Utopie (e distopie) in Tolkien
di Franco
Manni
Si può osservare come le Distopie
esplicite tolkieniane (Mordor, Isengard) siano convenzionali e anzi
fuorvianti... perchè ricordano l'ancien régime (più che i Totalitarismi
del XX secolo) quando il tiranno non cercava il consenso con la propaganda
ideologica... vedi come dialogano tra loro gli Orchetti Gorbag e Shagrat a
Cirith Ungol...
Invece l'aspetto distopico appare come critica sottile e
latente nella descrizione delle Utopie tolkieniane come:
La Contea e gli
Hobbit: cioè il Senso della Spensieratezza e della Tranquillità
Le
scene dei film di Peter Jackson: Gandalf arriva nella Contea; Bag End, “nido”
di Bilbo; Ted Sabbioso al Drago Verde; lo Specchio di Galadriel; Frodo che
scrive il Libro Rosso
Commento:
la pace è della in-nocenza perchè di disarmati e inconsapevoli; Gandalf
è un portatore di cattive notizie e corruttore di giovani; Bilbo mostra
l'inquietudine, non è malattia: è salute!; e così Sam la curiosità rispetto a
Ted; la in-nocenza crolla come crolla per un bambino: solo se io bambino sono
già vigile e conscio del male allora non crollo dopo; la tranquillità è anche
un valore ma non supremo: come fa vedere la ferita di Frodo... qualcuno deve
etc... la memoria nel Libro... // in sintesi: la Contea mostra il “popolino”
illuso nell'ideale della pubblicità televisiva di atarassia,di piacere
catastematico, di “privacy” (coltivare il proprio giardino)
Conclusione: il Senso della
Tranquillità : essa non è fine a sé stessa ma a far
crescere, ristorare e “lanciare” Frodo e i suoi amici...
Granburrone e gli
Elfi: cioè il Senso della Bellezza
Scene dei film di Peter
Jackson: Frodo e Sam sul balcone; la notte a Granburrone; Elrond e Arwen a
Granburrone
Commento: un tratto
della Bellezza è conservare... l'aspetto fisico per es... e gli Elfi lo fanno,
non invecchiano!... ma anche opere d'arte e altri beni culturali si
conservano... e anche la natura e i giardini (preservazione dell'ambiente) … e
anche le Tradizioni chi le conserva con cura e fedeltà viene chiamato infatti
un “conservatore”! sembrano belle infatti le tradizioni “imbalsamate”
come i vestiti “classici” e i matrimoni e altre cerimonie fatte “come una
volta” …
Come scriveva Tolkien in
una lettera: la morte non è un nemico, e bisogna denunciare l'odioso pericolo
di confusione tra la “vera immortalità” e la “longevità seriale”, la prima
libera dal Tempo, la seconda ne rende schiavi . La paradossale implicazione
logica di questo passo è che la “vera immortalità” coincide con la morte.
Subito dopo Tolkien
aggiunge: gli Elfi chiamano “morte” il Dono di Dio agli Uomini, e la loro
differente tentazione è quella di una melanconia appesantita dalla memoria.
Essi dunque non cercano di avere più tempo – come invece fanno Ar-Pharazon e i
Nazgûl - ma piuttosto di fermare il tempo. Ci sono dunque due distinte “fughe”
da quella “Morte” che coincide con la “vera immortalità”: la “longevità
seriale” (quella dei Re umani assetati di potere), e la “memoria tesoreggiante”
(quella degli Elfi). In effetti, nonostante il pomposo titolo di “Immortali”
che da altri meno longevi popoli della Terra di Mezzo viene attribuito agli
Elfi, questi in realtà non lo sono, la loro è una longevità naturale
coestensiva con la vita di Arda.
