Paolo Nardi, Leggiamo insieme Il Signore degli Anelli
Fede e Cultura, Verona, 2020,
pp. 175
di Alvise Manni
Quando
mio fratello maggiore Franco mi ha chiesto nei mesi scorsi - estate 2021 - di
scrivere ancora una volta dopo oltre venti anni per “Endóre”,[1] ho
accettato ben volentieri (ma invero distrattamente); mi si chiedeva ancora una
volta come articolo una recensione di un saggio, che inizialmente non conoscevo
per nulla e che poi invece mi ha piacevolmente stupito e letteralmente
‘stregato’. Leggiamo insieme “Il Signore
degli Anelli” di Paolo Nardi [2] è
corredato da una convincente ‘Prefazione’ iniziale di Paolo Gulisano,[3]
che in cinque facciate ci persuade che stiamo per leggere qualcosa di
interessante, insomma un bel libro. Quindi segue una fresca ‘Introduzione’
dell’Autore, sempre di cinque pagine, che ci rende edotti che siamo di fronte all’inattesa
cosa buona scaturita dalle lunghe chiusure forzate imposteci dal Covid-19 in
questo ultimo biennio: nell’idea originaria dovevano essere solo dei Video di
nicchia su YouTube, che poi sono di
fatto (per fortuna) approdati a queste 175 dense (ed affatto pesanti) pagine tolkeniane.
Per
158 pagine Paolo Nardi - capitolo per capitolo (verbatim) – ci commenta a mo’ di
epitome l’intera Trilogia dei tomi dell’opera Il Signore degli Anelli: ventitré paragrafi (Prologo + 22 capp.) per ‘La Compagnia dell’Anello’, ventuno per gli
altrettanti 21 capp. de ‘Le Due Torri’ e venti (19 capp. + Appendici) infine per ‘Il Ritorno del Re’. Chiudono
una pagina di Bibliografia consigliata ed un paio per l’Indice. Se proprio devo
trovare unica pecca nel volume: NON ci sono immagini purtroppo...
Il
messaggio di Nardi è che vale sempre la pena di leggere e rileggere
periodicamente l’opera di Tolkien, “sfogliarne” i significati profondi, strato
dopo strato, assaporandone i risvolti sempre nuovi ed attuali che il grande
filologo anglosassone ha tessuto con attenta acribia linguistica, parola per
parola, nome per nome, meditando i chiari contenuti spirituali e morali (palesemente
cristiani o meglio cattolici). Nardi professa subito con limpidezza di seguire
la nuova e travagliata traduzione italiana di Ottavio Fatica e questa cosa lo
costringe inevitabilmente ad un continuo, ripetitivo, curioso (e noioso)
esercizio di riconvertire le nuove locuzioni, per me ancora “inaudite”, con
quelle vecchie e più familiari:[4]
erba piparina (erba-pipa), Pippin
(Pipino), Samplicio (Sam), Passolungo (Grampasso), Cavallino Inalberato (Puledro Impennato),
Forestali (Raminghi), Valforra (Granburrone),
Aragne (Shelob), etc... Inoltre
ci invita caldamente a non farci tentare di tirare per la giacchetta Tolkien a
destra o a sinistra, di sopra o di sotto, ma a leggerlo come lui (J. R. R.) ha
scritto quello che ha scritto.[5]
Imprescindibili
per ovvie ragioni sono i suoi riferimenti biografici per la genesi dell’opera:
la Fede, la Famiglia, la Grande Guerra, l’Università, etc... Il Libero Arbitrio
degli Uomini, il calore dell’Amicizia, il Sacrificio per la Salvezza degli
altri, il “Dono” della Mortalità, il Desiderio di Gloria e della “Bella Morte”,
la Nostalgia dell’Ovest, la Rinuncia per Amore all’Immortalità per vivere
veramente sono chiaramente e distintamente contrapposte alla vile cupidigia
dell’oro e delle ricchezze, all’invidia ed all’inganno della “lunga non vita”,
alla brama di sapere e di potenza, alla schiavitù totalitaria dell’Unico
Anello, alla bestialità della violenza della guerra di conquista,[6]
all’ipocrita e mellifluo tradimento della parola data ed all’egoistico
disprezzo in generale per il prossimo che ci imbalsama gelidamente in noi
stessi.
La
ben fatta e lodevole trasposizione filmica di Peter Jackson degli ultimi due
decenni, con la sua implicita opera di compendio dell’esteso SdA, ci aveva fatto scordare molti fatti o dettagli
riassunti, posposti, tagliati dal regista neozelandese come l’iniziale incontro
col misterioso Tom Bombadil o la finale egemonia di Saruman sulla Contea. Grazie al Nardi li abbiamo
piacevolmente rammentati e riassaporati insieme tenuti per mano dalla sua esperta
esegesi, allo stesso tempo dettagliata e tecnica (per eruditi fan) ma anche divulgativa e compendiaria
(per semplici lettori appassionati).[7] Terminando
questo breve mio articolo non posso che far mie le belle e significative parole
messe in bocca da Tolkien a Gandalf
“...tutto ciò che possiamo decidere è come
disporre del tempo che ci è dato”
e quelle fatte dire ad Aragorn “...il bene ed il male non sono cambiati dall’anno scorso
; né sono una cosa per gli Elfi e i Nani e un’altra per gli Uomini.
Distinguerli spetta a ciascuno di noi”!
Fig. n. 1: Copertina del libro di Paolo Nardi,
Leggiamo insieme “Il Signore degli Anelli”.
[1] Vd. Jurgis Baltrušaitis, Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismi nell’arte gotica, “Endóre”, 3, Settembre
2000.
[2] Paolo NARDI, Leggiamo insieme “Il Signore degli Anelli”. Un commento al capolavoro
di J. R. R. Tolkien, Prefazione di Paolo Gulisano, Fede & Cultura,
Verona, 2020, pp. 175 (vd. Fig. n. 1).
[3] Intellettuale cattolico, impegnato
ed eclettico che già conoscevo e col quale condivido la citazione chestertoniana: “...diffidare di chiunque si occupi di una cosa sola”.
[4] Anche io dichiaro subito il mio “conflitto
di interessi”: parteggio ancora per la vulgata
dell’Alliata.
[5] In questo siamo confortati da
tutte le altre sue opere autografe (anche postume) di commento o corollario al
SdA.
[6] Come non ricordare, a mo’ di
contraltare, l’apoftegma di G. K. Chesterton: “Un
vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama”.
[7] Qui intendo comparare la mia preparazione tolkeniana che risale alla mia poco più che infanzia, contrapposta alla specializzazione attuale di mio figlio Giuseppe Antonio o al super tecnico mio fratello Franco già citato, entrambi presenti in questo numero di “Endóre“ e che ambedue ringrazio.