Tutto passa, tutto cambia, tutto è “Nothing but History




Questo anno tolkieniano ha come evento notevole la uscita del primo film di Jackson su Lo Hobbit (si legga la recensione in questo numero della nostra rivista) e per quanto riguarda l'Italia la cosa primaria da osservare è l'immobilità dei mass media mainstream... Tutto è rimasto come 10 anni fa! : si leggano gli articoli principali sul film comparsi sui più importanti quotidiani italiani (“La repubblica” e “il corriere della sera”) e si vedrà sul primo quotidiano la solita Natalia Aspesi rimasta del tutto incompetente su Tolkien, anche non certo poco intelligente come persona, ostile come allora a fantasy, letteratura epica etc.; sul secondo quotidiano l'articolo di una giovane signora che non è affatto ostile al tema, ma si arrangia a scriverne perchè “deve”, perché è “di attualità” , anche lei completamente incompetente su Tolkien, e, in più, sulle sue capacità intellettuali non si può dare lo stesso giudizio di quello dato sulla Aspesi... (ah! i posti di lavoro avuti “per raccomandazione”, piaga tra le piaghe italiane!)

Non c'è da stupirsi di questo, che per quanto sia un tot doloroso per noi tolkieniani, non è che un episodio del profondo declino culturale italiano... Non sono serviti a nulla i vari sforzi dei tolkieniani italiani nel campo della promozione di seri studi critici (sia originali e sia nelle traduzioni di autori esteri)? Non si può dire questo: la società umana è complessa e multiforme, e chissà quali buoni semi in realtà sono stati gettati e cominciano a germogliare fuori dai riflettori mediatici... Quello che qui si osserva è che non sono serviti nell'ambito dei mass media mainstream così come non sono serviti nell'ambito dell'università e riviste culturali mainstream... in questi due ambiti la Casta domina incontrastata e proterva... e sembra che il Tempo non passi...

In realtà il Tempo passa (tutto cambia e tutto è “nothing but history”, per per citare le parole di David D. Roberts a proposito della filosofia di Benedetto Croce) e – pur se non sotto i riflettori dei palcoscenici brillanti occupati dalla Casta - anche in Italia qualcosa cambia, e in meglio per alcuni aspetti... nei mesi precedenti alla uscita del film molte migliaia di italiani hanno seguito le fonti anglosassoni originali per essere al corrente in maniera più consapevole e affidabile... cioè l'interconnessione con un mondo tolkieniano di più alto livello è aumentata...

Inoltre in ambito editoriale registriamo due uscite notevoli (si leggano le relative recensioni su questo numero della nostra rivista) : la traduzione inglese del libro di studiosi italiani La falce spezzata (The Broken Scythe, presso la Walking Tree di Zurigo) ; e presso la benemerita casa editrice Marietti, nella collana diretta da Claudio Testi, un nuovo serio ed informato libro collettivo di studiosi italiani su Lo Hobbit.

Osservando più vastamente il contesto culturale – e qui ci allarghiamo e consideriamo oltre l'Italia anche le altre aree nazionali, almeno di civiltà occidentale – osserviamo che le tematiche e il “format” tolkieniano continuano ad espandersi al di là di ciò che è direttamente legato al nome di Tolkien: si potrebbe cioè osservare che il Modernismo è sempre più in recessione e i tipici ideali di Tolkien e degli Inklings si diffondono sempre di più tra le persone: 1) l'accento sui valori morali di base dell'essere umano; 2) la chiarezza anti-sperimentalistica e anti-snob del tipo di prosa (simile all'ideale manzoniano nella lettera a Monsieur Chauvet contro l'elitismo dei neoclassici ); 3) la estesa presenza (anche se - come nel fantasy - secondo una modalità metaforica) della Grande Storia del Mondo … quella grande storia che il Modernismo con la sua ossessione per le vicende private degli individui aveva omesso di avvicinare...

Il grande successo delle due serie di telefilm A Game of Thrones (fantasy, ma con ispirazione fortemente storica) e i bestseller a tema storico di Ken Follet (come La caduta dei giganti, e il sequel de I Pilastri della Terra) e di Stephen King ( 22/11/'63 ), ci mostrano una sorta di “vittoria degli Inklings” - sul lungo periodo - contro i loro avversari Modernisti... Come se gli Inklings, con i loro messaggi esemplati efficacemente dai romanzi di Lewis e soprattutto di Tolkien, avessero insegnato una lezione che via via è sempre più appresa. Questa: la Cultura se vuole avere la “c” maiuscola deve rivolgersi almeno potenzialmente a tutti (come facevano Dante, Shakespeare, Dickens, Manzoni... ) … non per vellicare i luoghi comuni delle “masse”, ma - al contrario - per simpatizzare con la loro aspirazione più o meno conscia alla conoscenza ( ed dunque alla liberazione dai luoghi comuni che le schiavizzano) e promuovere in loro l'accesso ad essa... Ora ai nostri tempi questa “Cultura” si potrebbe specificare come “Cultura storica” (e nel caso di Tolkien, almeno in parte, anche “filosofica”)...

Endòre