbermill, intendi?»

«Sì, infatti. Uno studioso di rilievo, così pare. Incontrastato nel suo campo. Ma, in qualche modo, è uscito dai binari ed ha prodotto questo lungo folle libro – una sorta di romanzo apocalittico…»17



Timbermill riferisce, in un’occasione, di un dotto lavoro di Bosworth-Toller che, secondo lui, aveva ingannato il suo allievo (Il soprannome di Tolkien era “Tollers”, e fu inizialmente un “Rawlinson and Bosworth Professor of Anglo-Saxon”18 ad Oxford). Ci viene detto che il libro La magica ricerca aveva dato una notevole fama a Timbermill nei suoi ultimi anni.



Heaven’s War



Questa è una graphic novel, un genere in rapida via di sviluppo. È stata scritta da Micah Harris ed illustrata da Michael Gaydos. Anche se piuttosto rigido nel disegno, e correlato da ampie note per dare un senso alla trama, Heaven’s War è un’interessante adattamento in fiction di Tolkien e dei suoi compagni Inklings, C.S. Lewis e Charles Wiliams. Nel 1938, mentre nella realtà la guerra globale diventa sempre più probabile, Tolkien ed i suoi amici sono trascinati in una battaglia contro forze sovrannaturali guidate da Aleister Crowley, un’altra persona reale associata all’occulto. Le svolte e le pieghe arcane che la storia assume sono reminiscenze sia del Codice Da Vinci di Dan Brown che dei romanzi sovrannaturali di Charles Williams. Ad un certo punto della narrazione, appena dopo che Williams ha scoperto la porta per il paradiso, Tolkien e Lewis stanno trattenendo Crowley, che cerca di fermare Williams. Il dialogo è il seguente:



Tolkien: Umf! Penso che Crowley abbia una legione di diavoli in lui!

Lewis: Dio è – ah – più grande di Satana, Ronald! Noi possiamo trattenerlo…

Crowley: Umf – Così tanta fiducia nelle cose spirituali, professor Lewis – umf – ma qualche volta le farebbe bene… porre la tua fiducia… nel potere della carne! [pugnala Lewis] Sono deluso da lei, signore. Non vi ha forse il vostro Signore comandato di “resistere alcun male”? Ma ora... bisogna fermare Williams!

Lewis: Charles! Attento! Att…ah!

Tolkien: Jack! Non agitarti. Non sappiamo quanto a fondo il coltello abbia…

Lewis: Ronald, lasciami! Tu devi… aiutare… Charles…

Tolkien: E tornare per trovarti dissanguato? Pensi che Charles mi perdonerebbe mai per questo? O che io potrei mai perdonare me stesso? Le mie motivazioni sono puramente egoistiche, lo vedi. Non voglio essere privato dai tuoi incisivi commenti sul Nuovo Hobbit19



Melanie Jeschke



I romanzi romantici di Melanie Jeschke sono ambientati ad Oxford poco dopo la morte di C.S. Lewis. Da professori e studenti influenzati da Lewis viene avviato un club degli Inklings da che si riunisce il martedì sera all’osteria The Eagle and Child. In un’occasione, Tolkien è invitato a parlare.



Kate si aspettava una figura alta, come il mago Gandalf nel Signore degli Anelli; invece il signor Tolkien era di media altezza e di costituzione esile. Capelli grigi e folte sopracciglia grigie incorniciavano il suo viso lungo e quasi elfico. Indossava ordinari pantaloni di flanella, a giacca di tweed e robuste scarpe marroni. Il solo indizio della sua inclinazione al fantastico e allo stravagante era la sua maglia dai colori vivaci. Sembrava piuttosto timido ed impacciato da tutta quell’attenzione, ma una volta che si iniziava a scaldare sui suoi argomenti parlava con grande animosità – e così rapidamente da risultare incomprensibile, a tal punto che Kate faceva fatica a seguirlo. Riuscì a capire che lui avrebbe letto qualcosa dal Silmarillion, la sua storia incompiuta ed inedita sugli elfi, che costituiva la mitologia della sua popolare trilogia. Molte di quelle storie, stava spiegando, erano state effettivamente scritte prima dello Hobbit. Quella che scelse di leggere loro fu la storia d’amore tra Beren e Lúthien.



