Spade di Gondolin


di Denis Collins


Durante la lunga pace prima della Ninraeth Arnoediad, Turgon, Signore della Città Celata, ordinò al principale fabbro di Gondolin di forgiare una coppia di spade: una sarebbe stata per lo stesso Re, l’altra per chiunque Turgon avrebbe considerato come l’elfo più valoroso di tutto il Regno Celato. Il fabbro fece come gli era stato ordinato e forgiò due potenti lame, nella cui creazione riversò tutte le sue conoscenze e la sua abilità. Ed il Re annunciò che chiunque tra la sua gente, di alto o basso rango, si fosse dimostrato il più degno di tutti gli altri a Gondolin – che fosse in battaglia o in astuzia o in consiglio, o in un qualunque altro modo potesse servire per tenere nascosta la Valle di Tumladen dagli occhi insonni e dalla mente inesorabilmente maligna di Morgoth – avrebbe ricevuto la potente spada. Turgon stesso prese per sé Glamdring, - Battinemici - e la portò sempre alla cintura, come segno della disponibilità a difendere la città avita, quella disponibilità che tutti tra i Gondolodrim possedevano in questo momento di pace precaria; al suo popolo offrì invece Orcrist, Fendiorchi. Ambedue le lame scintillavano di una luce azzurrognola in presenza di orchi o altre creature dagli intenti maligni, ma per molti anni non un nemico di qualunque tipo arrivò abbastanza vicino da risvegliare la fiamma nascosta; e per molti anni anche Orcrist rimase non reclamata, dato che Turgon riteneva che non fosse ancora arrivato il momento per sguainarla.

Dopo molti lunghi anni – nei quali Fendiorchi rimase nel suo fodero, sospesa nell’ampia volta della grande sala di Turgon mediante un paio di lunghe corde bianche, appesa in alto sopra il trono dello stesso Re, a perenne ricordo della minaccia che pendeva sopra il suo regno e cioè della posizione di Morgoth e dei suoi servitori ed i loro attacchi – Maeglin figlio di Eol parlò a Turgon dicendo: «Mio signore, la lama in palio che tutta la vostra gente brama non è ancora stata assegnata ad alcuno, sebbene vi siano molti in questa città che hanno dimostrato grande valore al tuo servizio. Perché accade questo?»

«Perché il Re ritiene sia giusto così» rispose Turgon con freddezza.

«Sì, mio signore, ma di sicuro dovrebbe abbellire la cintura di uno dei vostri capitani, non rimanere appesa al soffitto della vostra sala come un lampadario! Non posso reclamarla io, Maeglin, figlio di vostra sorella, se non vi è nessun’altro di valore?»

«Non possiedi già Anguirel, la spada di tuo padre, più resistente di qualunque altra spada della Terra di Mezzo – eccetto una? Quale altra arma vuoi?» rispose Turgon duramente, e Maeglin tacque per timore di svegliare l’ira di Turgon, anche se non dimenticò questo rifiuto da parte del suo padre adottivo e di tanto in tanto alzava lo sguardo verso Orcrist, che divenne per lui un simbolo del suo desiderio irrealizzabile: chiedere la mano della figlia del Re, sposarla ed avere il regno di suo padre.

Infine, quando la battaglia fu perduta, dopo quel giorno che gli Eldar ricordano come la Ninraeth Arnoediad, i Gondolodrim e tutti coloro che poterono unirsi a loro abbandonarono il campo e, stancamente, fecero finalmente ritorno a Gondolin, la Città Celata. Altrove si raccontano le gesta di Hurin e Huor e degli uomini di Dol Lomin in quel giorno; grazie al loro valore Gondolin venne tenuta nascosta, così che nessun servo di Morgoth poté sfondare la linea di quella feroce compagnia senza prima distruggere tutto ciò che trovava sul suo cammino. E così la decimata ed informe schiera di Gondolin, mescolata coi tristi residui della gente di Fingon, tornarono alla Città Celata senza che la sua posizione fosse rivelata al nemico.

Così, alla fine, la quinta ed ultima Battaglia della lunga Guerra dei Silmaril arrivò e passò e anche se molto altro della bella e ricca Terra di Mezzo andò perduto, Gondolin era ancora in piedi. Dopo che le ferite furono curate e che tutti ebbero il loro riposo, Turgon annunciò un grande banchetto e lì tutta la sua gente commemorò la caduta; grande fu il pianto e molte le luttuose canzoni cantate per chi era stato perduto; ma essi gioirono anche per la loro libertà e per il valore dei Gondolodrim. Molti furono premiati per le loro azioni sul campo di battaglia e alla fine Turgon convocò davanti al suo trono Glorfindel della Casa dei Fiori Dorati ed Ecthelion della Fonte, due dei più importanti capitani del Re che si erano distinti in battaglia per essere i più forti con le armi di tutta la schiera di Gondolin; ciascuno di essi aveva condotto una compagnia di cavalieri che difendevano il fianco dell’esercito in ritirata dalle innumerevoli moltitudini dell’Esercito di Morgoth, il sangue impazzito dalla consapevolezza che l’ultimo dei loro nemici si stava ritirando prima di loro.