Queste due “fughe” -
attraverso la longevità “seriale” o “naturale” che sia - dalla
Morte/Immortalità hanno scopi distinti: per gli Schiavi del Potere un “volere
avere più futuro” (anche se un “futuro” non incognito, non aperto e nuovo, ma
“seriale”) per aumentare il Potere ( e in tal modo inconsciamente illudersi di
riuscire a dare un senso alla propria vita); per gli Elfi invece si tratta di
un “volere non avere più futuro”, a causa della idealizzazione del passato,
perchè per loro il ricordo del passato non è uno strumento funzionale al
futuro, ma è piuttosto un tesoreggiamento avido. Gli Schiavi del Potere non
hanno memoria del passato, gli Elfi hanno una memoria “appesantita”, che è
zavorra. L'aspetto comune ai due gruppi è che entrambi non credono e non
sperano in un futuro incognito, aperto e nuovo. Ed entrambi sono attratti dal
potere! Anche gli Elfi infatti cercano un “potere”, quello di arrestare il
“cambiamento”, che poi specificamente è l'invecchiamento, perchè essi vorrebbero
mantenere le cose “fresche e belle”. E questo loro minore “potere” è legato al
maggiore “Potere” di Sauron e degli Schiavi, quando infatti questo cade, si
esaurisce anche il loro . Come a dire che quando crolla la forza che tende
sempre più a dominare le altre “volontà” (e che necessita della longevità per
riuscirci), ecco che crolla anche l'idealizzazione del passato e il rifiuto del
“cambiamento” (dell'invecchiamento).
Conclusione: il Senso
della Bellezza è questo: essa non è fine a sé stessa ma serve ristorare e
incoraggiare e motivare...
Minas Tirith e gli
Uomini: cioè il Senso del Potere
Scene dei film di Peter
Jackson: Gandalf negli Archivi di Minas Tirith; Boromir morente racconta a
Aragorn di Minas Tirith; Gandalf e Pipino arrivano a Minas Tirith e il palazzo
di Denethor; Gandalf parla a Pipino della decadenza di Gondor
Commento: Gondor domina
il mondo degli uomini (i Rohirrim sono suoi vassalli) e non solo, in quel
momento sono la forza più grande che resiste a Sauron... ma Denethor che è solo
Sovrintendete non vuole lasciare il potere a Aragorn !... il Potere uccide sé
stesso (Faramir e suicidio) … il Mondo Occidentale (il mondo degli uomini) con
il suo potere tecnologico ed organizzativo può illudere sé stesso pensando che
il potere sia il sommo bene (esempio del Terzo Reich) … la morte comunque lo
corrode (l'albero bianco avvizzito) ma l'uomo illuso dal potere non se ne
accorge...
Conclusione: il Senso
del Potere è questo: esso non è fine a sé stesso ma serve a difendere di mali
degli uomini malvagi, delle catastrofi naturali e a procacciare le risorse per
soddisfare i bisogni naturali...
Valinor e le Potenze
del Mondo: cioè il Senso della Vita
Dopo che ebbero marciato per molto tempo
nella notte insondabile, giunsero alla fine alle frontiere settentrionali del
Reame Vigilato, ai confini del vuoto deserto di Araman, che erano montagnosi e
freddi. Quivi scorsero all’improvviso una negra figura starsene alta sopra una
roccia precipite sulla spiaggia. V’è chi disse trattarsi di Mandos in persona,
araldo, e non dei minori, di Manwë. E udirono una gran voce, solenne e
terribile, che comandò loro di fermarsi e aprir bene le orecchie. Allora tutti
fecero alto e ristettero immobili, e da un capo all’altro delle schiere dei
Noldor fu udita la voce che pronunciava la maledizione e la profezia che è
detta la Profezia del Nord nonché Sorte dei Noldor. Molto è predetto in parole
oscure, che i Noldor non compresero se non quando le calamità piombarono loro
addosso; ma tutti udirono la maledizione fulminata contro coloro che non
volessero restare né chiedere il parere e il perdono dei Valar.