Il silenzio cadde sopra il pub affollato mentre l’anziano uomo iniziava a leggere. Senza più borbottare, declamò il testo con l’aura di un bardo in un antico mead hail [mead= idromele, hail=saluto ma non capisco cosa voglia dire nel contesto] anglosassone. Lasciò il gruppo incantato.



Kate ripensò alla descrizione che W.H. Auden aveva fatto di Tolkien mentre leggeva il Beowulf: «La voce era la voce di Gandalf» […]



Quando gli applausi si smorzarono, David aprì il forum alle domande. Molti studenti erano desiderosi di fare domande sulle complesse tradizioni elfiche ed il professore fu molto gratificato nel rispondere loro. Presto fu avvolto nel fumo mentre sbuffava con la sua pipa, parlando tutto il tempo. Sembrava quasi un gobbi egli stesso, pensò Kate mentre cercava di decifrare il suo rapido parlare, ancor più incomprensibile a causa della pipa.20



Il ritratto che Melanie Jeschke fa cerca di arrivare molto più vicino al Tolkien storico, reale, mentre Lewis e Stewart prendono degli aspetti di lui per poi introdurli nella loro fiction. Per usare le parole di Tolkien, il personaggio di Ransom, nel quale egli riconobbe sé stesso, era “lewisificato”. Similarmente, egli è “stewartizzato” nelle storie di Pattulo. Nominando Tolkien, Melanie Jeschke è obbligata ad attenersi molto al Tolkien reale.



Tolkien nelle ricostruzioni semi-fittizie



Tutto ciò porta naturalmente alla ricostruzione di una serata degli Inklings che Humphrey Carpenter fa nel suo libro sul gruppo. L’apparizione di Tolkien in questa serata semi-fittizia è visibile in questo passaggio peculiare:



Ci fu una pausa mentre Lewis accendeva la sua pipa. «Williams arriva tardi» disse attraverso il cannello «Ma non credo verrà qualcun altro. Qualcuno ha qualcosa da leggere?»



Tolkien disse di aver portato “un altro capitolo hobbit” – per qualche ragione si riferiva raramente al suo nuovo libro con il suo titolo ufficiale e gli Inklings lo conoscevano come Il Nuovo Hobbit.



«È un peccato che Coghill non si faccia vedere di giovedì, di questi tempi» rimarcò Warnie «Gli è piaciuto così tanto il primo libro di Tollers sugli hobbit che sono sicuro che avrebbe gradito anche questo»



«Ovviamente» disse Tolkien «La sua “Produzione” occupa un bel po’ del suo tempo»



«Ricordate l’Amleto di Coghill, circa cinque anni fa?» domandò Lewis, mentre Tolkien preparava il suo manoscritto.



«Era roba abbastanza buona per come vanno queste cose, a quanto ricordo» disse Warnie.



Jack grugnì. «Suppongo lo fosse, nel suo genere, ma in realtà non riesco a farmi piacere queste produzioni da studente universitario. Loro le recitano in un modo che prima ti riempie di imbarazzo e di pietà e, infine, di un irrazionale odio personale verso gli attori – del tipo, “Perché quel maledetto uomo continua a urlare contro di me?”»



«Amleto è un dramma abbastanza bello» disse Tolkien «A patto che tu lo prenda così com’è e non inizi a pensarci sopra. In effetti sono dell’idea che i drammi del vecchio Bill, in generale, siano sempre gli stessi – semplicemente non c’è una sola idea coerente dietro di loro…»21



