"Grande è la caduta di Gondolin!"


di Vincenzo Gatti


Esistono sei versioni fondamentali del racconto della caduta dell'elfica città di Gondolin nell'ambito della mitologia tolkieniana. Una è compresa nell'Earliest Silarilllion, che fa parte del quarto volume della History of the Middle-Earth, dal titolo The Shaping of the Middle-Earth; la seconda è nel Quenta, altro testo dello stesso volume, la terza è nel Quenta Silmarillion, proposto nel quinto volume della History of the Middle-Earth, The Lost Road and Other Writings. Ben più importanti sono la quarta di questo elenco, ma prima in ordine di composizione, proposta ne I racconti perduti, chiamata Tuor e gli esuli di Gondolin, risalente al 1916, quella del Silmarillion e quella successiva ma purtroppo incompleta de I racconti incompiuti.

Le versioni dell'Earliest Silmarillion, del Quenta e del Quenta Silmarillion non presentano grandi differenze rispetto a quella del Silmarillion, mentre Tuor e gli esuli di Gondolin de I racconti perduti è molto più vasta, ricca di particolari ed emotivamente intensa. Per la sua completezza si può considerare di per sé "definitiva" (e per questo mi soffermerò su di essa in particolare, facendo riferimento al Silmarillion per le vicende di Turgon prima della caduta di Gondolin e ai Racconti Incompiuti per alcune precisazioni o descrizioni introdotte da Tolkien). Essa si può considerare "un'espansione notevole, sia a livello quantitativo (nel Silmarillion lo stesso argomento occupa poche righe, qui cinquantotto pagine), sia a livello qualitativo: è una delle vette di una particolare vena stilistica di Tolkien, quella epico-sublime", come si legge in Introduzione a Tolkien1.

Ne I racconti perduti Turgon è figlio di Finwë, mentre la figura di Fingolfin (che è invece il suo padre ne Il Silmarillion) non è ancora stata creata da Tolkien2, ed è a capo dell'unica stirpe dei Noldoli che sfuggì al potere di Melko quando con la battaglia delle Innumerevoli Lacrime (che avviene poco dopo lo sbarco dei Noldoli nella Terra di Mezzo) egli sterminò e rese schiavo il popolo degli Elfi3. Turgon, in quanto figlio del primo re dei Noldoli, ha un ruolo ancora più importante che ne Il Silmarillion, e per lunghi secoli è il capo di quasi tutti gli elfi liberi della Terra di Mezzo, eccetto i sudditi di Tinwë Linto (poi Thingol). In parole povere, non esistono ancora Fingolfin, Fingon e Finrod, ma Turgon c'è già! Turgon – dunque – risulta uno dei più antichi protagonisti della mitologia della Terra di Mezzo.

Un altro grande protagonista di Tuor e gli esuli di Gondolin (sia nella versione originaria, sia nelle successive) è l'uomo Tuor, figlio di Huor e cugino di Turin, l'uccisore del drago Glaurung. Tuor rappresenta una figura di scopritore in un mondo incantato: ("Come certuni affermano", si legge nel racconto) è il primo uomo a vedere il Mare e a conoscere la smania che esso infiamma4, smania che probabilmente deriva dal desiderio di raggiungere il Reame Beato dei Valar; egli vaga per l'incantevole Terra dei Salici dove scorge le prime farfalle5, e incontra il Vala Ulmo che ha potere sulle acque6. Quest'ultimo è descritto molto dettagliatamente, dai capelli ai calzari, con tutta una serie di particolari che scompariranno persino nell'ampio (in quarantasette pagine ci conduce solo alle porte di Gondolin!) Tuor e il suo arrivo a Gondolin che apre i Racconti Incompiuti. Ulmo impietosito per la sorte dei Noldoli nella Terra di Mezzo, affida a Tuor l'incarico di raggiungere Gondolin e gli rivela alcuni dei suoi disegni e desideri. Questo episodio, in realtà, è trattato più accuratamente nei Racconti Incompiuti: Ulmo parla all'eroe della Sorte di Mandos (per la quale i Noldor sconteranno con il sangue la colpa di aver ucciso i Teleri per rubare le loro navi e saranno uccisi, da armi, tormento e dolore7), ma osserva che nell'armatura del Fato c'è sempre una crepa, come nelle mura di una sorte una breccia, quindi si sforza di aiutare i Noldor e di intercedere per loro presso gli altri Valar8.

