Boromir il Giovane, figlio di Faramir


di Locigenius


Non si era mai sentito così braccato.


Dopo che il lancio di un’ascia aveva fatto stramazzare a terra Arod, solo la velocità dei suoi riflessi l’aveva salvato. Intorno a sé, aveva visto giacere nel sangue, silenziosi o rantolanti, i suoi uomini mentre Elannûn correva seguito da Bergil, verso la foresta. Un residuo di cavalieri, dall’ala sinistra, galoppava all’attacco degli Haradrim Profondi in ritirata. Due file compatte di arcieri superstiti puntavano, curvandoli verso il cielo, gli archi e lanciavano a breve intervallo nugoli di frecce; poi, avendo svuotate le faretre, indietreggiavano anche loro velocemente tuffandosi tra gli alberi.


Per ultimi, appiedati, lasciando liberi i cavalli, Boromir voltandosi aveva scorto dietro di sé i cavalieri dell’ultimo disperato attacco agli Uomini Zolle di Ghiaccio. Poi, il sangue con il suo calore furente gli aveva riempito la testa, operando lacune silenziose tra i pensieri, e soltanto le gambe, muovendosi automaticamente, l’avevano sbalzato in avanti. Sempre più profonda, la foresta dove parevano scomparsi uccelli e suoni d’acqua e anche i compagni infrattati nei cespugli o persi dove il terreno in salita lasciava luogo a pendii di colline fittamente ombreggiate di pini e abeti. Non ricordava per quanti passi, per quanto tempo: si era ritrovato solo, senza respiro, appoggiato alla quercia rispettabile, carica d’anni.


Teso l’orecchio, aveva temuto per qualche tempo che i nemici li avessero inseguiti: allora, non vi sarebbe stato scampo per loro. Invece, per qualche misterioso motivo, pareva che non si fossero mossi dal limitare della foresta. Si udivano soltanto richiami di voci e nitriti di cavalli, molto lontano, che si andavano smorzando. Non era neppure riuscito a individuare qualche rumore che lo indirizzasse verso gli altri fuggitivi. Pensò che non avrebbe potuto difendersi a lungo con il braccio destro impacciato dalla freccia, se un nemico l’avesse sorpreso. La debolezza gli piegava le gambe e intorbidiva la vista. Sentiva la paura frollargli le gambe, dopo la mattanza dei suoi cavalieri.


Addossato al tronco della quercia, ravvolta nel muschio umido come in una cappa di velluto, guardava in tutte le direzioni, roteando gli occhi con metodo e velocemente. Il cuore pulsava nelle tempie e nella gola arida. Solo? Dove si trovava Elannûn? E il comandante degli Haradrim Alleati?


La freccia, sottile e micidiale, sporgeva per metà dal suo fianco: non ne usciva sangue e non sentiva quasi dolore, ma temeva che, muovendosi o estraendola, la vita se ne sarebbe andata esalando dalla ferita. Con due dita della mano sinistra teneva delicatamente l’asta della freccia perché non si spostasse, raccogliendo pieghe della cotta di maglia intorno ad essa.

Nella destra impugnava spasmodicamente la spada di Faramir, la lucente Fiamma d’Ithilien, scostando il braccio perché non toccasse la freccia. “Dovevo dar retta a Bergil.”, si disse e cercò di formulare una riflessione con la residua lucidità di cui ancora era in possesso. “Chiamare i compagni o proseguire finché ho forza? Mi troveranno?”


Lo colpì l’ampiezza delle cose sconosciute a lui e agli altri uomini di Gondor, Regno dei saggi e alti discendenti dei Fedeli, dove si esprimevano in sommo grado tutte le sapienze, i talenti e la maestria degli Uomini. Se veramente era iniziata l’era degli Uomini con Elessar a guidarli, il cammino tuttavia era incerto e accidentato. Non si sapeva nulla dei popoli che abitavano terre lontane oltre le frontiere orientali. Si sperava che non costituissero mai una minaccia, preferendo armare i confini con la costruzione di torri di guardia, mantenendo guarnigioni di soldati-contadini a ridosso delle mura ad abitare e lavorare i campi nelle Marche di frontiera.

Non vi erano stati contatti con tribù del Nord-Est perché, fin dove si erano arrischiati gli esploratori, la prateria si estendeva, vuota e disabitata, a perdita d’occhio.


Boromir il Giovane, figlio di Faramir e di Éowyn, chiamato Lancia d’Argento, era un perfetto uomo d’armi, educato all’esatta valutazione delle situazioni varie in cui venisse a trovarsi.

Raggiunta la maggiore età, nessuno gli stava a pari per vigore, audacia e freddezza. Si era presentato un triste ritorno alla guerra: gli alleati Haradrim del Sud erano stati attaccati e sopraffatti da una popolazione dell’estremo Sud, prima che Gondor potesse soccorrerli. Aragorn aveva comunque deciso di intervenire, affiancato da Éomer, Boromir il Giovane e dai due figli maggiori di Imrahil. Boromir si era subito distinto per le sue precoci qualità di stratega e di capo: le giovani leve di Gondor lo avevano acclamato sul campo loro campione.