Volgendosi prima verso Glorfindel, il Re disse: «Ecco qui Orcrist, Fendiorchi, la lama in palio: te la sei guadagnata con le tue azioni quest’oggi»

«Mio signore» rispose Glorfindel con gratitudine.

Poi, volgendosi ad Ecthelion, Turgon disse: «A te io dono Glamdring, Battinemici, la lama del Re» e davanti alla meraviglia di tutti i presenti si slacciò la cintura ed offrì la sua spada ad Ecthelion.

«No, sire!» esclamò Ecthelion, cadendo in ginocchio. «È la mia lama ad essere vostra, non la vostra mia!»

Ma Turgon scosse la testa lentamente e disse: «Hai guadagnato questa spada grazie alle azioni in battaglia e sei un proprietario più degno di quanto possa esserlo io»

Ancora una volta Ecthelion iniziò a protestare, ma con un tono di comando – come la voce del Fato - Turgon parlò: «Anche se è la migliore lama a Gondolin, non provo rancore nei tuoi confronti, giacché io stesso non avrò bisogno nuovamente di una spada, o almeno così prevedo; ma sopra voi due io vedo un grande Fato, ed entrambi avrete bisogno di una potente lama; tuttavia ritengo che le tue difficoltà saranno le più grandi, Ecthelion, ed è per questo che ti ho dato la spada migliore»

Volgendosi poi verso Glorfindel disse: «Anche se il tuo premio è Fendiorchi, assai più che meri orchi il suo compagno colpirà»

Così alla fine Ecthelion prese la lama che gli era stata offerta e s’inchinò profondamente.

L’anno che seguì fu il più oscuro mai visto nella Terra di Mezzo dal giorno in cui la Luna era sorta e i Noldor erano tornati, ma anche se tutto il Beleriand era invaso dai servi di Morgoth, il Regno Celato rimaneva segreto grazie alla sorveglianza delle aquile e alle abilità dei Noldor del passato. L’unico essere, mortale o elfico, che entrò nella città senza esservi invitato dal Re fu Tuor, figlio di Huor, e questo perché la sua Casa e il Fato di Ulmo giacevano su di lui.

L’oscuro presagio di Turgon di dimostrò vero e nel giro di pochi anni Gondolin fu tradita dal legittimo erede del reame e in molti dichiararono in seguito che il tutto fu reso possibile dal livore di Maeglin per Tuor e dal suo desiderio per sua moglie Idril, la sua stessa cugina. Altrove viene narrata la grande impresa della difesa del Regno Celato dal nemico, ma a capo di questa difesa vi furono Ecthelion e Glorfindel, giacché Ecthelion, nella stessa piazza del Re, combatté contro Gothmog, Signore dei Balrog. Battinemici fu usata per il meglio e, dopo aver abbattuto il suo nemico con le sue ultime forze, Ecthelion gettò la spada ai suoi compagni, comandando loro di custodirla poiché il suo destino era giunto, anche se il suo volto in quel momento brillava per la luce della sua grande vittoria. Tuttavia alla fine la città venne presa dall’Esercito di Morgoth e Tuor ed Idril fuggirono dalle rovine tramite una via segreta, assieme a tutto ciò che riuscirono a portare con loro. Purtroppo sul lungo cammino attraverso il passaggio segreto che li avrebbe condotti in salvo nelle terre al di là della Valle di Tumladen, furono assaliti da una brigata di orchi guidati da un balrog, uno di quelli della guardia di Gothmog. Avversa sarebbe stata la battaglia se tra gli esuli non vi fosse stato Glorfindel, capo della Casa dei Fiori Dorati, che era stato risparmiato dalla rovina della città – poiché nessun orco poteva sopportare la sua spada, Fendiorchi.

Ora, sfidando i ruggiti del balrog, Glorfindel si fece avanti ed estrasse la sua lama, ed essa brillava vivace per la gioia del massacro. In quell’istante lo scudiero di Ecthelion corse da Glorfindel, tenendo tra le braccia Glamdring, ed essa era come una fiamma che sfidava e superava quella di Gothmog, Signore dei balrog, da essa ucciso.