Prima da un gruppo di Noldoli, poi da Voronwë, Tuor è guidato fino a Gondolin. Voronwë istruisce il suo compagno sulla storia degli Elfi (non bisogna dimenticare che Tuor e gli esuli di Gondolin è tra i primi testi della mitologia di Tolkien, non ha alle spalle le vicende sistematizzate nel Silmarillion), ricordando l'esito infausto della Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, e infine i due viaggiatori hanno la visione della città dai sette nomi: Gondolin ("Pietra di Canto"), o Gondobar ("Città di Pietra"), o Gondothlimbar ("Città degli Abitanti nella Pietra") o Gwarestrin ("Torre di Guardia") o Gar Turion ("Il Luogo Segreto") o Loth (perché è come un fiore) o Lothengriol ("Il Fiore che sboccia nella Piana"). Gondolin appare a Tuor nel suo splendore mozzafiato, che dovrebbe ricordare l'elfica Tirion, città nel Reame Beato: le sue torri svettano fino al cielo. Essa è abbarbicata su un monte come le città degli Incas Vilcabamba e Macchu Picchu, dove la civiltà precolombiana sterminata dagli Spagnoli sopravvisse in parte in un regno nascosto per venticinque anni, prima che i suoi difensori fossero a loro volta uccisi, ma senza che fosse individuata la loro dimora (come ricorda Christina Scull9).

Nell'episodio dell'incontro tra Tuor e i Gondothlim, Tolkien sottolinea che i figli di Elfinia in genere sono più alti degli uomini, sebbene Tuor superi persino loro in altezza: è importante ricordarlo, perché ciò dimostra che Tolkien non concepiva, in questo testo e in molti altri, gli Elfi come creature piccole ed esili, ma come robusti ed implacabili guerrieri ed esseri in grado di resistere ad ogni fatica10. I Gondothlim, della stirpe degli Gnomi o Noldoli, hanno visi bellissimi ma malinconici perché tormentati dal rimpianto per aver abbandonato il Reame Beato11. Tuor sempre più sorpreso è accompagnato attraverso le strade di Gondolin fino al palazzo reale, ai lati della cui porta sorgono due piante, con fiori rispettivamente d'oro e d'argento, virgulti degli alberi di Valinor12 (non è insignificante notare che essi ne Il Silmarillion diverranno "immagini degli alberi di un tempo" forgiate da Turgon13: infatti Tolkien successivamente si deve essere accorto che, se fossero esistiti dei virgulti dei due alberi di Valinor distrutti da Melkor, forse sarebbe stato inutile chiedere a Fëanor i Silmarilli che ne intrappolavano la luce, onde tentare di rigenerare queste sacre piante).

Facendosi portavoce di Ulmo, che gli infonde maestà nella voce, Tuor profetizza la futura, inevitabile battaglia contro Melko. Ma Turgon ama troppo la sua città per metterne a repentaglio l'esistenza in una lotta contro il Vala malvagio: ormai è troppo attaccato ai frutti delle opere sue e del suo popolo e dimentica la vera patria del Reame Beato14.

Tuor diventa ospite dei Gondothlim, scopre molte arti e tecniche elfiche, ama riamato Idril piede d'argento, che ha lo stesso appellativo della dea Teti nell'Iliade (IX, 410; XVIII, 381) e gli dà un figlio, Eärendel15, il forte marinaio e futuro messaggero di Elfi e uomini presso i Valar. Tuor però suscita l'ira e la gelosia del principe Meglin, il cui emblema è una talpa nera. La storia di questo futuro traditore è narrata articolatamente nel Silmarillion: egli guarda senza batter ciglio suo padre fatto precipitare dalle mura di Gondolin per aver ucciso sua moglie, sorella di Turgon, viene maledetto dal malvagio genitore che gli profetizza una stessa fine, ama a lungo invano Idril16. La principessa elfica, dotata di virtù profetiche, è diffidente nei confronti del cugino, e raccomanda a Tuor di costruire una nuova via di fuga per il suo popolo, che si aggiunga a quella nota a Meglin17. È interessante notare similmente - che nel secondo libro dell'Eneide (vv. 453-457) si parla di una porta segreta che Andromaca percorreva per raggiungere il palazzo di Priamo.

