La partenza di Legolas e Gimli



di Locigenius



Círdan al gabbiano cinerino affida il messaggio recante le parole, scritte in caratteri d'argento: “Galadriel attende Gimli, con il favore dei Valar”.

Stridulo è il canto dell’uccello marino che vola instancabile, sorvolando le coste, e arriva infine nell’Ithilien. Su una riva boscosa, Legolas e Gimli attendono da lungo tempo questo segno.


Molti mesi prima si erano messi in cerca di un albero ormai arido, l’avevano scalzato dalla terra e sbozzato a forma di piroga. Con grande fatica, l’avevano trasportato sulla sponda d’un rivo d’acqua che affluiva nell’Anduin; terminata l’imbarcazione, l’avevano ben levigata, calibrata, e aggiunto un piccolo albero nel mezzo. Legolas aveva intagliato i fianchi a forma d’ala dispiegata in volo e Gimli li aveva impreziositi con intarsi. I Woses avevano loro inviato una piccola opera d’arte, una polena a foggia di sinuosa testa di cigno, commista di qualità diverse di legno - pino chiaro per il becco, betulla argentata per il lungo collo, scura quercia per gli occhi - da sistemare a prua della loro barca affinché, ben alta sulla corrente, puntasse decisa verso il mare.


Le donne della casa di Barahir avevano tessuto una vela indistruttibile e leggera, mentre dalla Contea erano giunti fasci di cordame, fabbricato secondo la misteriosa tecnica di Lorien.
La bella barca, perfetta e attrezzata, attendeva anch’essa di saggiare la corrente, riposando sulla spiaggetta sabbiosa.


E giunge finalmente il gabbiano, si posa stanco sulla polena, li fissa con occhio penetrante e permette a Legolas di prendergli il messaggio custodito in un astuccio di cuoio, che porta appeso al collo. Gimli legge a sua volta, incredulo, la bella frase del suo lasciapassare e guarda l’amico, commosso per la sua gioia.


Si è alzata nel cielo una grande luna venata d’azzurro, nel corteo di pallide nuvole sfrangiate. Gimli dorme a pugni chiusi, immerso nella folta barba rugginosa. Legolas riposa alla maniera degli Elfi, guardando dall’interno i propri sogni.

Trascorre serena la loro ultima notte nella Terra di Mezzo.


L’aurora tiepida li alza dal loro sonno.


La barca viene trascinata in acqua. Da tempo erano pronte, sotto la chiglia, sezioni di robusti tronchi affinché essa rotolasse con agio sulla sabbia.

In silenzio completano gli ultimi preparativi: le cime, la vela ben arrotolata sul braccio dell’albero, alcuni sacchetti di bulbi e di semi, due pianticelle di Speranza di Fuoco e alcune provviste. Il gabbiano di Círdan s’è appollaiato sulla testa di cigno, il becco puntato verso la corrente vivace.

Sulla riva, Gimli guarda ancora verso terra per un ultimo saluto, e Legolas accanto a lui, quasi in attesa, si avvolge le spalle nel logoro mantello di Lorien.


Si imbarcano, il Nano sedendosi a poppa con timore e pacati movimenti, l’Elfo ritto in piedi a prua. Pongono mano ai remi ma richiami alti e forti provenienti dal folto del bosco, a mezza collina, li attraggono all’improvviso, volgono il capo verso un cavaliere in arrivo, al galoppo, attraverso gli alberi.

Quasi scivola dal cavallo stremato, ricoperto di schiuma, slanciandosi verso di loro per arrestare la partenza.


E’ un Elfo di grande bellezza, il giovane Laeggur, dalle membra forti e snelle, va verso la barca, il viso stravolto dalla stanchezza, accorato. La sua voce è rotta dalla commozione e interroga Legolas con profonda tristezza: “Dimmi, padre, perché? Partire senza un saluto, in silenzio? Non avessi sognato questo momento, non l’avessi previsto con disperazione in una notte lontana... ho salutato Thranduil, sono partito in gran furia, lasciando che il cavallo mi portasse da voi, viaggiando per molte leghe e molti giorni!”


Per qualche tempo, Legolas parla a Laeggur con dolcezza, sotto le fronde rischiarate dal primo sole, e infine lo bacia sulla fronte. Tornato alla riva, prende il grande arco che Gimli gli sporge, lo dona al figlio, sorridendo, e risale sull’imbarcazione.

I remi con forza fanno leva contro l’acqua, la spinta vigorosa di Laeggur li spedisce al centro della corrente.


Nella luce piena e immortale di Eressëa, sono attesi con ansia Legolas e Gimli, antitesi apparente, solida realtà d’amicizia e di rispetto.