«Prendete questa spada, signore, che è stata la rovina del capitano di quest’osceno demone e che nessun’altro della sua razza potrà sconfiggere se qualcuno la brandisce»

Ma Glorfindel rise cupamente e replicò: «No, Glamdring ha già fatto abbastanza per un solo giorno, e la sua gemella ora deve cercare di pareggiare i conti – perché percepisco che il destino preannunciatoci dal mio sire è ora sopra me e la mia spada!» e dicendo questo lanciò un grande grido: «Per Ecthelion della Fonte, possano essere le mie azioni ricordate quanto le sue!»

E con questo il barlog fu su di lui. A lungo essi combatterono ed ogni volta che riusciva a far cadere il balrog gli orchi si sgomentavano e gridavano di terrore e disperazione, e non pochi fuggirono via strillando. Infine Orcrist calò mozzando la testa del demone, e la gente di Gondolin scoppiò in una sonora ovazione, ma anche Glorfindel gridò: «Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ho eguagliato Ecthelion, ma ora giunge il mio Fato!»

Detto questo, afferrò il suo avversario ed il suo spirito fuggì dalla sua forma terrena, mentre lui ed il suo nemico cadevano oltre l’orlo di quella strada elevata ed andavano perduti negli abissi sottostanti; ma proprio sul margine del dirupo giaceva Orcrist, in fiamme per la brama di uccidere il balrog.

A quel punto, vedendo la caduta del loro capitano e del suo avversario al medesimo tempo, gli orchi erano indecisi; ma ora molti di coloro che erano fuggiti tornarono, dopo aver osservato la battaglia e aver notato che il loro numero sovrastava quello dei loro nemici, molti dei quali erano feriti; dunque caricarono. Tutto sarebbe andato per il peggio se non ci fosse stato il tempestivo arrivo delle aquile che sorvegliavano l’Alto Passo. Esse misero in rotta gli orchi e li distrussero completamente, mentre i fuggitivi di Gondolin, guidati da Tuor, fuggivano; ma né Glamdring né Orcrist vennero dimenticate ed entrambe furono messe in salvo e bramate a lungo dai Gondolodrim, poiché esse portavano con sé la memoria di Gondolin la Bella ed erano sempre state un grande vantaggio contro i nemici.

Molte altre rinomate armi furono salvate dal saccheggio della città: Dramborleg, la grande ascia di Tuor, e Maegkalluin – un grande pugnale realizzato su ordine di Turgon per Tuor, per integrare la sua ascia. Era stato forgiato dallo stesso fabbro che aveva fabbricato Glamdring ed Orcrist e, come esse, splendeva di un bagliore blu in presenza di nemici; spesso s’accendeva di un pallido azzurro in presenza di Maeglin, e per questo Tuor, in quei tempi, l’aveva sempre tenuto inguainato, in modo da non causare ulteriori antagonismi con l’erede del Re – ma lo scrutava lo stesso - e servì più che mai a metterlo in guardia contro lo strano cugino di sua moglie.

Dopo diversi anni ai Porti di Sirion, Tuor diede Maegkalluin a suo figlio Eärendil, e poiché egli non era altro che un ragazzo, essa gli bastò come spada corta. Persino da adulto Eärendil la portò sempre con sé, tranne quand’era in mare, giacché in quei casi sapeva di essere al sicuro dai servi di Morgoth, i quali evitano le acque. Spesso Maegkalluin fu in presenza del Silmaril di Elwing, poiché Elwing era Signora dei Porti ed Eärendil ne era il Signore, dopo la partenza per mare dei suoi genitori; nella luce del Silmaril la fiamma interna della spada crebbe in potenza.

Poi venne l’attacco dei figli di Feanor ai Porti, ed anche se l’ascia di Tuor venne recuperata e a lungo preservata e riverita a Numenor, né Glamdring né Orcrist e neppure Maegkalluin furono prese nella confusione del momento, e tutto sarebbe perito nell’Inabissamento del Beleriand, se non fosse stato loro destino essere conservate per un ulteriore ruolo nello svolgersi di Arda. Una banda di briganti, al servizio di Angband, o forse semplici uomini fuorilegge in quei tempi duri, si imbatterono nelle rovine dei Porti, ora deserte; presero da lì molti tesori che erano stati lasciati indietro nel frettoloso abbandono e con essi viaggiarono verso est, al di là degli Ered Luin, nell’Eriador, in fuga dalla guerra nel nord. Lì si stabilirono in qualche caverna o antico rifugio sugli Erenbrullie per molti anni depredarono la gente di quella regione, finché tutti loro non invecchiarono e morirono. Ci furono altri inquilini del covo, alcuni più malvagi, altri meno, ma nessuno di loro avrebbe toccato le spade per paura di bruciarsi, visto che gli incantesimi elfici proibivano di farne utilizzo a qualsivoglia mano indegna. Alcuni provarono anche a staccare i favolosi gioielli incastonati nell’elsa, ma grazie alle abilità dei loro fabbricanti e agli incantesimi che li vincolavano, essi non avrebbero mai potuto essere sganciati: poiché esse erano state incastonate lì da Enerdhil, il creatore dell’Elessar degli antichi.