Meglin, catturato dagli Orchi, si fa condurre da Melko e lo avverte che potrà conquistare la città solo con "bestie simili a serpenti e a draghi di forza irresistibile"18, bestie che ricordano i carri armati che gli Inglesi usarono sulla Somme (battaglia della quale Tolkien fu testimone), come osserva John Garth19 e che rendono "palpabile" in questo racconto "il lato oscuro della guerra di trincea", come dimostra Christopher Garbowski20. Quindi in un racconto fantastico fa irruzione, per vie traverse, l'attualità, rappresentata dalla guerra e dal male che prendono spunto dalle esperienze di vita dell'autore, che Tolkien – però! - secondo Tom Shippey scrive

"seguendo dettami non realistici essenzialmente, perché sente che stava scrivendo di argomenti troppo grandi e troppo generali per poter essere legati ad ambientazioni particolari e riconoscibili"21.

Certo di ottenere come prezzo del suo infame tradimento Idril, desideroso di vendicarsi del suo rivale Tuor e convinto a precipitare Eärendel giù dalle mura, Meglin torna a Gondolin. Quando Eärendel compie sette anni, Melko ritira le spie che cingono Gondolin, preparandosi all'assalto che ha inizio durante la grande ricorrenza di Tarnin Austa, la porta dell'estate22.

In questa occasione si incontrano tutti gli eroi delle stirpi elfiche di Gondolin, in pagine che ricordano l'epica e la tragedia classica. La schiera della casa reale, ad esempio, ha come colori il bianco, l'oro e il rosso e come emblema il cuore scarlatto, a ricordo del cuore di Finwë fatto custodire da Turgon dopo la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime23 (nel Silmarillion, invece, le aquile portano a Turgon l'intero corpo di suo padre Fingolfin24, morto prima della Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, dopo aver sfidato Melkor a singolar tenzone). Il seguito di Meglin, principe di Gondobar, ha come simbolo la talpa; la gente della Rondine ha sull'elmo un ventaglio di penne, è abbigliata di bianco e blu scuro e di porpora e nero, reca sugli scudi una punta di freccia ed è capeggiata da Duilin, veloce nella corsa (come Achille) ed abile arciere25. La stirpe dell'Arco Celeste è di tanto smisurata ricchezza, che veste in un tripudio di colori e porta armi intarsiate di gemme, con scudi azzurri e borchie formate da sette pietre preziose, ed ha come capitano Egalmoth26. Le genti del Pilastro e della Torre di Neve hanno a capo Penlod, il più alto dei Noldor27, le genti dell'Albero, che combattono con mazze borchiate o fionde, sono guidate da Galdor, il più valoroso di tutti i Gondothlim dopo Turgon28. La casa del Fiore d'Oro porta sullo scudo un sole raggiante ed ha a capo Glorfindel, mentre il popolo di Ecthelion della Fonte brandisce spade molto lunghe, luminose e pallide e va in battaglia al suono dei flauti (narra Tucidide, in Storie V, 70, che anche gli Spartani andavano in battaglia al suono dei flauti, non perché ciò avesse un carattere rituale, ma perché imponeva un determinato ritmo di marcia all'esercito, in modo che non si scompaginasse); la casa dell'Arpa ha come capo il codardo Saglant, e ha come stemma un'arpa argentea o dorata (per Salgant) in campo nero29. La gente del Martello d'Ira, guidata da Rog, venera Aulë, il Vala fabbro, combatte con grandi mazze simili a martelli e porta scudi pesanti. Tuor, infine, ha un corpo di guardia, la gente dell'Ala30.