Conclusioni



Tolkien ha condotto apparentemente una vita che può non sembrare straordinaria o insolita alla maggior parte delle persone. Era un uomo di famiglia la cui vita professionale venne spesa soprattutto nel lavoro accademico, prima nell’Università di Leeds e poi ad Oxford. Uno dei suoi interessi era quello di incontrarsi con gli amici, nei pub o nelle stanze del college. Tuttavia egli si presenta come una figura straordinariamente attraente per uno scrittore di fiction. Questo è sorprendente, data la natura tranquilla della sua vita ordinaria ed il carattere specialistico delle sue attività accademiche. Il fascino sta forse nella sua visione immaginativa e spirituale (che ci ha dato Il Signore degli Anelli ed il coerente mondo della Terra di Mezzo) e la sua associazione con gli Inklings, C.S. Lewis, Charles Williams e gli altri. Anche se le sue rappresentazioni nella fiction non aggiungono nulla alla nostra conoscenza fattuale su Tolkien, essi si aggiungono alla nostra comprensione e percezione di lui e, allo stesso tempo, svolgono la loro parte integrante nei vari avvenimenti fittizi.22





[traduzione autorizzata di Adriano Bernasconi dell'articolo di Colin Duriez presnet nei Proceedings di Birmingham 2005]













1 Gioco di parole tra “spectacle” (spettacolo) e “spectacles” (occhiali) [N.d.T.].

2 The Personal Heresy (Oxford: Oxford Paperbacks, 1965), p. 11-12.

3 “Niggling” cioè “pignolo”, suona molto simile a “Niggle” [N.d.T.].

4 J.R.R. Tolkien, Sauron Defeated (London etc), p. 202.

5 Tom Shippey, J.R.R. Tolkien: Autore del secolo, p. 287.

6 “Lewisified”, cioè “tradotte da Lewis” o “nel linguaggio di Lewis” [N.d.T.]

7 Perelandra, cap. 1.

8 Perelandra, cap. 1.

9 «Stavamo parlando di draghi, Tolkien ed io / in un bar del Berkshire. Il grosso operaio / che era rimasto seduto in silenzio ed aveva succhiato la sua pipa / tutta la sera, dal suo boccale vuoto / con un occhio lucente guardò verso di noi / “Li ho visti anche io” disse fiero» [N.d.T.]. Citato in: Humphrey Carpenter, Gli Inklings (Milano, Jaca Book, 1985), p. 75.

10 Carpenter, p. 75.

11 Master of Arts (Maestro delle Arti), un titolo del college di Oxford [N.d.T.].

12 Doctor of Letters (Dottore in Lettere), un titolo del college di Oxford [N.d.T.].

13 Bachelor of Fine Art (Baccelliere delle Belle Arti), un titolo del college di Oxford [N.d.T.].

14 Per saperne di più sul dottor Timbermill, vedere: Jessica Yates, J.I.M. Stewart, J.B. Timbermill and J.R.R. Tolkien in Mallorn 31, dicembre 1994 (UK: The Tolkien Society, 1994).

15 Opera dello scrittore e drammaturgo norvegese Ibsen [N.d.T.].

16 J.I.M. Stewart, The Young Pattulo (New York: W. W. Norton, 1975), pp. 106-7.

17 J.I.M. Stewart, A Memorial Service (Londra: Methuen paperbacks, 1977), pp. 176.

18 “Rawlinson and Bosworth Professor of Anglo-Saxon”, titolo della cattedra di Anglosassone ad Oxford, così soprannominata a partire dal 1795 in onore del professor Richard Rawlinson (1690-1755) e con l’aggiunta successiva del nome “Bosworth” per commemorare il professor Joseph Bosworth (1789-1876), altro docente storico di quella cattedra [N.d.T]

19 Micah Harris e Michael Gaydos, Heaven’s War (Orange, CA: Imagine Comics, 2003), p.64.

20 Melanie Jeschke, Inklings, p. 72.

21 Humphrey Carpenter, Gli Inklings, p. 135. (traduzione mia)

22 C’è un’altra questione relativa allo status elevato che lo scrittore e l’artista hanno nella cultura occidentale a partire dal movimento del Romanticismo, che sembra ancora persistere dalla cosiddetta “morte di Dio”, proclamata da Nietzche, e la conseguente morte dell’autore. L’artista è un profeta e un veggente spirituale, la cui biografia contiene indizi sui suoi poteri rivelatori. Ma questo avrebbe richiesto un’altra ricerca, al di là della portata di questo escursus piuttosto modesto.