Prima Profezia di Mandos: « Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l’eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor, l’ira dei Valar piomberà da Occidente fino all’Oriente estremo, ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. A un’infausta fine volgeranno tutte le cose che essi ben cominciano; e questo accadrà per il tradimento dell’una stirpe verso l’altra, e per la paura di tradimento. Gli Spodestati, essi saranno per sempre.
Voi avete sparso ingiustamente il sangue dei vostri fratelli e avete insozzato la terra di Aman. Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell’ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi. E coloro che perdureranno nella Terra-di-mezzo e non verranno a Mandos, finiranno per essere stanchi del mondo come di un greve fardello, e deperiranno e diverranno quali ombre di rimorso agli occhi della razza più giovane che verrà. I Valar han detto. »
Seconda Profezia di
Mandos: quando il mondo sarà vecchio e le Potenze saranno indebolite, allora
Morgoth tornerà indietro dal Vuoto Esterno attraverso la Porta della Notte.
Egli distruggerà il Sole e la Luna, ma Earendil subito sarà su di lui - simile
a una fiamma bianca- e lo trascinerà al suolo. Allora ci sarà l'Ultima
Battaglia (Dagor Dagorath) sui campi di Valinor. Tulkas affronterà Melko avendo
alla propria destra Finwe e alla propria sinistra Turin Turambar. E sarà la
spada nera di Turin a dare finalmente la morte a Melko; e così i figli di Hurin
e tutti gli Uomini saranno vendicati. Allora i Silmaril saranno tratti fuori
dall'aria, dall'acqua e dalla terra, e Feanor li prenderà e li porterà per
offrirli a Yavanna Palurien. Ella li romperà e col loro fuoco rigenererà i Due
Alberi e d'un subito si diffonderà una gran Luce. E le montagne di Valinor
saranno spianate affinché la Luce raggiunga tutte le regioni del Mondo. Sotto
quella Luce gli Dei diverranno giovani di nuovo e tutti gli Elfi morti
risorgeranno così che giunga a compimento il disegno di Iluvatar che li
riguarda. Ma la profezia non fa parola degli Uomini, a parte Turin, che nomina
tra gli Dei.
Commento: ora, se la Storia
immaginaria raccontata da Tolkien è Storia solo
impropriamente, perchè è principalmente una metafora della vita individuale,
nel paragrafo presente vorrei però suggerire che il Senso della Vita viene
manifestato nel SdA senza seguire integralmente il punto di vista
"conservatore" dei Valar, ma seguendo almeno in parte il punto di
vista "creativo" di Iluvatar.
Il
punto di vista dei Valar è quello platonico di "andata"e
"ritorno" (mimesi e metessi) : il mondo temporale emana dal mondo
eterno, e poi ad esso ritorna. L'emanazione è "copia imperfetta"
dell'archetipo perfetto, ed è anche "caduta" infelice - nel ciclo
delle reincarnazioni - dallo stato di beatitudine. Il ritorno restaura lo stato
primordiale, rispetto al quale il tempo intermedio non porta qualcosa di nuovo
o di significativo. Così gli Elfi,dopo gli errori/erramenti nella Terra di
Mezzo, ritornano a Valinor : o nelle Aule di Mandos (perchè uccisi), o ad
Eldamar (perchè volontariamente imbarcatisi nel Grande Mare).
Bilbo
ne L'Hobbit - il cui sottotitolo è Andata e Ritorno - quando dopo
la sua avventura ritorna nella Contea, non è sostanzialmente mutato : Tolkien
termina il romanzo scrivendo "e visse felice e contento",
sottolineando la ripresa di quella interrotta beatitudine "borghese"e
"infantile" nella comoda casa di Bag End, che era stata descritta
all'inizio. È vero che ora Bilbo non è più semplicemente benestante ma è
diventato proprio facoltoso.E soprattutto è vero che ha potuto evitare di
dimenticare la propria "parte Took", ha potuto metterla alla prova e
scoprire in sè grandi doti di coraggio,saggezza e generosità. Ma tutto ciò -
nel 1937 - è ancora un tema solo abbozzato : anche perchè romanzo dedicato
espressamente ai bambini, Lo Hobbit conclude con lo schema platonico e
il ritorno a una vita individualistico-infantile di mangiate,scherzi
conviviali,fumate e sonnellini.