Così rimasero per quasi due Ere del mondo finché, attorno all’anno 2900 della Terza Era, vennero trovate da tre troll, che avevano scacciato i precedenti ‘padroni’ del rifugio o che l’avevano trovato deserto, e vennero – con estrema pena e paura – portate nel loro antro oscuro. Nel 2941, dopo seimila anni, le spade videro di nuovo la luce del giorno, quando i troll vennero mutati in pietra da uno stregone che accompagnava i suoi compagni nella celebre cerca di Erebor. A Gandalf andò Glamdring, e ciò fu un bene, dal momento che la lama migliore finì nelle mani di chi avrebbe avuto maggior bisogno di una buona spada. A Thorin Scudodiquercia andò Orcrist e a Bilbo Baggins, hobbit della Contea, andò Maegkalluin, e fu per lui – come già lo era stata per Eärendil da ragazzo –una spada corta. Glamdring ed Orcrist vennero mostrate ad Elrond Mezzelfo ed egli le chiamò per nome e ne raccontò il lignaggio, ma non vide Maegkalluin, nascosta com’era sotto il mantello di Bilbo, e così essa fu chiamata Pungolo da Bilbo stesso. Se Elrond avesse visto Maegkalluin probabilmente l’avrebbe riconosciuta, attraverso qualche nebbioso ed incerto ricordo d’infanzia, come la lama che era stata di suo padre due intere Ere prima e, trattandosi di un grande cimelio di famiglia che capitava sotto il suo tetto, avrebbe chiesto a Bilbo di restituirglielo, causando così un grande male negli eventi che sarebbero seguiti. Questo perché alla fine fu il potere di Maegkalluin che portò a compimento la cerca di Erebor e, più tardi, salvò la vita del Portatore dell’Anello Frodo dal grande ragno Shelob. In quel momento nessuna lama avrebbe potuto infliggere un colpo più amaro a Shelob: grazie alla luce della Fiala di Galadriel, presa dalla stella di Eärendil, a sua volta presa dal Silmaril di Edwig, la spada venne richiamata al suo potere di un tempo e fu rafforzata dal ricordo del Silmaril di Edwig e di Eärendil il bello, suo padrone. Per molti anni, dopo la partenza di Bilbo dalla Contea, Pungolo dimorò sotto il tetto dell’Ultima Casa Accogliente; tuttavia, se Elrond venne a conoscenza del suo lignaggio non cercò comunque di reclamarla per sé. Alla fine divenne un cimelio di famiglia della casa di Sam Gamgee, che la ricevette dal suo padron Frodo, che a sua volta l’aveva ricevuta da Bilbo.

Orcrist divenne nuovamente Fendiorchi, e giocò una parte non piccola nella fuga della compagnia dei Nani dai tunnel dei Goblin sulle Montagne Nebbiose, maneggiata da Thorin Scudodiquercia; quand’egli venne ucciso, venne posta sopra la sua tomba alle pendici della Montagna Solitaria ed anche in seguito servì ad avvisare i nani di Erebor degli assalti nemici.

Durante la Guerra dell’Anello, nessuno poté opporsi a Glamdring o al suo padrone, Gandalf. La sua prova più grande fu contro il Flagello di Durin, così come Glamdring era stata il flagello dei balrog; e se grande era il Terrore di Moria, ancor più grande e terribile era stato il suo signore, Gothmog, ucciso tre Ere prima.

Dopo la Guerra dell’Anello, quando Gandalf andò al di là del mare, diede Glamdring ad Aragorn, Re del Regno riunificato, dicendo: «Questa lama venne forgiata nella Terra di Mezzo e nella Terra di Mezzo lascerò che rimanga, poiché non mi serve ad alcunché nel luogo verso cui sto per viaggiare»; e chiese ad Aragorn di donarla a Faramir suo Sovrintendente, visto che la spada che ogni Sovrintendente riceveva in eredità ininterrottamente da centinaia d’anni era andata perduta con la morte di Boromir, il più vecchio dei figli dell’ultimo Sovrintendente Regnante. E così Glamdring passò in eredità al figlio maggiore dei Sovrintendenti nelle epoche successive.



[traduzione autorizzata di Adriano Bernasconi da “Nigglings” (rivista di fiction tolkieniana diretta da Alex Lewis)]