Si è già scritto che nel catalogo degli eroi di Gondolin vi son reminiscenze classiche: nell'Iliade, infatti, gli eroi Troiani sono elencati nel libro II (vv. 816-877): Ettore elmo splendente (che porta uno scudo rotondo e un'armatura di bronzo in Iliade XI, 61) è condottiero dei Troiani; Enea figlio di Anchise guida i Dardani; Pandaro cui Febo ha dato l'arco è al comando dei guerrieri di Zelea; Adrasto ed Anfio dalla corazza di lino sono al comando dei guerrieri di Adrastea; Asiaco guida quelli di Percote che montano cavalli magnifici; Ippotoo è a capo dei valorosi Pelasgi; Acamante guida i Traci; Pilemene comanda i Paflagoni; Anfimaco va in guerra coperto d'oro come una donna; Sarpedonte e Glauco sono a capo dei Lici. Nel libro III (vv. 166-230) dell'Iliade troviamo invece la celebre Teichoscopia, con Elena che indica a Priamo i condottieri Greci: Agamennone, bello e nobile; l'accorto Odisseo; l'immenso Aiace Telamonio; Idomeneo re di Creta. Nel libro X (vv. 426-435) dell'Iliade la spia, che poi diventa traditore, Dolone elenca alcuni alleati dei Troiani: Cari e Peoni che hanno archi ricurvi, Lelegi, Cauconi, Pelasgi, Lici, Misi, cavalieri Frigi e Meoni che governano i carri, Traci con il loro re Reso. Nel libro XIII (vv. 712-719) dell'Iliade si fa riferimento ai Locresi seguaci di Aiace d'Oileo, che fidano negli archi e nelle fionde; nel libro XV (vv. 440-441) si fa riferimento a Teucro, cui Apollo ha donato l'arco. Nel libro XVIII, infine, è descritta l'armatura di Achille.

Un altro testo classico che contiene un catalogo degli eroi, nel quale ci si sofferma soprattutto sugli scudi, è I sette a Tebe di Eschilo: nel secondo episodio di questa tragedia si legge che sullo scudo, rispettivamente, Tideo ha un cielo stellato, Capaneo un uomo che porta una fiaccola e la scritta "Io arderò Tebe", Eteoclo un oplita che sale su una scala per raggiungere la cima di una torre nemica, Ippomedonte il mostro Tifeo, Partenopeo la Sfinge, Anfiarao nessun emblema, Polinice un guerriero in armi condotto da una donna.

Dopo il catalogo degli eroi di Gondolin, la guerra si scatena. Il primo a scendere in battaglia contro orchi, balrog e draghi di Melko è Rog con il popolo del Martello d'Ira, seguito dalle stirpi dell'Albero con Galdor, della Rondine e dell'Arco. Tuor, intanto, combatte per le strade e cerca di raggiungere casa sua, temendo gli agguati tesi a Idril ed a Eärendel da Meglin31. Questi ha già assunto il ruolo del traditore Sinone nel secondo libro dell'Eneide virgiliana, poema che, come ricorda Robert Morse, ha esercitato grande influsso sulla cultura occidentale e un più che probabile influsso anche su Tolkien32, e ora vorrebbe, come Neottolemo con Andromaca ed Astianatte, catturare Idril e gettare Eärendel giù dalle mura. Tuor, intervenendo tempestivamente, fa subire la stessa atroce sorte a Meglin (nel Silmarillion si avvera così la profezia di suo padre Eöl). In un crescendo di emozioni Tolkien evoca la discesa in battaglia degli altri grandi eroi di Gondolin, dei quali sopravvivono Egalmoth, Echtelion, Galdor, Tuor e Glorfindel (il codardo Salgant muore nel suo palazzo). Echtelion, "il più bello dei Noldoli", sebbene ferito, uccide Gothmog capitano dei Balrog e trova così la morte33.

Tuor raggiunge il palazzo reale, all'interno del quale Turgon pronuncia la fatidica frase "Grande è la caduta di Gondolin" e poi esclama "Grande è la vittoria dei Noldoli". Suscita risate di scherno degli Orchi, ma la sua affermazione è emozionante e fa pensare sia alla viltà degli avversari, che vincono attraverso il tradimento e il numero soverchiante sia alla salvezza futura (che scaturirà da Tuor e da suo figlio, protetti da Ulmo). Come Priamo e (in un primo tempo) Anchise, padre di Enea, Turgon sceglie per se stesso la morte, ma successivamente Anchise, reso improvvisamente consapevole della volontà divina, decide di seguire il figlio alla ricerca di una nuova patria. Per tre volte (il tre è numero sacro ricorrente nell'epica) i Gondothlim superstiti pregano il loro irremovibile sovrano di seguirli, ma questi muore tra le rovine del suo palazzo, come Priamo che è ucciso da Neottolemo. Tuor ed Enea, però, hanno una stessa reazione: l'instinto di gettarsi nella mischia quando l'anziano rifiuta la salvezza: il primo grida a Idril: "Ora porterò via di là tuo padre, fossero pure gli inferni di Melko"34, mentre Enea "Rursus in arma fertur mortemque miserrimus optat" (Aen. II, 655). L'eroe troiano è accomunato a Tuor anche dalla necessità e volontà di salvare il figlio: Iulo darà origine alla gens Iulia e dalla suo popolo nascerà il fondatore di Roma, Eärendel raggiungerà il Reame Beato dei Valar e intercederà per Elfi e Uomini, oppressi dal malvagio potere di Melkor.