Nel
SdA - che proprio con mangiate e scherzi conviviali si apre - rimane
qualcosa di questo punto di vista : Frodo e Sam non muoiono a Monte Fato ma -
salvati dalle Aquile/Deus ex machina - sopravvivono e ritornano nella
Contea : essa è stata nel frattempo corrotta e inquinata, ma viene guarita e
pulita in breve tempo. Fiori e praticelli tornano a splendere attorno alla casa
di Bag End e - almeno per Sam - il ciclo delle giornate pacifiche riprende :
egli infatti può dire, nell'ultima riga del romanzo, "sono tornato a
casa".
Ma,accanto
a questo punto di vista, ce n'è un altro che, nel SdA, prevale : Frodo
non può rimanere nella Contea, certe ferite non possono essere guarite, deve
partire per il Mare e la Morte ; anche Sam sa che non può più attendersi di
rivedere Galadriel a Lorien o Elrond a Rivendell o Gildor Inglorion nei boschi
della Contea o Gandalf a Bag End. Essi sono partiti per sempre. Anche Sam
arriverà ai Rifugi Oscuri (come detto in Appendice).
Come
la Terra di Mezzo è la nostra Terra, prima magica, e poi nel presente non più
magica, così la vita si sviluppa allontanandosi dall'infanzia, che può essere
ricordata ma verso cui non si può - e non si deve - tornare. Giustamente
Fiorenzo Delle Rupi,nel suo saggio sulla "modernità"del SdA,
nota che qui, diversamente che ne Lo Hobbit,il ritorno è negato sin
dalle prime pagine. La vita ha un senso, perchè Iluvatar non è vincolato da
niente, e continuamente crea un contesto di realtà in cui le nostre avventure
esistenziali - che necessariamente includono la conoscenza,il dolore,la morte -
non sono semplici vagabondaggi o "errori", ma diventano parti
integranti di una futura Musica di imprevista bellezza.
Certamente
questo è un punto di vista cristiano. Mentre per il pensiero greco "la
situazione migliore per l'uomo è di non essere nato e, subito dopo, di morire
da giovane", per un cristiano, anche se egli sa che un bambino crescendo
soffrirà e commetterà molti peccati, non per questo si augura la morte dei
bambini affinchè "tornino subito in Cielo con gli angioletti".
Per
il cristianesimo le vicende temporali sono "storia di salvezza"; non
esiste il ritorno delle "anime"a un Iperuranio o a un Paradiso
Terrestre; la natura umana non è immutabile ma è chiamata a trasformarsi in una
sopranatura divina; il dolore è una porta d'accesso privilegiata a tale
trasformazione; la morte non è annullamento ma è compimento, però è morte di tutto
l'uomo, anima e corpo e non solamente del corpo come per Platone o per gli Elfi
(essendo l'anima immortale e pronta a reincarnarsi); e addirittura il peccato è
una "felix culpa".
Conclusione:
il Senso della Vita è questo: essa non è fine a sé stessa ma serve
all'avventura verso l'ignoto... e dunque alla conoscenza... e all'amare ciò che
si conosce
Bibliografia
JRR Tolkien, The Lord of the Rings, 1955
JRR Tolkien, The Silmarillion, 1977
Franco Manni, La
Storia della Terra di Mezzo, in Introduzione a Tolkien, Simonelli,
Milano, 2002
Franco Manni, Storia reale e Storia Immaginaria in Tolkien, in Mitopoiesi. Fantasia e storia in Tolkien, Grafo, Brescia, 2004
Franco Manni, Elogio
della Finitezza, in La falce spezzata. Morte e immortalità in Tolkien,
Marietti, Genova, 2009