MINIATURE
TOLKIENIANE: UNA BUONA COMPAGNIA
di
Riccardo Moretti
Se
mai vi fossero lettori di lunga data di questa rubrica (e parliamo ormai di cinque
lustri…), queste benemerite persone dotate del più grande spirito di
sopportazione nei miei confronti si sarebbero certamente rese conto che, per il
sottoscritto, Mithril è stata dal primo momento, e rimane tuttora, la “stella
polare” dell’universo delle miniature tolkieniane. L’indigestione di figurini a
cui ci ha sottoposto Games Workshop per diversi anni, a partire dall’uscita
della trilogia cinematografica di Peter Jackson, non poteva durare in eterno, e
negli ultimi tempi, in effetti, il colosso britannico ha un po’ mollato la
presa sull’argomento, dedicandosi quasi esclusivamente alle sue linee classiche
(Warhammer Fantasy e Warhammer 40.000) e lasciando di nuovo lo scettro di indiscussa
sovrana alla rivale irlandese.
Quest’ultima si segnala
per non adagiarsi mai sugli allori raggiunti, e per arricchire costantemente il
proprio catalogo, aiutata in questo dagli adepti della sua Fellowship che non mancano mai di suggerire nuove idee; non c’è che
dire, questa Mithril Fellowship è
davvero una buona compagnia…
Saranno dunque cinque
piccole gemme fra le ultime prodotte da Mithril che passeremo in rassegna in
questa puntata. Le prime due traggono ispirazione da Lo Hobbit, e sono “Bilbo’s
first meeting with Gandalf” (MZ690) e “Bilbo
Baggins discovers the Arkenstone” (MZ664).
Il primo incontro di
Bilbo con lo Stregone che avrebbe sconvolto per sempre la sua tranquilla
routine da hobbit viene raffigurato sotto forma di “scenetta” (in omaggio alle
indimenticabili “Mithril vignettes” di parecchi anni fa, che abbiamo descritto
e acclamato in questa stessa rubrica), aggiungendo ai due figurini dei
personaggi la rotonda porta di casa Baggins ornata da due alberelli. Con questi
elementi è possibile dar vita a un piccolo diorama che ricalca fedelmente le
parole de Lo Hobbit:
“Per un qualche curioso caso, un mattino di molto tempo fa, nella quiete
del mondo, quando c’era meno rumore e più verde, e gli hobbit erano ancora
numerosi e prosperi, e Bilbo Baggins stava sulla porta dopo colazione fumando
un’enorme pipa di legno che gli arrivava fin quasi alle pelose dita dei piedi
(accuratamente spazzolate), ecco arrivare Gandalf…”
“Tutto quello che l’ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un
bastone. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una
sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita,
e immensi stivali neri.”
La miniatura di Bilbo che
rimira la preziosissima Archepietra appena scoperta colpisce particolarmente
per la finezza dei dettagli raffiguranti il terreno ricoperto dal tesoro, scolpiti
sulla sua base:
“…Bilbo si stava arrampicando sul grande mucchio del tesoro. Presto
raggiunse la cima e avanzò ancora. Poi lo videro fermarsi e abbassarsi per un
attimo; ma non ne sapevano la ragione.
La
ragione era l’Archepietra, il Cuore della Montagna. Così arguì Bilbo dalla
descrizione di Thorin; e in verità non potevano esserci due gemme come quella,
nemmeno in un tesoro così meraviglioso, nemmeno in tutto il mondo. Mentre si
arrampicava, lo stesso bianco splendore aveva brillato davanti a lui e attirato
i suoi passi in quella direzione. Lentamente era aumentato fino a diventare un
piccolo globo di luce pallida. Ora che vi era vicino, Bilbo lo vedeva sfumare in
superficie nei bagliori guizzanti di mille colori, riflessi e frantumati, della
luce incerta della sua torcia. Alla fine egli abbassò lo sguardo per guardarla,
e trattenne il fiato. La grossa gemma sfolgorava ai suoi piedi di luce propria
e tuttavia, tagliata e polita dai nani, che l’avevano estratta dal cuore della
montagna tanto tempo prima, assorbiva tutta la luce che vi cadeva sopra e la
trasformava in migliaia di scintille di bianco fulgore screziato di riflessi
iridescenti.
Improvvisamente
il braccio di Bilbo si protese verso di essa attirato dal suo incanto. La sua
piccola mano non riusciva a contenerla, perché era una gemma grossa e pesante;
ma egli la raccolse, chiuse gli occhi e la mise nella più profonda delle sue
tasche.”
I restanti tre figurini
della Fellowship che voglio
descrivervi raffigurano personaggi e scene da Il Signore degli Anelli.
Il “Deadman Captain Mounted” (MZ681) è l’impressionante miniatura a
cavallo di un degno rappresentante dell’esercito dei Morti:
“«I Morti ci seguono», disse Legolas. «Vedo figure di Uomini e di
cavalli, e pallidi stendardi come nuvole lacerate, e delle lance simili a
cespugli invernali in una notte di nebbia. I Morti ci seguono».
«Sì,
i Morti cavalcano dietro di noi. Sono stati convocati», disse Elladan.”
La nuova versione, senza
cavallo, del Luogotenente della Torre di Barad-dûr, “The Mouth of Sauron” (MZ696) lo raffigura nell’atto di sfida
davanti al Nero Cancello:
“«…Ma questa volta hai spinto il tuo naso troppo in avanti, Messere
Gandalf, e vedrai che cosa succede a chi tesse stolte tele innanzi ai piedi di
Sauron il Grande. Ho degli oggetti che mi è stato chiesto di mostrare, a te
soprattutto, se avessi avuto l’ardire di venire sino a qui». Fece segno a una
delle guardie e questi si avvicinò con un fagotto avvolto in panni neri.
Il
Messaggero tolse l’involucro e mostrò, con stupore e costernazione di tutti i
Capitani, prima una piccola spada uguale a quella di Sam, e poi un manto grigio
con la spilla elfica, e infine la cotta di maglia di mithril appartenuta a
Frodo, insieme con le sue vesti logore.”
Per finire, “Samwise Gamgee at the Three-Farthing Stone”
(MZ693) mostra Sam con la piccola scatola donatagli da Dama Galadriel:
“Così Sam piantò degli alberelli in tutti i luoghi in cui erano state
distrutte piante particolarmente belle o amate, e mise un granello della
preziosa polvere alla radice di ognuno. Percorse la Contea in lungo e in largo
per svolgere il suo lavoro, ma si curò particolarmente di Hobbiville e di
Lungacque, e nessuno trovò nulla da ridire. Infine vide che gli rimaneva ancora un po’ di polvere; allora si recò
alla Pietra dei Tre Decumani, che è praticamente il centro della Contea, e la
sparse in aria con la sua benedizione.”
In conclusione, ci
troviamo ancora una volta di fronte ad una notevole dimostrazione delle
capacità degli scultori Mithril e della loro fedeltà ai testi tolkieniani.