Idril e Tuor vedono in lontananza Turgon morire nel crollo della sua torre in fiamme, e la principessa commenta amaramente che la cecità del saggio è triste, ma Tuor ribatte che è anche triste l'ostinazione di quanti amiamo, ma (nel caso di Turgon) si tratta di un errore valoroso35.

"Il saggio" è proprio l'appellativo tipico di Turgon: egli, nel Silmarillion, parla contro il giuramento di Fëanor di perseguitare chiunque abbi un Silmaril36; affronta il passaggio dal Reame Beato alla Terra di Mezzo attraverso i terribili ghiacci dell'Helcaraxë, perdendo l'amata sposa Elenwë37; gode del favore di Ulmo che lo aiuta a trovare la valle nascosta di Tumladen ove sorgerà Gondolin38; accoglie Eöl, marito di sua sorella, senza umiliarlo perché è un Elfo scuro39; prende parte alla Battaglia delle Innumerevoli Lacrime mentre potrebbe vivere tranquillo nel suo reame celato (come fa Thingol, protetto dalla Maia Melian) e per giunta impedisce ai suoi soldati di rispondere alla provocazione di Melkor/Morgoth attaccando in un momento sfavorevole40.

Tuor, dunque, con la morte nel cuore, seguito da Idril, Eärendel e i resti del suo popolo, cerca la salvezza e attraverso un viaggio più simile a quello di Enea che a quello di Ulisse, non tanto e non solo perché si svolge per terra e non via mare, ma perché è provvidenziale (mentre quello di Ulisse è dominato dal caso più ancora che dall'odio di Poseidone). Tuttavia ai Gondothlim è chiesto un ultimo sacrificio: Glorfindel muore precipitando con un Balrog nell'abisso41 (simile sorte toccherà a Gandalf nel notissimo episodio del Signore degli Anelli). Il biondo eroe elfico, però, ha il privilegio di reincarnarsi nella Terra di Mezzo e torna come personaggio de Il Signore degli Anelli, come si legge nel sesto volume della History of the Middle-Earth, The Return of the Shadow:

"Also very notable is 'Glorfindel tells of his acestry in Gondolin'. Years later, long after the publication of The Lord of Rings, my father [scrive Christopher Tolkien] gave a great deal of thought to the matter of Glorfindel, and at that time he wrote: '[The use of Glorfindel] in The Lord of Rings is one of the cases of the somewhat random use of the names found in the older legends, now referred to as The Silmarillion, which escaped reconsideration in the final published form of The Lord of Rings.' He came to the conclusion that Glorfindel of Gondolin, who fell to his death in combat with a Balrog after the sack of the city (II. 192-194, IV. 145), and Glorfindel of Rivendell were one and the same: he was released from Mandos and returned to Middle-Earth in the Second Age42".

Per concludere, grande davvero (artisticamente grande) è questo testo letterario scritto da Tolkien: La caduta di Gondolin !

È grande perché suscita tutte le emozioni che un lettore di Tolkien si attende43: la commozione eroica del sacrificio di Turgon; l'eccitazione guerriera dell'esecuzione di Meglin o della discesa in battaglia di Rog o dell'accerchiamento di un drago di fuoco; la suspense della tentata uccisione Eärendel; il senso del mistero delle apparizioni di Ulmo; la meraviglia della descrizione di Gondolin; l'orrore per l'uccisione di tante donne e bambini; l'affetto domestico di Tuor che si sofferma ad osservare la sua bellissima Idril sebbene Gondolin stia cadendo e Turgon rischi la morte; il cameratismo ideale tra Tuor ed Echtelion; l'amore romantico tra Tuor e Idril; l'umorismo della scena in cui Eärendel dice di non voler andare a cavallo come il pigro Salgant; la gioia della natura data dai prati e dalle acque che ricoprono la valle di Tumladen; l'eccitazione erudita dell'elencare i sette nomi di Gondolin (ancora più evidente nella descrizione delle sette porte – come quelle della greca Tebe - ne I Racconti Incompiuti), l'indignazione morale per i tradimenti di Meglin o per l'uso di macchine di morte da parte di Melko; l'adesione morale nell'episodio in cui Tuor esalta il disperato eroismo di Turgon.

E – anche ed infine – essa suscita il sentimento religioso, legato alla percezione che Tutto, anche il Male, si verifica perché vi è una Ragione Profonda: Gondolin cade anche affinché gli Elfi comprendano la necessità di staccarsi dalla Terra di Mezzo e di non esser troppo orgogliosi (come invece lo fu Turgon nonostante le esortazioni di Tuor, ispirate da Ulmo), della loro opera terrena, per quanto virtualmente imperitura, grazie all'Imperituro Ilùvatar che la inserisce nel suo Disegno.

1 Franco Manni (a cura di), Introduzione a Tolkien, Simonelli, Milano 2002, p. 38.

2 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti, Bompiani, Milano 2000, p. 245; Racconti Ritrovati, Bompiani, Milano 2000, p. 291.

3 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 193.

4 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 186.

5 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 189.

6 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 190.

7 J. R. R. Tolkien, Silmarillion, Rusconi, Milano 1978, p. 103.

8 J. R. R. Tolkien, Racconti Incompiuti, Bompiani, Milano 2001, pp. 49-50.

9 Christina Scull, L'influenza dell'archeologia e della storia sul mondo di Tolkien, in F. Manni (a cura di), Mitopoiesi. Fantasia e Storia in Tolkien, Grafo, Brescia 2005, pp. 83-84 (l'articolo copre le pp. 73-84).

10 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 196.

11 Ibidem.

12 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 197.

13 J. R. R. Tolkien, Silmarillion…, p. 154.

14 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 198.

15 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 202.

16 J. R. R. Tolkien, Silmarillion…, pp. 169-170.

17 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, pp. 205-206.

18 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 208.

19 John Garth, Tolkien e la Grande Guerra: "orrore animalesco" nella Terra di Mezzo, in F. Manni (a cura di) Mitopoiesi…, pp.139-140 (l'intero articolo copre le pp. 135-154).

20 Cristopher Garbowski, La Terra di Mezzo di Tolkien e la spiritualità per il mondo reale, in F. Manni (a cura di), Mitopoiesi…, p. 62 (l'intero articolo copre le pp. 27-60).

21 Tom Shippey, Tolkien e la letteratura fantastica post-bellica, in F. Manni (a cura di), Introduzione a Tolkien…, p. 305.

22 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 211.

23 Si veda J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 245.

24 J. R. R. Tolkien, Silmarillion…, p. 191.

25 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 213.

26 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 213.

27 Ibidem.

28 Ibidem.

29 Ibidem.

30 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 214.

31 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 217.

32 Robert Morse, Evocation of Virgil in Tolkien's Art, Oak Park, Illinois, Bolchazy-Carducci publishers, 1986, citato in F. Manni (a cura di), Introduzione a Tolkien..., p. 360.

33 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 226.

34 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 230.

35 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 230.

36 J. R. R.. Tolkien, Il Silmarillion…, p. 97.

37 J. R. R.. Tolkien, Il Silmarillion…, p. 106.

38 J. R. R.. Tolkien, Il Silmarillion…, p. 138.

39 J. R. R.. Tolkien, Il Silmarillion…, p. 168.

40 J. R. R.. Tolkien, Il Silmarillion…, p. 239.

41 J. R. R. Tolkien, Racconti Perduti…, p. 239.

42 J. R. R. Tolkien, History of the Middle-Earth, vol. VI, The Return of the Shadow, HarperCollins, London 2002, pp. 214-215.

43 Emozioni individuate e catalogate, soprattutto in riferimento a il Signore degli Anelli, da Franco Manni in Introduzione a Tolkien…, pp. 163-168 (capitolo: Le emozioni di un lettore di Tolkien).